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  1. #176
    Veterano del Backstage L'avatar di Karat45
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Emack ha scritto ven, 20 giugno 2003 13:29
    Karat45 ha scritto mar, 17 giugno 2003 17:12
    Never ha scritto mer, 11 giugno 2003 19:33
    Emack ha scritto mer, 11 giugno 2003 19:25
    Sicuramente ci sei riuscito.

    Il gioco è sempre stato un modo per conoscere il mondo circostante. Per riprodurre azioni di vita senza pressioni esterne. Ecco perché "giocare" ha il suo grandissimo valore.

    Ed ecco perché l'esperienza videoludica, come hai giustamente affermato, può garantire o fornire una certa apertura mentale: riesce a riprodurre addirittura situazioni improbabili.

    Da qui, la domanda: quanta potenza comunicativa possiede un prodotto videoludico? E: questa potenza, dipende dalla tensione narrativa o da quale altro fattore?


    Con quale accezione consideriamo il termine "tensione narrativa"?
    In quello classico di storia che sa "catturare" lo spettatore o in quello che avete sviscerato e rappresentato con i diversi narratori (5 se non erro) che partecipano alla narrazione del gioco?

    In questo secondo caso "tensione narrativa" ci può essere anche senza una vera e propria storia, magari grazie ad un'idea di base (a livello di gameplay) che risultà essere particolarmente riuscita o comunque ben realizzata.
    la tensione narrativa si crea in vario modo. anche la semplice attesa di sapere cosa c'è dietro ad un muro è tensione narrativa. certo, poi va considerato come i programmatori riescano a mantenerla per tutto il corso del gioco.
    ti faccio un esempio diretto: in Medal of Honor per Pc, i primi livelli hanno una tensione narrativa altissima dovuta ad una certa ricostruzione di alcune situazioni; prendiamo il primo livello; l'arrivo al villaggio in incognito sul camion, l'essere smascherati, lo scontro a fuoco e l'assalto che ne consegue, la battaglia nel villaggio ecc. alla fine ci troviamo a fare quello che si fa in ogni FPS ma, il tutto, è "rivestito" e appare diverso. quella sequenza ha una forte narratività per il suo comprendere elementi fortemente "narrativi" nel senso classico del termine. è facile rendersi conto che, se avessimo iniziato la solita missione solitaria partendo da dietro una duna e senza l'adrenalinicità dell'assalto... non sarebbe stato la stessa cosa.
    la cosa è verificabile anche confrontando i primi livelli di gioco con gli ultimi che si attestano su dei canoni banali e che sono il vero punto debole del gioco.
    Ma la tensione narrativa non è la suspense... La tensione narrativa è ciò che viene raccontato. La tensione non indica un'emozione dell'utente, bensì la propensione a raccontare, in variabile quantità e qualità, un qualcosa all'utente stesso.
    la tensione narrativa si crea attraverso un linguaggio più o meno codificato condiviso tra il narratore e il fruitore. la tensione narrativa è insita in chi guarda, la narrazione non fa altro che "risvegliarla" o, meglio, attivarla. se si inizia a guardare un film horror in modo scettico, probabilmente, non si proverà nessuna tensione osservando lo scorrere delle scene...

  2. #177
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Emack ha scritto ven, 20 giugno 2003 13:29
    Karat45 ha scritto mar, 17 giugno 2003 17:12
    Never ha scritto mer, 11 giugno 2003 19:33
    Emack ha scritto mer, 11 giugno 2003 19:25
    Sicuramente ci sei riuscito.

    Il gioco è sempre stato un modo per conoscere il mondo circostante. Per riprodurre azioni di vita senza pressioni esterne. Ecco perché "giocare" ha il suo grandissimo valore.

    Ed ecco perché l'esperienza videoludica, come hai giustamente affermato, può garantire o fornire una certa apertura mentale: riesce a riprodurre addirittura situazioni improbabili.

    Da qui, la domanda: quanta potenza comunicativa possiede un prodotto videoludico? E: questa potenza, dipende dalla tensione narrativa o da quale altro fattore?


    Con quale accezione consideriamo il termine "tensione narrativa"?
    In quello classico di storia che sa "catturare" lo spettatore o in quello che avete sviscerato e rappresentato con i diversi narratori (5 se non erro) che partecipano alla narrazione del gioco?

