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  1. #101
    Veterano del Backstage L'avatar di Karat45
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    molto interessante l'articolo, veramente un ottimo passo in avanti nell'analisi videoludica...

  2. #102
    Emack
    ospite

    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Karat45 ha scritto lun, 12 maggio 2003 11:14
    molto interessante l'articolo, veramente un ottimo passo in avanti nell'analisi videoludica...
    Tu cosa pensi in merito?

  3. #103
    Veterano del Backstage L'avatar di Karat45
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Lo ho riletto... e riletto... e riletto... mi piace... ma, improvvisamente, ho capito cosa non mi convinceva... il problema è che l'ho capito subito perché la linguistica l'ho studiata e i termini tecnici che ha usato li conosco...
    il problema è che il tipo scrive di videogiochi, sul più importante sito di videogiochi ma non sa scrivere al livello del suo lettore. scrive come uno soddisfatto di aver appena preso 30 all'esame di Filosofia del Linguaggio...

    entrando nelle questioni specifiche ha introdotto un paio di concetti interessanti come la narrazione diffusa all'interno di ogni videogioco... concetto di cui avevamo parlato anche qui...

    ha parlato del "rivestimento culturale" ma, se ricordo bene, anche Bittanti ne aveva parlato.

    comunque è un ottimo articolo... magari un pò fuori posto...

  4. #104
    Emack
    ospite

    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Beh, c'è bisogno di essere mentalmente preparati prima di approcciarsi all'articolo.

    La discussione s'è arenata?

  5. #105
    Lo Zio L'avatar di Ben Gurion
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Karat45 ha scritto gio, 08 maggio 2003 18:57



    come dicevo sopra, in questi casi, per realtà, intendo l' "immagine di realtà" che il fruitore ha della cosa rappresentata...
    mi intrometto per la prima volta in questo topic.
    ho letto all'inizio e poi sporadicamente, quindi chiedo venia se ripeto cos già dette.

    una spunto mi è venuto vedendo questo messaggio di karat; secondo me la "coerenza" viene data dalle prime battute del gioco e dai "rumors"(commenti nei forum, recensioni, ecc) che circolano tra gli appassionati...
    cerco di spiegarmi: al di là della fedele trasposizione delle leggi del mondo reale (esatta proporzione tra gli oggettti, fisica adeguata ecc) quello che rende un VG coerente è l'impostazione che dà all'inizio: se io gioco ad half life (esempio caro ai presenti, da quanto ho capito ) fin dall'inizio il gioco mi ha spiegato quello che è, che i mostriciattoli che saltano sono "normali" a black mesa, e quindi io nn gridero all'incoerenza anche se dopo un paio di livelli mi spunta fuori un mostro diverso.
    al contrario GTA invece fin da subito mi pone una diversa realtà videoludica, crea un PATTO (chiamiamolo cosi) diverso con me fruitore, e l'apparizione di uno scienziato con la testa di alieno non è quindi accettabile.

    cercando di riassumere e chiarificare quello che ho scritto, direi che non è l'"immagine di realtà" che il fruitore ha della cosa rappresentata, ma l'immagine che il gioco offre e che crea una sorta di "patto di coerenza" con noi giocatori.

    in soldoni, se a black mesa sparo dopo aver sparato a uno scienziato mi arrivano due macchine della polizia, il gioco mi ha fregato, quindi non è coerente

    saluti

  6. #106
    Emack
    ospite

    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Ben, hai scritto cose che io e Karat condividiamo.
    Per rendere plausibile un mondo, occorre crearlo coerentemente.

    Se volete, il processo è sapientemente sintetizzato (per quanto riguarda la creazione di una creatura) in questo saggio di Bill Fleming.
    http://www.gameprog.it/index.php?view=30

    ByeZ!


  7. #107
    Veterano del Backstage L'avatar di Karat45
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Mi chiedo se sia giusto andare avanti in così pochi... Emack... quasi si potrebbe continuare per mail agli utenti interessati visto che sembra che ben pochi apprezzino quello che stiamo facendo...

