Finito or ora.
é la storia, la non storia, il racconto menzognero, la menzogna veritiera di due fratelli, in una non ben precisata città: la città di K, immersa nel contesto angosciante e sempre incombente di una guerra (presumibilmente è la polonia, ai confini con la Germania, nel secondo conflitto mondiale, ma questo non è assolutamente certo.) che rimbomba sullo sfondo, che riduce alla povertà, che stupra e che uccide, che fa paura ma che non è al centro della vicenda, perchè le minacce peggiori vengono dall'interno.
Non da una umanità debole, in crisi, svilita e paranoica ma dall'interno stesso dell'anima tormentata, dei protagonisti.
Non racconto niente di più della trama e degli eventi narrati, perchè odio gli spoiler, passo direttamente allo stile narrativo della Kristof: una limpidezza (soprattutto nella prima parte della trilogia, "il grande quaderno")esemplare, una essenzialità crudele che ha il filo di un bisturi, con il quale condivide anche il ruolo chirurgico: la penna seziona l'anima dei protagonisti senza sbilanciare mai la narrazione, tratteggia un tormento dilaniante senza fronzoli, senza alcuna retorica.
Sono ancora impregnato di questo libro, che è forte, è feroce e sadico, ma che soffre in silenzio e soccombe via via all'ineluttabilità del destino: questa mia rece probabilmente è delirante ma non importa, il succo è che consiglio la lettura di questo volume a chiunque, ovunque, comunque (in Francia è consigliato come lettura formativa alle scuole superiori, e questo è un segno di grande civiltà).