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Risultati da 126 a 150 di 289
  1. #126
    Emack
    ospite

    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Never ha scritto ven, 23 maggio 2003 13:59
    Partiamo dal presupposto, visto che da lì poi scaturisce tutto.


    Stando a quello che dici allora, se il fine è il divertimento, si può sorvolare su quelle che sono alcune inesattezze, più o meno gravi, nella creazione del mondo virtuale. Così si ha da un lato la coerenza alle regole (che però servono a stabilire come avviene il rapporto player-VG) ma incoerenza rispetto al mondo creato. Secondo me dicendo che gli errori ad esempio di Freelancer, sono coerenti all'interno del suo micromondo stai sbagliando.
    Il fine di quelle città non è il realismo. E' l'idea di realismo, svilito in modo da far divertire.
    D'altra parte tutte quelle capriole con le macchine non si potrebbero proprio fare.
    Il funzionamento è simile a quanto ho scritto nel topic su freelancer: i motori particellari sono fisicamente scorretti. Eppure sembrano veri. Perché danno la percezione di esserlo. Perché si trovano bene in quel contesto.

    Quote:
    Sono delle incoerenze rispetto al mondo che si è voluto ricreare. Infatti alcuni giocatori le percepiscono come tali (vedi le critiche ricevute da Freelancer), altri non se ne accorgono nemmeno, poichè varia la percezione che ognuno ha di ciò che offre il gioco. Perchè ci sono queste critiche? Perchè si ha la percezione di qualcosa nel gioco non funzioni a dovere.
    Ecco. Questa potrebbe essere una critica. Ma lo è perché freelancer ha pretese simulative, non certo perché è incoerente col suo micromondo.

    Quote:
    Io non parlo di realismo rispetto al mondo reale, parlo di realismo nel mondo costruito. Partecipando al VG si sa che certe incoerenze creative ci saranno, ma finchè queste incoerenze non riguardano le regole player-VG possono essere accettabili, in misura che varia da utente ad utente.
    Non pensiamo di trovare la coerenza assoluta in un gioco, anche se lo consideriamo un microcosmo, come hai detto tu. Il fatto è che si è disposti ad accettare l'incoerenza, l'assurdità entro certi limiti.
    L'assurdità è relativa al termine di paragone. In un cartoon, tutto ci si può aspettare perché il contesto vuole che vi sia l'elemento di meraviglia.

    Quote:
    p.s. Ah, in Dune c'è la spiegazione del perchè si usano le armi da taglio. La tecnologia relativa agli scudi fa si che i proiettili e qualsiasi corpo lanciato ad alta velocità non li possa attraversare. Quindi l'unica arma possibile per perforare uno scudo è una lama, manovrata da mani umane che possono calibrare la velocità dei colpi.

    Devo volare a lezione, scusate il post frettoloso.
    Dimostri di conoscere la materia in modo non superficiale. Complimenti.

  2. #127
    Lo Zio L'avatar di Never
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Quote:
    Il fine di quelle città non è il realismo. E' l'idea di realismo, svilito in modo da far divertire.
    D'altra parte tutte quelle capriole con le macchine non si potrebbero proprio fare.
    Il funzionamento è simile a quanto ho scritto nel topic su freelancer: i motori particellari sono fisicamente scorretti. Eppure sembrano veri. Perché danno la percezione di esserlo. Perché si trovano bene in quel contesto.

    Ecco: trovarsi bene in un contesto. Quindi tu stesso ammetti, al di là degli esempi, che sull'ambientazione esistono cmq dei limiti entro i quali manovrare. Non si può, in certi contesti, forzare troppo la mano. Bisogna essere in grado di creare qualcosa di plausibile o accettabile. Elementi assurdi relativamente al loro contesto possono limitare la fruibilità del gioco.
    Ma chi risente di questo limite? Come identificare questo limite? E soprattutto questo limite è uguali per tutti?

    Se non si riesce ad inquadrare questi problemi la coerenza resta qualcosa di relativo, qualcosa che a me può sembrare presente, a qualcun altro no o qualcuno addirittura potrebbe non importare nemmeno.

    Recupero l'esempio di Ben su HF:
    Quote:
    in soldoni, se a black mesa sparo dopo aver sparato a uno scienziato mi arrivano due macchine della polizia, il gioco mi ha fregato, quindi non è coerente
    Se io mi rapporto al gioco "seriamente" (immedesimandomi nella storia e cercando di entrare nel mondo virtuale in cui sto giocando) verrò effettivamente fregato.
    Se io gioco in maniera superficiale, per passare il tempo, non faccio altro che tirare due granate, far esplodere le due auto e proseguire, senza che questa incoerenza narrativa disturbi il mio giocare.