  8. #108
    Emack
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Karat45 ha scritto lun, 19 maggio 2003 01:46
    Mi chiedo se sia giusto andare avanti in così pochi... Emack... quasi si potrebbe continuare per mail agli utenti interessati visto che sembra che ben pochi apprezzino quello che stiamo facendo...
    Per me non c'è nessun problema, anche se il topic in un forum potrebbe comunque costituire un qualcosa di "aperto", dove chiunque può scrivere ed esprimere il proprio pensiero.
    Se, però, si decidesse di proseguire via mail... Beh... questa è la mia: [email protected] (non ricordo se è visibile anche da profilo...).

    Che ne direste di concentrarci sulla coerenza? Come può un mondo immaginario risultare coerente? Plausibile?

  9. #109
    Veterano del Backstage L'avatar di Karat45
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    un mondo ha una sua coerenza interna quando, definite le sue regole e il fruitore a cui sono rivolte, non le viola esso stesso creando un'impossibilità di rimanere nell'incredulità.

  10. #110
    Emack
    ospite

    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Karat45 ha scritto lun, 19 maggio 2003 15:33
    un mondo ha una sua coerenza interna quando, definite le sue regole e il fruitore a cui sono rivolte, non le viola esso stesso creando un'impossibilità di rimanere nell'incredulità.

    A mio avviso l'approccio alla cosa è empirica e non parte da una base teorica.
    Cioé, per creare strutture plausibili, si guarda alla coerenza delle cose reali con il mondo circostante, tentando di riportare i rapporti (e solo questi) nel mondo virtualmente creato. Non esiste ancora metodologia standard.
    Ma è davvero necessaria?

  11. #111
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    degli elementi per determinare la coerenza di un mondo ci sono, anche se rischiano di essere o troppo costrittivi o troppo vaghi. ad esempio il concetto di "genere". se so che sto per leggere un libro fantasy sarò portato ad accettare il fatto che, al suo interno, appaia un drago.
    diversamente, se il romanzo appartiene al genere storico, non accetterei mai che il narratore mi ci mettesse in mezzo un drago...
    gli elementi di determinazione, comunque, sono tanti e, se anche uno si mettesse in testa di farne una raccolta, incorrerebbe sin da subito in un errore di fondo; potrebbe sì individuare dei modelli, ma sarebbero modelli validi solo per un breve periodo e, forse, solo per una determinata opera.
    altro rischio sarebbe il voler imporre un modello di riferimento(cosa che, la storia lo ha dimostrato, alla lunga diventa deleteria). insomma, la coerenza interna del mondo può addirittura variare da fruitore a fruitore.
    diciamo che, per non vaneggiare all'infinito su questo argomento, questa coerenza viene dettata in buona parte dal background culturale dominante in un determinato luogo per un determinato periodo.

  12. #112
    Emack
    ospite

    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    siamo consapevoli, nel processo creativo, di questo background o ci viene tutto spontaneamentE?

  13. #113
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Emack ha scritto lun, 19 maggio 2003 23:55
    siamo consapevoli, nel processo creativo, di questo background o ci viene tutto spontaneamentE?
    quando mangi pensi che l'usare forchetta e coltello è solo una questione di cultura?

    alcune cose sono meditate, altre sono spontanee... ogni opera d'arte è un dialogo fra l'individuo che la realizza e la società in cui la realizza...

  14. #114
    Emack
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Karat45 ha scritto lun, 19 maggio 2003 23:58
    Emack ha scritto lun, 19 maggio 2003 23:55
    siamo consapevoli, nel processo creativo, di questo background o ci viene tutto spontaneamentE?
    quando mangi pensi che l'usare forchetta e coltello è solo una questione di cultura?

    alcune cose sono meditate, altre sono spontanee... ogni opera d'arte è un dialogo fra l'individuo che la realizza e la società in cui la realizza...
    Però riprodurre mondi immaginari coerenti e plausibili richiede qualcosa di più consapevole.
    Ad esempio, quali sono stati gli studi di Coleridge?

