Avati continua imperterrito per la sua strada e per la serie nostalgia canaglia ci racconta questa storia degli anni 50, incentrata nel piccolo microcosmo sociale italiano del Bar Marherita di Bologna, nel suo piccolo (cit.) ombelico del mondo. Sguardo divertito che però racconta anche episodi amari, scherzi pesanti e qualche sofferenza, trasfigurati nella memoria comunque benevolmente nostalgica del regista - vecchio nonno che racconta.
Se siete in vena fa sorridere e poco più, ma almeno quello lo fa.
Inedito Lo Cascio che fa il pirla, gli altri più o meno nel "loro" ruolo (Abatantuono in particolare credo che non faccia il benchè minimo sforzo a recitare parti del genere..).
Ah, nota di colore e attualità: eravamo in una quarantina in una sala minuscola, di cui solo io e la mia morosa eravamo sotto i 60 anni. Una allegra seratina geriatrica, ma come ridevano i nostri co-spettatori...
Sì, ha quelle due o tre trovate carine che permettono di sorridere (più di quanto non si sospetti all'inizio) e tutto è trattato con molto garbo. Siamo ben lontani da quel tracollo senza appello de Il papà di Giovanna. I problemi sono fondamentalmente due.
Il primo è che Avati sembra non capire mai quando deve chiudere una scenetta. Prendi quella del compleanno: era perfetta così com'è fino a dopo l'arrivo del prete. Dopodichè viene aggiunto un pezzo inutile. Poi un altro. Poi un altro. E infine la chiusura, che peraltro è identica al pezzo precedente. Oh insomma: che due palle eh. Questo si chiama overkill del senso dell'umorismo.
Il secondo colossale difetto è che gli amici del bar Margherita è esplicitamente un film di personaggi e... ha dei personaggi inutili! Misere comparse che dicono una battuta e stanno sempre sullo sfondo. Ma che senso ha?
Hai ragione, pecca certamente di poco brìo e poca decisione, credo che l'età del regista sia coinvolta in questo. I personaggi sì, hai ragione anche qua, a parte due o tre che hanno due dimensioni (per la terza cercare altrove) gli altri sono dei post-it appesi sulla lavagnetta. Io credo che però si possa essere indulgenti con un film così, che non ha nè ambizioni nè idee particolari, se non quella di farsi guardare come una cartolina sbiadita da gente in vena di un sorriso malinconico.
Il suo (misero) senso sta tutto qua, e credo che il Nostro abbia avuto ancora la lucidità di averlo fatto coscientemente.
Ultima modifica di Ken Shabby; 19-04-09 alle 15:34:30
Lo sguardo malinconico e distaccato del regista che parla attraverso una sgradevolissima voce narrante rende la pellicola monocorde e poco incisiva nonostante la piacevole vena politically uncorrect che trasuda da ogni azione della spietata conventicola (ma l'amoralità vera, quella con lo scappellamento a destra, è lontana anni luce), ciononostante il film non ha grosse pretese e 90 minuti sereni passano senza intoppi.
Degli ultimi 4 film di Avati che ho visto è stato quello che più mi ha convinto non foss'altro per la semplicità e, appunto, la mancanza di pretenziosità. Consigliato, magari da vedere in una piovosa domenica pomeriggio.
ps
2 momenti m'han trasformato il sorriso in riso grasso: la finale alla goriziana ("Sei l'unico gobbo che porta sfiga!")
la scritta che troneggia sui titoli di testa
("questo film è stato girato grazie alla disponibilità della città di CUNEO")
pps
e sì, il significato di conventicola l'ho imparato dal film di virzì.