    Un'analisi completa che ruota intorno ad un VG (se si vuol parlare in termini generali, senza dare giudizi qualitativi)non può prescindere da questo.

  3. #128
    Emack
    ospite

    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Never ha scritto ven, 23 maggio 2003 17:34
    Quote:
    Il fine di quelle città non è il realismo. E' l'idea di realismo, svilito in modo da far divertire.
    D'altra parte tutte quelle capriole con le macchine non si potrebbero proprio fare.
    Il funzionamento è simile a quanto ho scritto nel topic su freelancer: i motori particellari sono fisicamente scorretti. Eppure sembrano veri. Perché danno la percezione di esserlo. Perché si trovano bene in quel contesto.

    Ecco: trovarsi bene in un contesto. Quindi tu stesso ammetti, al di là degli esempi, che sull'ambientazione esistono cmq dei limiti entro i quali manovrare. Non si può, in certi contesti, forzare troppo la mano. Bisogna essere in grado di creare qualcosa di plausibile o accettabile.
    Questo lo sto dicendo da 4 pagine...

    Quote:
    Elementi assurdi relativamente al loro contesto possono limitare la fruibilità del gioco.
    Ma chi risente di questo limite? Come identificare questo limite? E soprattutto questo limite è uguali per tutti?

    Se non si riesce ad inquadrare questi problemi la coerenza resta qualcosa di relativo, qualcosa che a me può sembrare presente, a qualcun altro no o qualcuno addirittura potrebbe non importare nemmeno.
    La coerenza non è qualcosa di relativo. La sua percezione lo è.


  4. #129
    Lo Zio L'avatar di Never
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Non sono convinto.

    Stavolta però voglio essere sintetico anch'io: possono esistere
    giochi incoerenti? chi può stabilire se è incoerente o coerente un gioco dal momento che tutti ne abbiamo una percezione diversa?

  5. #130
    Lo Zio L'avatar di Ben Gurion
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi


    il criterio per stabilire se il gioco è coerente e desunto dalle premesse iniziali: vengono stabilite, acneh implicitametne, delle regole; se le regole nellos voglimento della trama vengono infrante, non si puo idre che ci sia coerenza.

    questo nn vuol dire che non ci possano essere colpi di scena, ma questi devono essere in linea con le regole iniziali

  6. #131
    Emack
    ospite

    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Never ha scritto ven, 23 maggio 2003 21:54
    Non sono convinto.

    Stavolta però voglio essere sintetico anch'io: possono esistere
    giochi incoerenti? chi può stabilire se è incoerente o coerente un gioco dal momento che tutti ne abbiamo una percezione diversa?
    Bella domanda. Non so risponderti. (perché media aritmetica non è valida come risposta)

  7. #132
    Lo Zio L'avatar di Never
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Ben Gurion ha scritto ven, 23 maggio 2003 22:00

    il criterio per stabilire se il gioco è coerente e desunto dalle premesse iniziali: vengono stabilite, acneh implicitametne, delle regole; se le regole nellos voglimento della trama vengono infrante, non si puo idre che ci sia coerenza.

    questo nn vuol dire che non ci possano essere colpi di scena, ma questi devono essere in linea con le regole iniziali

    Sei sicuro?
    Tutto secondo me dipende dall'approccio del videogiocatore: se Half Life viene giocato da una persona che della storia se ne infischia ma vuole solo fraggare, ecco che per lui le incoerenze saranno accettabili. Una persona che lo gioca "seriamente" invece si vedrà tradito nel momento in cui verranno introdotti elementi che stridono con il contesto generale.

    E poi mi sembra che voi consideriate queste premesse qualcosa di troppo cristallizzato. Anch'esse variano al variare dell'utenza del gioco. Un giocatore di RPG casuale può non considerare incoerenti cose che per un esperto giocatore di ruolo sono aberranti.
    Risultato: stesso videogioco, ma premesse infrante per un giocatore e mantenute per altri.

    Forse sono casi limite, anche se non più di tanto, visto tutte le discussioni che nascono anche qui sul forum.


  8. #133
    Lo Zio L'avatar di Ben Gurion
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    mi sembra che i tuoi esempi siano un po esagerati

    nel senso, se uno si trova un quadro di renoir davanti e invece di restare esastasiato lo usa per soffiarsi il naso, l'incoerenza è in lui, non in pierre auguste...