  15. #115
    Veterano del Backstage L'avatar di Karat45
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    degli studi di Coleridge non so... mi informerò...
    però non credo che siano così importanti...
    ricordiamo sempre che il massimo poeta italiano del 900 (Montale) era ragioniere (poi ha studiato per conto suo, è vero). solitamente dalle università non esce arte di qualità... quindi gli studi centrano poco. non credo che esistano formule precise per creare un'opera d'arte. esistono, però, la necessità e l'oppurtinità dell'arte. i videogiochi vengono realizzati per essere venduti. quando viene progettato un videogioco si studieranno, quindi, le tendenze del momento e si cercherà di capire cosa piace al giocatore. intorno a ciò si costruirà il tutto...
    i grandi videogiochi sono quelli che vanno oltre le aspettative... anzi, sono quelli che, spesso, non le mantengono diventando altro rispetto a ciò che il giocatore si attendeva... ma questo è un altro discorso...

  16. #116
    Emack
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Karat45 ha scritto mar, 20 maggio 2003 16:48
    degli studi di Coleridge non so... mi informerò...
    però non credo che siano così importanti...
    ricordiamo sempre che il massimo poeta italiano del 900 (Montale) era ragioniere (poi ha studiato per conto suo, è vero). solitamente dalle università non esce arte di qualità... quindi gli studi centrano poco. non credo che esistano formule precise per creare un'opera d'arte. esistono, però, la necessità e l'oppurtinità dell'arte. i videogiochi vengono realizzati per essere venduti. quando viene progettato un videogioco si studieranno, quindi, le tendenze del momento e si cercherà di capire cosa piace al giocatore. intorno a ciò si costruirà il tutto...
    i grandi videogiochi sono quelli che vanno oltre le aspettative... anzi, sono quelli che, spesso, non le mantengono diventando altro rispetto a ciò che il giocatore si attendeva... ma questo è un altro discorso...
    Alt!
    Non stiamo parlando di arte.
    Stiamo parlando di coerenza in mondi immaginari. Quindi gli studi, o perlomeno l'attitudine, sono influenti e da prendere in esame.

  17. #117
    Veterano del Backstage L'avatar di Karat45
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    ovviamente va considerato che la verosimiglianza si ottiene in modo diverso a seconda dell'opera che si sta realizzando.
    se devo renderla effettiva in SOF 2 dovrò lavorare su di una coerenza diversa rispetto, che so, a Baldur's Gate. la questione è che, gli studi, in questi casi, riguardano gli argomenti specifici... probabilmente un cultore di D&D riuscirà a dare al secondo più coerenza rispetto ad uno studioso di estetica...

  18. #118
    NEO-GEO
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Karat45 ha scritto mar, 20 maggio 2003 16:48

    [...] i videogiochi vengono realizzati per essere venduti. quando viene progettato un videogioco si studieranno, quindi, le tendenze del momento e si cercherà di capire cosa piace al giocatore. intorno a ciò si costruirà il tutto...
    i grandi videogiochi sono quelli che vanno oltre le aspettative... anzi, sono quelli che, spesso, non le mantengono diventando altro rispetto a ciò che il giocatore si attendeva... ma questo è un altro discorso...
    Ma fino a dove le "esigenze di marketing" influenzano la progettazione e la realizazione di un video gioco?
    Come nasce l`idea di un video gioco nella testa di un "creatore"?
    E` lui che parte "dalle esigenze di mercato" oppure parte da un idea e dopo la cambia di conseguenza?

  19. #119
    Emack
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    NEO-GEO ha scritto gio, 22 maggio 2003 14:04
    Karat45 ha scritto mar, 20 maggio 2003 16:48

    [...] i videogiochi vengono realizzati per essere venduti. quando viene progettato un videogioco si studieranno, quindi, le tendenze del momento e si cercherà di capire cosa piace al giocatore. intorno a ciò si costruirà il tutto...
    i grandi videogiochi sono quelli che vanno oltre le aspettative... anzi, sono quelli che, spesso, non le mantengono diventando altro rispetto a ciò che il giocatore si attendeva... ma questo è un altro discorso...
    Ma fino a dove le "esigenze di marketing" influenzano la progettazione e la realizazione di un video gioco?
    Well, partiamo con un assunto: qualsiasi videogame ha alla base esigenze di marketing.
    Fino a che punto queste influenzano la creatività del designer e del developer? Fino al punto in cui si prevede di essere in attivo.

    Quote:
    Come nasce l`idea di un video gioco nella testa di un "creatore"?
    Prima, penso con brainstorming solitari. Adesso, mediante confronti continui.

