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Risultati da 276 a 289 di 289
  1. #276
    Emack
    ospite

    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    - cut -

    Sai che fastidio un nuovo thread... faccio io, va' ^__^

    - lambo

  2. #277
    La Nebbia L'avatar di theblackpages
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Ciao raghi.
    Ogni tanto, riemergo dall'oblio e vengo a rompere.

    Allora. Continuo a ritenere la cosiddetta 'storia' conseguente all'azione ludica, una forma di narrazione inadeguata (per dirla con Maietti), o una non-narrazione (per dirla con Chatman). Non c'è "Another World privo di cut-scene" o presunto tale che tenga.

    Bene. I motivi sono diversi.
    Sapete che esiste una querelle accademica, un acceso dibattito fra studiosi riguardo alla questione da noi affrontata? Immagino proprio di sì.

    Essa vede i Ludologi [Ludologist], che sostengono opinioni per certi versi simili alle mie, schierarsi contro i Narratologi [Narratologist], dalle posizioni piuttosto affini alle vostre.

    Al seguente link potreste farvene un'idea [è bello lungo, e di una certa complessità teorica, vi avverto].
    http://grandtextauto.gatech.edu/2004/04/ 25/computer-games-at-ssnls-narrative-con ference/

    Baciamo le mani.

  3. #278
    Il Nonno L'avatar di Ph@ntom
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    theblackpages ha scritto mer, 28 settembre 2005 alle 21:57

    Essa vede i Ludologi [Ludologist], che sostengono opinioni per certi versi simili alle mie, schierarsi contro i Narratologi [Narratologist], dalle posizioni piuttosto affini alle vostre.
    Potevan scegliersi nomi migliori, o no?

  4. #279
    La Nebbia L'avatar di theblackpages
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Boh... fattacci loro .

    http://www.gamestudies.org/0101/juul-gts /

    Il link di cui sopra conduce ad un articolo ad opera di uno dei più accreditati ludologisti sulla scena, Jesper Jull, autore fra l'altro del famoso saggio: A Clash Between Game And Narrative, anch'esso liberamente scaricabile dalla rete e di cui l'articolo linkato rappresenta un sunto dalle conclusioni meno estremiste (frutto di nuove indagini, suppogno).

  5. #280
    La Nebbia L'avatar di theblackpages
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Vedo che nessuno ha voglia di leggere il contenuto delle pagine linkate.
    MALE!
    Razza di sfaticati .

    Ad ogni modo, vediamo di rielaborare qualche questione sulla base di quei contenuti.

    La narrazione presuppone l'esistenza di tre tempi. Quello della storia, quello del racconto, quello di lettura.

    Il tempo della storia esiste di per sé, a livello profondo: è antecedente ad ogni forma di materializzazione pertinente i codidi di un particolare medium, o di un preciso autore|movimento.

    Il tempo del racconto è il frutto di una manipolazione da parte di un autore (narratore) che organizza discorsivamente lo sviluppo crono-logico 'naturale' degli eventi sulla base di tre istanze: durata, ordine, frequenza.

    Il tempo di lettura è la quantità materiale di tempo necessario affinché l'opera si dispieghi. Esso è assoluto nel cinema (la durata della pellicola), relativo nella narrativa verbale (e nel gioco) giacché affidato alla velocità di lettura del fruitore empirico.

    Gli eventi del videogioco sono 'in fieri' e prendono forma nel momento in cui il giocatore interagisce col testo. Per cui è difficile immaginare un tempo della storia, ossia ipotizzare che gli eventi siano già avvenuti da qualche parte, in un mondo possibile che prescinde la materializzazione testuale.