  9. #134

    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Ben Gurion ha scritto ven, 23 maggio 2003 22:19
    mi sembra che i tuoi esempi siano un po esagerati

    nel senso, se uno si trova un quadro di renoir davanti e invece di restare esastasiato lo usa per soffiarsi il naso, l'incoerenza è in lui, non in pierre auguste...
    E prende anche un paio di labbrate

    Cmq, ancora non è possibile ricreare un gioco che simuli la realtà coerentemente.
    Il gameplay sarebbe minato dall'eccessivo realismo.

    Forse quando la tecnologia sarà arrivata ad un certo stadio sarà possibile ricreare mondi perfetti, ma allo stesso tempo non "invadenti". Senza minare il gameplay

  10. #135
    Lo Zio L'avatar di Never
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Ben Gurion ha scritto ven, 23 maggio 2003 22:19
    mi sembra che i tuoi esempi siano un po esagerati

    nel senso, se uno si trova un quadro di renoir davanti e invece di restare esastasiato lo usa per soffiarsi il naso, l'incoerenza è in lui, non in pierre auguste...

    Qui quello che porta esempi paradossali mi sembri tu ...

    Quello che volevo sottolineare è che di fronte al "microcosmo" creato dagli autori per il VG ognuno ne percepisce una diversa coerenza interna (percezione determinata da diversi fattori, in primis motivazioni dell'utente e conoscenze riguardo il genere di videogioco).
    Allo stesso tempo da parte dell'utente esiste una tolleranza rispetto alle incoerenze che trova nel VG, fino a raggiungere un limite che fa dire al player "no, adesso è troppo".

    Ti faccio un esempio reale: FIFA 2003. Nel titolo EA c'è un aspetto che è definibile sicuramente come incoerenza: il colpo di testa è impossibile da realizzare in molte situazioni. Questo è assurdo in un gioco sul calcio del livello di FIFA, eppure io gioco comunque.
    Da ciò e da molte altre discussioni qui sul forum dedico che ogni utente ha una certa disposizione ad accettare eventuali incoerenze.

    Sarebbe sbagliato considerare il patto di coerenza a cui Ben faceva riferimento senza considerare la possibilità di eccezioni. Il patto di coerenza in una certa misura può essere infranto.

  11. #136
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Lord Wilde ha scritto sab, 24 maggio 2003 10:30
    Ben Gurion ha scritto ven, 23 maggio 2003 22:19
    mi sembra che i tuoi esempi siano un po esagerati

    nel senso, se uno si trova un quadro di renoir davanti e invece di restare esastasiato lo usa per soffiarsi il naso, l'incoerenza è in lui, non in pierre auguste...
    E prende anche un paio di labbrate

    Cmq, ancora non è possibile ricreare un gioco che simuli la realtà coerentemente.
    Il gameplay sarebbe minato dall'eccessivo realismo.

    Forse quando la tecnologia sarà arrivata ad un certo stadio sarà possibile ricreare mondi perfetti, ma allo stesso tempo non "invadenti". Senza minare il gameplay
    qui non si parla di realismo... possibilmente la realtà non sarà mai riprodotta... e anche se lo fosse sarebbe comunque differente rispetto alla realtà esterna. qui si parla di coerenza del testo in se stesso.
    facciamo un esempio con un libro che tutti dovrebbero, in parte, conoscere: I Promessi Sposi.
    se il buon Renzo avesse, ad un certo punto del libro, diciamo durante la notte degli imbrogli, uno scontro con i bravi a luparate e coltellate, sfodenando una discreta tecnica di Kung Fu... potrebbe l'incoerenza essere soggettiva? oppure diventerebbe oggettiva e al lettore spetterebbe il solo compito di accettarla o meno?
    altro caso: Lucia, descritta come santa si da al sesso sfrenato nel castello dell'Innominato... non sarebbe un'assurdità? dico all'interno dei Promessi Sposi in cui i personaggi sono delineati, dall'inizio fino alla fine, in un modo specifico e preciso...

  12. #137
    Emack
    ospite

    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Never ha scritto sab, 24 maggio 2003 12:07
    Ben Gurion ha scritto ven, 23 maggio 2003 22:19
    mi sembra che i tuoi esempi siano un po esagerati

    nel senso, se uno si trova un quadro di renoir davanti e invece di restare esastasiato lo usa per soffiarsi il naso, l'incoerenza è in lui, non in pierre auguste...

    Qui quello che porta esempi paradossali mi sembri tu ...