    Quote:
    E` lui che parte "dalle esigenze di mercato" oppure parte da un idea e dopo la cambia di conseguenza?
    Dipende dal tipo di prodotto e dalla libertà datagli.
    Comunque, si può dire che qualsiasi designer deve tener conto anche dell'economia di sviluppo, nel momento in cui ha un'idea.
    Infatti, alla sua figura competono tre documenti:

    - concept: sommaria descrizione dell'idea in pochissime pagine;
    - design: precisa argomentazione dell'intero gameplay;
    - sviluppo: come sviluppare, quali costi sostenere e quali tempistiche rispettare.

  20. #120
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    i giochi in cui possiamo individuare delle finalità estetiche sono dei giochi fra la volontà di chi finanzia e le velleità di chi crea. come nel cinema, del resto. non esiste, almeno nelle arti tecniche, un'opera che non abbia subito l'influenza della produzione, soprattutto le opere maggiori. anzi, spesso alcuni grandi capolavori sono proprio il risultato e l'esplicitazione di questa lotta: penso a "Greed" di Stroheim o, per fare un esempio più recente, "Blade Runner" di Scott.
    nei videogiochi potrei citare il finale "stonato" di Mafia, con tanto di filippica moralista a voler giustificare chissà cosa (lo sappiamo cosa)...
    un'opera senza mediazione della produzione è un'opera che difficilmente ha mercato. la produzione rappresenta, in un certo modo, l'aspettativa dell'utenza; la incarna e cerca di rendersene voce imponendo scelte che siano il più "popolari" possibile.

  21. #121
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Karat45 ha scritto mer, 21 maggio 2003 18:27
    ovviamente va considerato che la verosimiglianza si ottiene in modo diverso a seconda dell'opera che si sta realizzando.
    se devo renderla effettiva in SOF 2 dovrò lavorare su di una coerenza diversa rispetto, che so, a Baldur's Gate. la questione è che, gli studi, in questi casi, riguardano gli argomenti specifici... probabilmente un cultore di D&D riuscirà a dare al secondo più coerenza rispetto ad uno studioso di estetica...

    Premetto che ho letto tutto il thread in maniera piuttosto rapida e vi prego di scusarmi se ripeterò concetti già espressi.
    Questo discorso sulla creazione dei mondi mi interessa parecchio e vorrei dire la mia su alcune delle ultime cose che avete detto.

    Innanzitutto vorrei precisare un aspetto del tema trattato.
    Una cosa è la coerenza del mondo che si vuole creare, un'altra è l'insieme di regole che rendono possibile il rapporto VG-utente.
    Prendiamo GTA3 come esempio. Il nostro personaggio sta scappando da dei poliziotti che gli sparano, si prende decine di proiettili ma continua a correre come un centometrista.
    Ciò è coerente con il mondo che gli autori hanno creato? No, perchè l'ambientazione è di stampo realistico e noi tutti sappiamo che una cosa del genere nella realtà è impossibile.
    Sono rispettate le "regole del gioco"? Sì, perchè nelle aspettative del giocatore non c'è quella di giocare ad una simulazione, quindi si aspetta delle incoerenze nel mondo in cui si svolge il gioco. Anzi, senza queste incoerenze molti VG sarebbero di fatto ingiocabili.

    La coerenza dunque. Possiamo parlare di coerenza come di qualcosa di assoluto? Non penso.
    Nel post che ho quotato Karat parla della preparazione dell'autore che crea il mondo virtuale. Guardiamo l'altra faccia della medaglia: l'utente. Un utente che per la prima volta si affaccia al genere fantasy giocando a Baldur's Gate non potrà valutare se il gioco è coerente rispetto al genere cui fa riferimento. Questa idea di coerenza l'utente se la potrà fare solo partecipando al gioco, e ancor meglio provandone altri dello stesso tipo.
    Il riconoscimento della coerenza non può prescindere dalla conoscenza o dall'esperienza della materia trattata. Perchè siamo in grado di dire che Freelancer, per citare un esempio già fatto, non è completamente coerente? Perchè le nostre nozioni di astronomia ci insegnano che quelle distanze nella realtà non possono essere tali. Se non avessimo alcuna cognizione in materia le distanze ci potrebbero sembrare plausibili e il mondo creato nel gioco ci sembrerebbe coerente.

