Avevo già espresso il mio disappunto per una cerimonia di inizio olimpiadi costata chissà quanto e svoltasi giusto mentre iniziava una nuova guerra.
Stamattina, casualmente, leggo l'editoriale di un quotidiano della mia zona (Gazzetta di Mantova) che tratta proprio di questo argomento: ho deciso di postarlo perchè lo trovo particolarmente significativo ed esprime in modo molto chiaro quelle che sono esattamente le mie idee.
Da Gazzetta di Mantova, Domenica 10 Agosto 2008
La guerra non è uno show
di Enrico Grazioli
Un tempo iniziavano le Olimpiadi e le guerre si fermavano, dicono. Oggi il più grande baraccone dello sport sponsorizzato apre i battenti e i carri armati si muovono.
In Ossezia del Sud, che per molti di noi è come una di quelle nazioni che vediamo sfilare vestite a festa e poi magari vincere una medaglia nel taekwondo: e noi non sappiamo cos’è, né il taekwondo né il Paese che si cinge di quell’alloro. Come non sappiamo perché da un momento all’altro, mentre ammiriamo la suggestione dei giochi di luce con cui la Cina cancella Mao, nasconde la ferita di Tienanmen e prende ciò che le serve di Confucio per affermare il proprio orgoglio di resuscitata millenaria potenza (comunista di nome e capitalista di fatto), i morti in un altro angolo di mondo, né vicino Né lontano, si possono contare a migliaia. Molte, troppe: per molti, ma forse non per la schiera di potenti ripresi nella tribuna dello stadio più affascinante del mondo a godersi la fantasmagoria dell’ex regista proibito, figlio prodigo della nuova superpotenza a cui non si sa se guardare con timore o con rispetto interessato. Loro abbozzano, si appellano: alla Russia dell’amico (di quasi tutti ormai) Putin perché fermi i tank mobilitati in Georgia, alla Cina perché cominci a rispettare qualche parvenza di diritto umano. E poi tutti affidano alle agenzie messaggi tattici di reprimenda reciproca per poi accomodarsi al buffet del ricevimento, dove magari qualche buon lobbysta riesce a tessere nuovi affari più che speranze credibili di pace e progresso.
Un tempo, forse, l’Olimpiade paradigma dello sport a sua volta paradigma della vita serviva per riaccendere la fiaccola di valori universali: oggi al massimo ci offre uno show fantastico, che si può leggere in mille modi, ma che racchiude soprattutto una potente sintesi delle contraddizioni sanguinose che attanagliano il terzo millennio. Distraetevi, guardando qui: coreografie, salti e sfide all’ultimo respiro. La realtà dolorosa per tanti, misconosciuta ai più, gonfia di soldi per pochi, va comunque avanti. Altrove, dove noi non dobbiamo guardare.