    Quello che volevo sottolineare è che di fronte al "microcosmo" creato dagli autori per il VG ognuno ne percepisce una diversa coerenza interna (percezione determinata da diversi fattori, in primis motivazioni dell'utente e conoscenze riguardo il genere di videogioco).
    Allo stesso tempo da parte dell'utente esiste una tolleranza rispetto alle incoerenze che trova nel VG, fino a raggiungere un limite che fa dire al player "no, adesso è troppo".

    Ti faccio un esempio reale: FIFA 2003. Nel titolo EA c'è un aspetto che è definibile sicuramente come incoerenza: il colpo di testa è impossibile da realizzare in molte situazioni. Questo è assurdo in un gioco sul calcio del livello di FIFA, eppure io gioco comunque.
    Da ciò e da molte altre discussioni qui sul forum dedico che ogni utente ha una certa disposizione ad accettare eventuali incoerenze.

    Sarebbe sbagliato considerare il patto di coerenza a cui Ben faceva riferimento senza considerare la possibilità di eccezioni. Il patto di coerenza in una certa misura può essere infranto.
    La coerenza è ciò che determina la riuscita o meno di un videogioco. FIFA 2003 non mi pare molto ben riuscito, sotto tale profilo.

  13. #138
    Lo Zio L'avatar di Ben Gurion
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Never ha scritto sab, 24 maggio 2003 12:07
    Ben Gurion ha scritto ven, 23 maggio 2003 22:19
    mi sembra che i tuoi esempi siano un po esagerati

    nel senso, se uno si trova un quadro di renoir davanti e invece di restare esastasiato lo usa per soffiarsi il naso, l'incoerenza è in lui, non in pierre auguste...

    Qui quello che porta esempi paradossali mi sembri tu ...

    Quello che volevo sottolineare è che di fronte al "microcosmo" creato dagli autori per il VG ognuno ne percepisce una diversa coerenza interna (percezione determinata da diversi fattori, in primis motivazioni dell'utente e conoscenze riguardo il genere di videogioco).
    Allo stesso tempo da parte dell'utente esiste una tolleranza rispetto alle incoerenze che trova nel VG, fino a raggiungere un limite che fa dire al player "no, adesso è troppo".

    Ti faccio un esempio reale: FIFA 2003. Nel titolo EA c'è un aspetto che è definibile sicuramente come incoerenza: il colpo di testa è impossibile da realizzare in molte situazioni. Questo è assurdo in un gioco sul calcio del livello di FIFA, eppure io gioco comunque.
    Da ciò e da molte altre discussioni qui sul forum dedico che ogni utente ha una certa disposizione ad accettare eventuali incoerenze.

    Sarebbe sbagliato considerare il patto di coerenza a cui Ben faceva riferimento senza considerare la possibilità di eccezioni. Il patto di coerenza in una certa misura può essere infranto.
    secondo me, per essere bello, un vg non puo essere incoerente.
    per coerenza non intendo dire che deve essere reale; nessuno infatti si aspetta che un idraulico italo americano diventi piu grande quando mangia un funghetto (...forse a lui sembrerà di essere piu grande )

    non so se sono riuscito a spiegarmi bene...
    il microcosmo creato dal programmatore deve essere coerente, le motivazioni, le credenze dell'utente glielo faranno piacere o meno.

    il paragone che mi viene in mente è la mmtematica.
    se io voglio sviluppare un nuovo tipo di aritmetica, posso benissimo farlo, quello che mi serve è un insieme di postulati, da cui poi dedurrò i teoremi.

    i postulati, una volta dati, devono essere quelli; se li ho formulati bene, non posso essere messi in discussione (non come ha fatto il povero euclide ), anche perchè in teoria si basano su una certa teoria del mondo dedotta dall'osservazione.

    ora ho un sistema logico e coerente.


    ho semplificato molto il discorso, ma il succo è questo (almeno spero, è da un po che nn faccio matematica )

    per il VG il procedimento è simile.
    riassumendo dovremo avere un sequenza del tipo:

    mondo-> percezione->teoria sul mondo->postulati->teoremi->appl icazione dei teoremi alla realtà


    ora, nei vg il primo punto di rottura è dato dal primo elemento del sistema; il mondo è diverso.
    se gioco a mario bros, avro un mondo fatto di funghi, tubi e mostriciattoli, se gioco a HL avro un mondo in cui la vita aliena è possible, se gioco a warcraft avro un mondo dove ci sono 4 razze diverse.

    quindi un ipotetico abitatore del mondo di warcraft, vivendo si è costruito una certa teoria del mondo, in cui è normale che ci siano omini verdi che dicono solo "lavoro, lavoro".

    da questo derivano alcuni postulati, come ad esempio:"nel mondo è possibile fare le magie".
    da questi poi si craeno i teoremi, cioè una serie di affermazioni che spiegano la realtà basandosi sui semplici postulati.

    ora devo scappare, mi dispiace un casino, devo finire il discorso,ma non ho tempo

    non cambiate canale!