    Il compromesso sta anche in questo: l'autore calibra la coerenza effettiva della sua opera in base al risultato che vuole raggiungere. Si vuole creare un mondo realistico o un semplice supporto per il gioco (o qualsiasi altra forma di intrattenimento che ha nella creazione di un mondo un aspetto essenziale)? D'altro canto c'è da considerare l'utente, il suo background ed il modo con cui si rapporta all'esperienza videoludica. Sta cercando un semplice passatempo o vuole invece qualcosa di più? E l'autore cosa vuole offrirgli?

    E' difficile inquadrare la coerenza come qualcosa di determinato ed uguale per tutti, quindi credo che allo stesso tempo sia difficile dire se è un requisito così fondamentale nella creazione del mondo dal quale prende le mosse un VG.

    Mi sentirei di dire che mentre devono esserci delle "regole del gioco" perchè il player partecipi ad esso in maniera positiva, non è altrettanto necessario che il mondo nel quale virtualmente egli si muove sia sempre coerente con sè stesso.

    Frank Herbert, il creatore di Dune (uno dei pochi autori che, secondo me, possono fregiarsi del titolo di "creatore di mondi") diceva che è necessario fornire al lettore/utente una "pista di lancio": ovvero una base dalla quale chi usufruisce dell'opera capisce come orientarsi e con cosa avrà a che fare. Da lì in poi il giocatore stabilirà se, secondo il suo punto di vista, le incoerenze saranno accettabili o no, e soprattutto definirà egli stesso il campo di ciò che è si può ritenere incoerente .



    Scusate eventuali falle logiche nel mio discorso ma l'ora è tarda e il mio cervello è già parzialmente a nanna. Però mi piacerebbe sapere il vostro pensiero.

    Una richiesta: magari il mio intervento non apporterà nulla di utile alla discussione, ma vi prego di continuare a postare qui (ho letto che pensavate di proseguire la discussione via e-mail). Mi sembra un tema molto interessante e tutto sommato "inesplorato", mi dispiacerebbe perciò perdermi i successivi sviluppi.

  22. #122
    NEO-GEO
    ospite

    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Karat45 ha scritto ven, 23 maggio 2003 00:58
    i giochi in cui possiamo individuare delle finalità estetiche sono dei giochi fra la volontà di chi finanzia e le velleità di chi crea. come nel cinema, del resto. non esiste, almeno nelle arti tecniche, un'opera che non abbia subito l'influenza della produzione, soprattutto le opere maggiori. anzi, spesso alcuni grandi capolavori sono proprio il risultato e l'esplicitazione di questa lotta: penso a "Greed" di Stroheim o, per fare un esempio più recente, "Blade Runner" di Scott.
    nei videogiochi potrei citare il finale "stonato" di Mafia, con tanto di filippica moralista a voler giustificare chissà cosa (lo sappiamo cosa)...
    un'opera senza mediazione della produzione è un'opera che difficilmente ha mercato. la produzione rappresenta, in un certo modo, l'aspettativa dell'utenza; la incarna e cerca di rendersene voce imponendo scelte che siano il più "popolari" possibile.
    Ma secondo tè esistono o sono mai esistiti video giochi senza "mediazione della produzione" come dici tu?
    Secondo me forse sono quelli dell'epoca nella quale non esisteva ancora un mercato di video giochi affermato.I primissimi coin-op, e le cartucce della primissima Atari (anche se lì mi sa che iniziava gia ad esserci un mercato affermato).L'epoca delle sperimentazioni, dove i video giochi si sono formati. Forse sono quelli i veri video giochi le quali idee non sono state influenzate da regole e standard di marketing. Sbaglio? oppure c'è ne sono stati altri anche dopo?

    P.S. Cmq anchio sono d'acordo di proseguire la discussione qui anche se siamo in pochi.