    L'interattività preclude interventi di un autore a livello del discorso: un'ellisse (il comune 'taglio' col quale nel cinema si arresta il tempo del discorso mentre prosegue - con velocità infinita - il tempo della storia) apparirebbe assurda, distruggerebbe l'interazione. Basti considerare come infastidisce l'azione il calo di frame rate, cioè una sorta di microellissi dovuta a defaillance del motore di gioco. Ugualmente improponibili sono artifici discorsivi a livello dell'ordine: una prolessi (anticipazione di eventi futuri rispetto all'ADESSO che rappresenta il filo principale della crono-logia dell'opera) sarebbe addirittura impensabile, giacché le situazioni future debbono ancora essere attualizzate dalla fruizione ludica. L'analessi (esposizione di eventi passati rispetto al filo crono-logico principale) risulterebbe tediosa perché comporterebbe la fruizione di gioco di situazioni già attualizzate.

    L'unico tempo del gioco è l'ADESSO del giocatore. I tre tempi narrativi implodono in esso.

    Per ora mi fermo qui: forse non siete interessati alla questione.

  6. #281
    Veterano del Backstage L'avatar di Karat45
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Ho letto... ho letto
    perché non partecipi anche tu alla blogzine?

  7. #282
    La Nebbia L'avatar di theblackpages
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Non mi dispiace l'idea.
    Ma temo, considerate alcune passate esperienze, che gli articoli che scrivo "stracciano un po' i maroni".
    Quindi meglio evitare.

  8. #283

    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    theblackpages ha scritto lun, 30 maggio 2005 alle 02:32
    [email
    Ph@ntom[/email] ha scritto dom, 29 maggio 2005 alle 21:33]
    La rivelazione è che l'interattività è fondamentalmente narrazione. Pensa a questo: premi un pulsante e Mario si muove. Quando ti sporgi con Solid Snake noti due soldati nemici. Fatto un dannato passo in avanti una macchina in fiamme si dirigerà a folle velocità contro Leon.
    Questa è narrazione a tutti gli effetti.
    Rivelazione?!?
    Sono tutt'altro che convinto. Continuo ad intendere gli esempi sopra citati come esperienze di interattività, esecuzioni di performance ludiche. PREMI un pulsante... TI SPORGI... FATTO un dannato passo: non sono forse puramente delle azioni queste?

    Azioni su di una periferica che hanno riscontro nel mondo fittizio, il quale risponde conseguentemente all'input, alterando se stesso e il sapere del fruitore e il futuro input di questo. Tutto ciò non somiglia forse alla definizione di interattività?

    Per narrazione intendo lo dispiegarsi di una serie di eventi, secondo una precisa intenzionalità autoriale; del discorso [ossia la struttura formale con cui è materialmente creata l'opera] prima, della fabula [cioé l'ordine cronologico 'effettivo' degli eventi ricostruito mentalmente dal fruitore] poi. Ordine e struttura formale devono per me avere intenzionalità, carico informativo di natura estetica. Del resto, che si racconta a fare una storia se non è piacevole per lo spettatore?
    Resta da chiarire cosa intendete voi per narrazione. Non vorrei che voleste ri-definire il termine in questione sulla base del medium ludico, sarebbe pazzesco.
    Perdonatemi se mi permetto di dire la mia, pur non essendo molto esperto di game studies...

    A mio modesto parere, l'interazione è narrazione a due livelli, all'interno e all'esterno del medium. Nel momento in cui premo un tasto, e contemporaneamente muovo un passo all'interno del gioco, compio due azioni, che possono rientrare nella narrazione del gioco (compio un passo e scatta lo script - ma il passo effettuato fa parte dell'evento narrato) o nella narrazione meta-ludica (scambio la porta del joypad in MGS, o anche semplicente quando nei tutorial i pesonaggi in-game chiedono di premere un certo tasto)

    Non trovo corretto collegare la narrazione eclusivamente all'estetica. In Tetris non ho una bella storia, ma posso avere una bella partita. E una bella partita può essere registrata/raccontata, diventando quindi narrazione (per esempio i filmati di pro-gamer che girano in rete).

  9. #284
    Suprema Borga Imperiale L'avatar di StM
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    theblackpages ha scritto lun, 10 ottobre 2005 alle 13:43
    Non mi dispiace l'idea.
    Ma temo, considerate alcune passate esperienze, che gli articoli che scrivo "stracciano un po' i maroni".
    Quindi meglio evitare.
    Per noi "stracciare i maroni" equivale ad essere interessanti

    Quindi aggregati

  10. #285
    La Nebbia L'avatar di theblackpages
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Monkey Soft, sono d'accordo con te su più punti.
    1) Tetris non ha una bella storia, ma può avere una bella partita.
    Sante parole.