  14. #139
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Emack ha scritto sab, 24 maggio 2003 14:57
    Never ha scritto sab, 24 maggio 2003 12:07
    Ben Gurion ha scritto ven, 23 maggio 2003 22:19
    mi sembra che i tuoi esempi siano un po esagerati

    nel senso, se uno si trova un quadro di renoir davanti e invece di restare esastasiato lo usa per soffiarsi il naso, l'incoerenza è in lui, non in pierre auguste...

    Qui quello che porta esempi paradossali mi sembri tu ...

    Quello che volevo sottolineare è che di fronte al "microcosmo" creato dagli autori per il VG ognuno ne percepisce una diversa coerenza interna (percezione determinata da diversi fattori, in primis motivazioni dell'utente e conoscenze riguardo il genere di videogioco).
    Allo stesso tempo da parte dell'utente esiste una tolleranza rispetto alle incoerenze che trova nel VG, fino a raggiungere un limite che fa dire al player "no, adesso è troppo".

    Ti faccio un esempio reale: FIFA 2003. Nel titolo EA c'è un aspetto che è definibile sicuramente come incoerenza: il colpo di testa è impossibile da realizzare in molte situazioni. Questo è assurdo in un gioco sul calcio del livello di FIFA, eppure io gioco comunque.
    Da ciò e da molte altre discussioni qui sul forum dedico che ogni utente ha una certa disposizione ad accettare eventuali incoerenze.

    Sarebbe sbagliato considerare il patto di coerenza a cui Ben faceva riferimento senza considerare la possibilità di eccezioni. Il patto di coerenza in una certa misura può essere infranto.
    La coerenza è ciò che determina la riuscita o meno di un videogioco. FIFA 2003 non mi pare molto ben riuscito, sotto tale profilo.
    Ovviamente sono d'accordo.
    Questa però è la chiave di tutto: vogliamo parlare di come si fa un videogioco o come si fa un BEL videogioco?
    Io avevo capito che nella seconda parte del topic il discorso fosse passato al videogioco in generale, se ho inteso male i vostri ultimi post ditemelo pure.

  15. #140
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Non credo che sia una questione di videogioco bello o meno, per ora.
    I videogiochi hanno un linguaggio?
    la risposta è ovvia: come potrebbero non averlo?
    il videogioco crea la sua illusorietà in un qualche modo, la crea e la pone al suo giocatore ideale (che non è esterno al videogioco, ma esiste proprio in esso). Il giocatore compone i diversi elementi che formano il linguaggio videoludico, li mette insieme in modo naturale, senza interrogarsi sulla natura del linguaggio che sta condividendo e decifrando. Il videogiocatore è ancora in uno stato di "ingenuità" rispetto al videogioco, condividendone in modo passivo le forme linguistiche e creando una solidarietà con il punto di vista che l'autore ha scelto per lui.
    nessuna forma di realtà è, in verità, mai stata messa in discussione. non c'è alcuna realtà in un vidogioco. e mai alcuna realtà sarà possibile (se non il gioco stesso). il realismo non è altro che un modo coerente e codificato di mettere insieme i diversi elementi del complesso linguaggio (polisemico) che crea un'intera esperienza videoludica.
    Svelare questo linguaggio non significa raffreddare il dialogo fra gioco e giocatore; è solo un modo per liberarlo da una serie di catene necessarie quanto pesanti.

  16. #141
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Karat45 ha scritto dom, 25 maggio 2003 23:01
    nessuna forma di realtà è, in verità, mai stata messa in discussione. non c'è alcuna realtà in un vidogioco. e mai alcuna realtà sarà possibile (se non il gioco stesso). il realismo non è altro che un modo coerente e codificato di mettere insieme i diversi elementi del complesso linguaggio (polisemico) che crea un'intera esperienza videoludica.
    Svelare questo linguaggio non significa raffreddare il dialogo fra gioco e giocatore; è solo un modo per liberarlo da una serie di catene necessarie quanto pesanti.

    Non mi piace "sezionare" i post, ma così ho l'occasione di esternare meglio il mio dubbio.