  23. #123
    Emack
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    NEO-GEO ha scritto ven, 23 maggio 2003 11:46
    Karat45 ha scritto ven, 23 maggio 2003 00:58
    i giochi in cui possiamo individuare delle finalità estetiche sono dei giochi fra la volontà di chi finanzia e le velleità di chi crea. come nel cinema, del resto. non esiste, almeno nelle arti tecniche, un'opera che non abbia subito l'influenza della produzione, soprattutto le opere maggiori. anzi, spesso alcuni grandi capolavori sono proprio il risultato e l'esplicitazione di questa lotta: penso a "Greed" di Stroheim o, per fare un esempio più recente, "Blade Runner" di Scott.
    nei videogiochi potrei citare il finale "stonato" di Mafia, con tanto di filippica moralista a voler giustificare chissà cosa (lo sappiamo cosa)...
    un'opera senza mediazione della produzione è un'opera che difficilmente ha mercato. la produzione rappresenta, in un certo modo, l'aspettativa dell'utenza; la incarna e cerca di rendersene voce imponendo scelte che siano il più "popolari" possibile.
    Ma secondo tè esistono o sono mai esistiti video giochi senza "mediazione della produzione" come dici tu?
    Secondo me forse sono quelli dell'epoca nella quale non esisteva ancora un mercato di video giochi affermato.I primissimi coin-op, e le cartucce della primissima Atari (anche se lì mi sa che iniziava gia ad esserci un mercato affermato).L'epoca delle sperimentazioni, dove i video giochi si sono formati. Forse sono quelli i veri video giochi le quali idee non sono state influenzate da regole e standard di marketing. Sbaglio? oppure c'è ne sono stati altri anche dopo?

    P.S. Cmq anchio sono d'acordo di proseguire la discussione qui anche se siamo in pochi.
    Hai detto bene. Era l'epoca delle sperimentazioni. Cercavano generi che piacessero al grande pubblico. Ovvio che, in un mercato ancora vergine, vi fosse una certa tensione all'originalità. Ma, una volta trovata la via, questa tensione (che, ricordo, è stata dettata anche dal bisogno di vendere) s'è attenuata.
    Il marketing è sempre esistito.
    Anche perché Atari era un pò come Sony e Nintendo.

  24. #124
    Emack
    ospite

    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Never ha scritto ven, 23 maggio 2003 03:20
    Karat45 ha scritto mer, 21 maggio 2003 18:27
    ovviamente va considerato che la verosimiglianza si ottiene in modo diverso a seconda dell'opera che si sta realizzando.
    se devo renderla effettiva in SOF 2 dovrò lavorare su di una coerenza diversa rispetto, che so, a Baldur's Gate. la questione è che, gli studi, in questi casi, riguardano gli argomenti specifici... probabilmente un cultore di D&D riuscirà a dare al secondo più coerenza rispetto ad uno studioso di estetica...

    Innanzitutto vorrei precisare un aspetto del tema trattato.
    Una cosa è la coerenza del mondo che si vuole creare, un'altra è l'insieme di regole che rendono possibile il rapporto VG-utente.
    Prendiamo GTA3 come esempio. Il nostro personaggio sta scappando da dei poliziotti che gli sparano, si prende decine di proiettili ma continua a correre come un centometrista.
    Ciò è coerente con il mondo che gli autori hanno creato? No, perchè l'ambientazione è di stampo realistico e noi tutti sappiamo che una cosa del genere nella realtà è impossibile.
    Sono rispettate le "regole del gioco"? Sì, perchè nelle aspettative del giocatore non c'è quella di giocare ad una simulazione, quindi si aspetta delle incoerenze nel mondo in cui si svolge il gioco. Anzi, senza queste incoerenze molti VG sarebbero di fatto ingiocabili.
    Non sono d'accordo. Tu hai voluto per forza di cose suddividere coerenza col mondo e regole del gioco. Invece, a mio avviso, esse sono imprescindibili.
    Perché il fine della creazione delle città di GTA 3 è quello di divertire creando delle situazioni di gioco coerenti con le sue regole. Di certo, lo scopo ultimo non è stato certamente quello di creare una città realistica.
    Dunque, quando si parla di coerenza si parla sempre facendo riferimento al gameplay e al sistema di gioco.