    2) E una bella partita può essere registrata diventando così narrazione.

    Di nuovo d'accordo. Ma bisogna, a mio avviso, precisare quanto segue.
    "Diventare" è molto diverso da "essere". Il fatto stesso di raccontare un evento, ossia di rielaborarlo su una base discorsiva, scegliendo una forma, decidendo una sostanza, escludendo alcune situazioni, focalizzando l'attenzione su altre, ponendolo al passato, denunciando un punto di vista sullo stesso, fa sì che esso diventi narrativo: ma la sua esposizione è un narrativo, non l'evento in sé.

  11. #286
    La Nebbia L'avatar di theblackpages
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Riguardo all'estetica della narrativa.
    Ho affermato che una storia deve essere "bella".
    Per quanto sia larga l'accezione, ammetto che il termine è inappropriato.
    Difatti mancano i presupposti affinché la storia sia gradevole in certe narrative d'avanguardia. Esse possono essere prive di rapporti di casualità; in quelle filmiche, il montaggio può "rifiutarsi" di ricostruire un ambiente, le inquadrature possono essere giustapposte senza apparenti legami spazio-temporali.
    Ma in quel caso, si tratta di una intenzionalità autoriale. E' il tacito patto fra autore e pubblico per il quale si presume che spettatori dotati di una certa sensibilità apprezzino quel particolare stile.
    Non si tratta, cioè, di limitazioni del medium, come avviene invece nel videogioco.

  12. #287

    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    theblackpages ha scritto lun, 10 ottobre 2005 alle 16:20
    "Diventare" è molto diverso da "essere". Il fatto stesso di raccontare un evento, ossia di rielaborarlo su una base discorsiva, scegliendo una forma, decidendo una sostanza, escludendo alcune situazioni, focalizzando l'attenzione su altre, ponendolo al passato, denunciando un punto di vista sullo stesso, fa sì che esso diventi narrativo: ma la sua esposizione è un narrativo, non l'evento in sé.
    Allora il videogioco genera narrazione, è un atto creativo: il risultato del gioco è quindi (in teoria) paragonabile a un libro o a un film.

    Ma in realtà non lo è... perchè la narrazione è generata su una base precostruita; si tratta quindi di un tool per la narrazione, costruita in realtà dall'autore del gioco. Quindi il videogioco in sè non sarebbe altro che meta-narrazione...

    mi sono perso

  13. #288
    La Nebbia L'avatar di
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Sì, il VG "genera narrazione";
    alla luce di quanto detto ci sono vari modi di vreare una struttura narrativa. Per me ne esistono fondalmente due:

    Narrazione passiva: il nostro personaggio incappa in una cutscene o in un filmato che espone gli accadimenti e il giocatore assiste senza poter fare nulla.
    A volte si tenta di ovviare (v. RE4 o MGS3) inserendo Quick Time Event, che però non cambiano nulla in termini narrativi; in Shenmue già si operavano modifiche meno leggere in tal senso.

    Narrazione attiva: DooM non è un gioco raccontato attraverso filmati o scene di intermezzo, eppure chi lo ha giocato lo può comunque "raccontare". Una narrazione che può essere espressa magnificamente in uno dei vostri "Walktrough emozionali".

    C'è da dire che poi alcuni titoli come Half Life 2 hanno la pretesa di inserire scene di intermezzo lasciando libero il protagonista nel movimento; in realtà il giocatore ha scarsa influenza sugli eventi che lo circondano, per cui ritengo che sia comunque un caso di "narrazione passiva" o perlomeno "ibrida".

  14. #289
    Suprema Borga Imperiale L'avatar di StM
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Devo rileggermi da capo questo topic.

    E non potrei farlo se venisse pappato dall'apocafud (sì che quelli toppati non dovrebbero essere toccati, ma non si sa mai).

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