    In che limiti il mondo virtuale deve essere coerente e codificato?
    Ovviamente un mondo perfettamente coerente è, se non impossibile, difficilissimo da ottenere. Detto questo credo che per analizzare un VG è necessario tener conto del fatto che un giocatore è disposto, in misura variabile da persona a persona (anche a seconda delle proprie conoscenze, come già detto), ad accettare delle incoerenze presenti nel VG, perchè ritengono che nel complesso la fruibilità del gioco sia ancora accettabile.

    Riassumendo la coerenza in un mondo virtuale non è un parametro "True or False", secondo la logica booleana, ma piuttosto una struttura più o meno complessa che può rimanere in piedi nonostante delle imperfezioni, alcune evitabili altre no.

    Più coerenza c'è nel mondo virtuale più tale mondo sarà realistico (non nel senso della nostra realtà ovviamente) e più alta sarà la sua qualità.

  17. #142
    Emack
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Never ha scritto dom, 25 maggio 2003 23:13
    Karat45 ha scritto dom, 25 maggio 2003 23:01
    nessuna forma di realtà è, in verità, mai stata messa in discussione. non c'è alcuna realtà in un vidogioco. e mai alcuna realtà sarà possibile (se non il gioco stesso). il realismo non è altro che un modo coerente e codificato di mettere insieme i diversi elementi del complesso linguaggio (polisemico) che crea un'intera esperienza videoludica.
    Svelare questo linguaggio non significa raffreddare il dialogo fra gioco e giocatore; è solo un modo per liberarlo da una serie di catene necessarie quanto pesanti.

    Non mi piace "sezionare" i post, ma così ho l'occasione di esternare meglio il mio dubbio.

    In che limiti il mondo virtuale deve essere coerente e codificato?
    Per il momento ti rispondo sinteticamente.

    Il mondo virtuale deve essere coerente fino a quando non va a intaccare il gameplay, o le "regole del gioco".

  18. #143
    Lo Zio L'avatar di Never
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Emack ha scritto lun, 26 maggio 2003 15:32
    Never ha scritto dom, 25 maggio 2003 23:13
    Karat45 ha scritto dom, 25 maggio 2003 23:01
    nessuna forma di realtà è, in verità, mai stata messa in discussione. non c'è alcuna realtà in un vidogioco. e mai alcuna realtà sarà possibile (se non il gioco stesso). il realismo non è altro che un modo coerente e codificato di mettere insieme i diversi elementi del complesso linguaggio (polisemico) che crea un'intera esperienza videoludica.
    Svelare questo linguaggio non significa raffreddare il dialogo fra gioco e giocatore; è solo un modo per liberarlo da una serie di catene necessarie quanto pesanti.

    Non mi piace "sezionare" i post, ma così ho l'occasione di esternare meglio il mio dubbio.

    In che limiti il mondo virtuale deve essere coerente e codificato?
    Per il momento ti rispondo sinteticamente.

    Il mondo virtuale deve essere coerente fino a quando non va a intaccare il gameplay, o le "regole del gioco".

    Questo mi sembra un buon campo di indagine, che se non sbaglio non era stato ancora affrontato. Il rapporto tra gameplay e mondo virtuale.
    Aspetto la tua risposta "completa".

  19. #144
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Emack è fuggito con una Brasiliana?
    Emacccuccio!!! siamo in attesa di una tua risposta!!!

  20. #145
    Lo Zio L'avatar di Never
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Karat45 ha scritto mar, 27 maggio 2003 21:51
    Emack è fuggito con una Brasiliana?
    Emacccuccio!!! siamo in attesa di una tua risposta!!!
    Se fosse veramente fuggito con una Brasiliana non sarò certo io a biasimarlo.

    Cmq aspettiamo fiduciosi...

  21. #146
    Emack
    ospite

    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Eccomi, infine.
    Perdonatemi il ritardo. Ma in testa ho il Caos e non riesco a gestirmi Purtroppo, le brasiliane non c'entrano. (e comunque, preferisco le vichinghe )

    Allora, affermavo: il mondo virtuale dev'essere coerente fino a quando non va a intaccare il gameplay, o le regole del gioco.

    Durante la progettazione di un videogioco, ciò che muove inizialmente i designer è il gameplay. Tutto lo sforzo è concentrato su tale aspetto. Ogni idea è inerente ad esso. Il mondo, o la sovrastruttura, viene dopo (com'è ovvio, esistono delle eccezioni, ma tutto deve confrontarsi col gameplay).
    Esistono, per rifarci a Marx, una struttura e una sovrastruttura.