    Quote:
    La coerenza dunque. Possiamo parlare di coerenza come di qualcosa di assoluto? Non penso.
    Nel post che ho quotato Karat parla della preparazione dell'autore che crea il mondo virtuale. Guardiamo l'altra faccia della medaglia: l'utente. Un utente che per la prima volta si affaccia al genere fantasy giocando a Baldur's Gate non potrà valutare se il gioco è coerente rispetto al genere cui fa riferimento. Questa idea di coerenza l'utente se la potrà fare solo partecipando al gioco, e ancor meglio provandone altri dello stesso tipo.
    Il riconoscimento della coerenza non può prescindere dalla conoscenza o dall'esperienza della materia trattata. Perchè siamo in grado di dire che Freelancer, per citare un esempio già fatto, non è completamente coerente? Perchè le nostre nozioni di astronomia ci insegnano che quelle distanze nella realtà non possono essere tali. Se non avessimo alcuna cognizione in materia le distanze ci potrebbero sembrare plausibili e il mondo creato nel gioco ci sembrerebbe coerente.
    Non è coerente col mondo esterno. Ma col suo micromondo sì. Perché tutto è realizzato in funzione di se stesso.

    Quote:
    Il compromesso sta anche in questo: l'autore calibra la coerenza effettiva della sua opera in base al risultato che vuole raggiungere. Si vuole creare un mondo realistico o un semplice supporto per il gioco (o qualsiasi altra forma di intrattenimento che ha nella creazione di un mondo un aspetto essenziale)? D'altro canto c'è da considerare l'utente, il suo background ed il modo con cui si rapporta all'esperienza videoludica. Sta cercando un semplice passatempo o vuole invece qualcosa di più? E l'autore cosa vuole offrirgli?
    Te lo ripeto: coerenza non significa realismo.
    Da ciò, la risposta alle tue domande puoi trovarla qualche rigo più in su.

    Quote:

    Frank Herbert, il creatore di Dune (uno dei pochi autori che, secondo me, possono fregiarsi del titolo di "creatore di mondi") diceva che è necessario fornire al lettore/utente una "pista di lancio": ovvero una base dalla quale chi usufruisce dell'opera capisce come orientarsi e con cosa avrà a che fare. Da lì in poi il giocatore stabilirà se, secondo il suo punto di vista, le incoerenze saranno accettabili o no, e soprattutto definirà egli stesso il campo di ciò che è si può ritenere incoerente .
    Dune, ad esempio, non è molto coerente. Perché se esiste tutta quella tecnologia, non è spiegato come mai si combatte ancora coi coltelli.

  25. #125
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Partiamo dal presupposto, visto che da lì poi scaturisce tutto.


    Stando a quello che dici allora, se il fine è il divertimento, si può sorvolare su quelle che sono alcune inesattezze, più o meno gravi, nella creazione del mondo virtuale. Così si ha da un lato la coerenza alle regole (che però servono a stabilire come avviene il rapporto player-VG) ma incoerenza rispetto al mondo creato. Secondo me dicendo che gli errori ad esempio di Freelancer, sono coerenti all'interno del suo micromondo stai sbagliando.
    Sono delle incoerenze rispetto al mondo che si è voluto ricreare. Infatti alcuni giocatori le percepiscono come tali (vedi le critiche ricevute da Freelancer), altri non se ne accorgono nemmeno, poichè varia la percezione che ognuno ha di ciò che offre il gioco. Perchè ci sono queste critiche? Perchè si ha la percezione di qualcosa nel gioco non funzioni a dovere.

    Io non parlo di realismo rispetto al mondo reale, parlo di realismo nel mondo costruito. Partecipando al VG si sa che certe incoerenze creative ci saranno, ma finchè queste incoerenze non riguardano le regole player-VG possono essere accettabili, in misura che varia da utente ad utente.
    Non pensiamo di trovare la coerenza assoluta in un gioco, anche se lo consideriamo un microcosmo, come hai detto tu. Il fatto è che si è disposti ad accettare l'incoerenza, l'assurdità entro certi limiti.

    p.s. Ah, in Dune c'è la spiegazione del perchè si usano le armi da taglio. La tecnologia relativa agli scudi fa si che i proiettili e qualsiasi corpo lanciato ad alta velocità non li possa attraversare. Quindi l'unica arma possibile per perforare uno scudo è una lama, manovrata da mani umane che possono calibrare la velocità dei colpi.

    Devo volare a lezione, scusate il post frettoloso.

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