    La struttura è il gameplay vero e proprio. E' il quia. E' il come. E' ciò che muove il mondo.

    La sovrastruttura è la giustificazione al gameplay. La storia. Il mondo.

    Esempio? Half Life è un fps. (struttura) Half Life è la storia di uno scienziato che deve portare a casa la pellaccia dopo un esperimento andato male. (sovrastruttura)

    Ora, in che limiti bisogna creare una sovrastruttura? Nei limiti della sua funzionalità al gameplay.
    Tipo: in GTA non mi serve entrare in ogni palazzo. La struttura di gioco non lo richiede.

    Spero di essermi saputo spiegare.



  22. #147
    Emack
    ospite

    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Ovviamente, ciò che ho scritto non sono verità ineluttabili... Sono mie considerazioni. Criticabilissime...

  23. #148
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    iniziamo a decostruire partendo non da un videogioco completo ma da uno schermo nero in cui sia presente un punto di vista.
    il punto di vista è quello che, successivamente, diverrà un personaggio.
    tutti i videogiochi nascono dal vuoto. qualsiasi livello, mappa, terreno ecc. è costruito sul vuoto, nel nero. ma ritorniamo al nostro schermo nero che rappresenta, paradossalmente il caos, il regno del possibile in cui, qualcuno, inserirà delle determinazioni.
    se iniziassimo a pensare il videogioco come testo avremo un personaggio senza attributi che vaga nel vuoto. non ha storia, non ha carattere, non ha uno scopo. è solo un punto di vista immutabile che osserva un nero infinito e indefinibile.
    il testo videogioco, ora, è vuoto, non ha proposizioni, non c'è ancora narrazione. il punto di vista appare fermo anche se in movimento e viceversa.
    compiamo un gesto semplice, mettiamo un muro da qualche parte e rendiamolo visibile al giocatore. a questo punto nasce, nel punto di vista, un concetto di spazio. potrà relativizzare la sua posizione in base alla maggiore o minore distanza dal muro. lo spazio rimane nero ma non è più vuoto. qualcosa inizia ad emergere e determina un limite, una relazione. nasce la prima proposizione e, il videogioco, inizia a narrare. narra una storia semplice, una semplice relazione spaziale, una distanza.
    continuiamo. mettiamo un piano orizzontale perpendicolare e tangente al muro su cui, il punto di vista, possa camminare. a questo punto abbiamo un terreno e un muro davanti a noi. qui nasce il primo scopo: come superare il muro?
    il primo scopo determina un secondo tipo di narrazione creata da una serie di proposizioni tutte possibili ma non "scritte" dal giocatore. se fossimo in letteratura o al cinema il nostro personaggio supererebbe quel muro sempre nello stesso modo compiendo un gesto univoco che, pure se tornassimo indietro nella lettura, non cambierebbe. nel videogioco non abbiamo una proposizione assoluta; un "superò il muro aggirandolo" che determini completamente l'universo narrativo; abbiamo una rosa di possibilità che, come già detto creano una serie di proposizioni possibili.
    poniamo dei limiti alla questione: il nostro personaggio non può ancora saltare e potrà superare l'ostacolo passando ai suoi lati. abbiamo qui, già, due proposizioni precise (passare a destra o a sinistra del muro) e altre più vaghe (allontanarsi dal muro e passarlo, comunque, sempre a sinistre o a destra). ma dobbiamo anche considerare le questioni temporali (fermarsi davanti al muro, esaminarlo e, quindi, passarlo).
    insomma, in un microcosmo che comprende un piano, un muro e un punto di vista abbiamo appena creato una storia; o, meglio, abbiamo preso parte ad una storia e ne abbiamo determinato lo svolgimento scegliendo tra tutte le possibilità che ci sono state offerte.
    dicevo sopra che un videogioco narra anche quando sembra non narrare nulla. l'esempio appena fatto può spiegare questa considerazione. la narrazione in un videogioco non è quella delle scene filmate, dei momenti di dialogo e altro. la narrazione in un videogioco è lo scegliere del giocatore rispetto ad una rosa di possibilità offertegli dal programma.
    usare un'arma al posto di un altra, provare a saltare un ostacolo invece di passargli di lato, schivare un proiettile invece di farsi colpire ecc. sono tutte proposizioni giocate, proposizioni ludiche che determinano la narrazione complessiva.

    si parlava sopra di "scopo"... bene, sempre dall'esempio che ho appena fatto, si dovrebbe capire che i videogiochi non contengono un solo scopo; anzi, ne contengono moltissimi. diciamo che c'è uno scopo principale (primario) e che, dentro questo scopo, ci sono altri scopi secondari, che possono essere strutturali al gioco (risolvere una quest in un RPG; trovare una leva in un FPS ecc.) o, semplicemente, strutturali all'azione / narrazione (in un FPS riuscire ad entrare all'interno di un edificio, in un simulatore di volo, imitare Top Gun facendo un volo radente).
    questi scopi sono il collante che mantiene viva l'attenzione del giocatore che, anche se percepisce come essenziale solo lo scopo principale, prova più o meno piacere a seconda di come questi scopi secondari sono realizzati.
    il genere che consente un esempio più facile in tal senso è quello delle avventure grafiche in cui gli scopi sono la risoluzione dei diversi enigmi per arrivare alla ricostruzione finale del puzzle. per quanto un'adventure abbia una storia bella, se non ha enigmi che tengano il giocatore impegnato e che lo soddisfino, allora l'avventura sarà un fallimento. penso ad un caso recente (un esempio fra i molti possibili): Salammbò... la storia è stupenda ma gli enigmi sono di una facilità e, spesso, di una illogicità tale da rendere vana la narrazione principale.

    quindi, nei videogiochi, l'azione, è narrazione. ogni decisione del giocatore determina una proposizione della storia narrata. qui decadono anche miti come quello che vuole Half Life bello per la sua storia... La storia di Half Life faceva ridere. era indegna anche di un b-movies. il bello di Half Life era che, rispetto alla concorrenza, permetteva di scrivere attraverso l'azione, una storia che ricordava molto quei film di cui il videogiocatore medio si nutre.
    creature che prendono scienziati, un poliziotto che ci aiuta, un mostro che ci insegue indistruttibile ecc. sono tutte situazioni che stuzzicano l'immaginario del giocatore che, trovatosi a viverle, le "riscrive" attraverso il suo punto di vista.
    fateci caso, la parte considerata più debole del gioco è quella finale nel mondo alieno... venne considerata una "stonatura" rispetto al resto.

    postulo così la presenza di, non uno ma tre narratori all'interno di un videogioco:
    -il primo è colui che pensa e scrive la storia sulla carta, storia che poi viene utilizzata come collante delle diverse situazioni di gioco.
    -il secondo è colui che disegna le mappe e che determina le possibilità del personaggio, è un narratore meno visibile rispetto al primo, ma, se ragionate in base all'esempio sopra, vi accorgerete che è tanto e più importante del primo narratore.
    -il terzo narratore è il videogiocatore che, scegliendo tra tutte le possibilità messegli a disposizione, determina una storia simile alle altre ma diversa nelle sue proposizioni.


  24. #149
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Emack ha scritto mer, 28 maggio 2003 20:19
    Eccomi, infine.
    Perdonatemi il ritardo. Ma in testa ho il Caos e non riesco a gestirmi Purtroppo, le brasiliane non c'entrano. (e comunque, preferisco le vichinghe )

    Allora, affermavo: il mondo virtuale dev'essere coerente fino a quando non va a intaccare il gameplay, o le regole del gioco.

    Durante la progettazione di un videogioco, ciò che muove inizialmente i designer è il gameplay. Tutto lo sforzo è concentrato su tale aspetto. Ogni idea è inerente ad esso. Il mondo, o la sovrastruttura, viene dopo (com'è ovvio, esistono delle eccezioni, ma tutto deve confrontarsi col gameplay).
    Esistono, per rifarci a Marx, una struttura e una sovrastruttura.

    La struttura è il gameplay vero e proprio. E' il quia. E' il come. E' ciò che muove il mondo.

    La sovrastruttura è la giustificazione al gameplay. La storia. Il mondo.

    Esempio? Half Life è un fps. (struttura) Half Life è la storia di uno scienziato che deve portare a casa la pellaccia dopo un esperimento andato male. (sovrastruttura)

    Ora, in che limiti bisogna creare una sovrastruttura? Nei limiti della sua funzionalità al gameplay.
    Tipo: in GTA non mi serve entrare in ogni palazzo. La struttura di gioco non lo richiede.

    Spero di essermi saputo spiegare.


    il gameplay è, quindi, la libertà lasciata al giocatore? ovvero il numero di scelte che questo può compiere all'interno del gioco?

  25. #150
    Emack
    ospite

    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Karat45 ha scritto ven, 30 maggio 2003 12:07

    il gameplay è, quindi, la libertà lasciata al giocatore? ovvero il numero di scelte che questo può compiere all'interno del gioco?
    Una parte del gameplay è così.

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