    In questo secondo caso "tensione narrativa" ci può essere anche senza una vera e propria storia, magari grazie ad un'idea di base (a livello di gameplay) che risultà essere particolarmente riuscita o comunque ben realizzata.
    la tensione narrativa si crea in vario modo. anche la semplice attesa di sapere cosa c'è dietro ad un muro è tensione narrativa. certo, poi va considerato come i programmatori riescano a mantenerla per tutto il corso del gioco.
    ti faccio un esempio diretto: in Medal of Honor per Pc, i primi livelli hanno una tensione narrativa altissima dovuta ad una certa ricostruzione di alcune situazioni; prendiamo il primo livello; l'arrivo al villaggio in incognito sul camion, l'essere smascherati, lo scontro a fuoco e l'assalto che ne consegue, la battaglia nel villaggio ecc. alla fine ci troviamo a fare quello che si fa in ogni FPS ma, il tutto, è "rivestito" e appare diverso. quella sequenza ha una forte narratività per il suo comprendere elementi fortemente "narrativi" nel senso classico del termine. è facile rendersi conto che, se avessimo iniziato la solita missione solitaria partendo da dietro una duna e senza l'adrenalinicità dell'assalto... non sarebbe stato la stessa cosa.
    la cosa è verificabile anche confrontando i primi livelli di gioco con gli ultimi che si attestano su dei canoni banali e che sono il vero punto debole del gioco.
    Ma la tensione narrativa non è la suspense... La tensione narrativa è ciò che viene raccontato. La tensione non indica un'emozione dell'utente, bensì la propensione a raccontare, in variabile quantità e qualità, un qualcosa all'utente stesso.
    la tensione narrativa si crea attraverso un linguaggio più o meno codificato condiviso tra il narratore e il fruitore. la tensione narrativa è insita in chi guarda, la narrazione non fa altro che "risvegliarla" o, meglio, attivarla. se si inizia a guardare un film horror in modo scettico, probabilmente, non si proverà nessuna tensione osservando lo scorrere delle scene...

  3. #178
    Emack
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Karat45 ha scritto lun, 23 giugno 2003 13:57


    la tensione narrativa si crea attraverso un linguaggio più o meno codificato condiviso tra il narratore e il fruitore. la tensione narrativa è insita in chi guarda, la narrazione non fa altro che "risvegliarla" o, meglio, attivarla. se si inizia a guardare un film horror in modo scettico, probabilmente, non si proverà nessuna tensione osservando lo scorrere delle scene...
    Continuo a non concordare su questa definizione. La tensione non si viene a creare tra utente e narratore. La "tensione" non è un'emozione che si prova. La tensione è la narrazione. Ed è prerogativa del creatore.
    Questo nel contesto del mio intervento di qualche tempo fa.

  4. #179
    Lo Zio L'avatar di Never
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Emack ha scritto lun, 23 giugno 2003 20:28
    Karat45 ha scritto lun, 23 giugno 2003 13:57


    la tensione narrativa si crea attraverso un linguaggio più o meno codificato condiviso tra il narratore e il fruitore. la tensione narrativa è insita in chi guarda, la narrazione non fa altro che "risvegliarla" o, meglio, attivarla. se si inizia a guardare un film horror in modo scettico, probabilmente, non si proverà nessuna tensione osservando lo scorrere delle scene...
    Continuo a non concordare su questa definizione. La tensione non si viene a creare tra utente e narratore. La "tensione" non è un'emozione che si prova. La tensione è la narrazione. Ed è prerogativa del creatore.
    Questo nel contesto del mio intervento di qualche tempo fa.
    E se fosse un'insieme delle due cose? Se il creatore non riesce a creare tensione il gioco ne sarà privo, ma ci vuole anche una disposizione da parte del fruitore per coglierla.

    Soprattutto quando Emack dici "la tensione è la narrazione", credo si debba considerare che in un videogioco, diversamente dal cinema, non racconta solo il creatore ma anche il giocatore, quindi il suo modo di affrontare il gioco e importante almeno quanto la mano del creatore nel costruire il VG.

  5. #180
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    quando alcuni uomini provenienti da antiche tribù africane vennero messi davanti alle loro fotografie non si riconobbero in esse... senza qualcuno che decodifichi un linguaggio questo perde senso e diventa solo una scatola vuota. il cinema è linguaggio, la tensione, soprattutto, è un fatto linguistico.

  6. #181
    Emack
    ospite

    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Ma è ovvio che bisogna parlare prima la stessa lingua...

  7. #182
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Emack ha scritto ven, 27 giugno 2003 20:30
    Ma è ovvio che bisogna parlare prima la stessa lingua...
    su questo conveniamo... ma è proprio questo presupposto ad offuscare un pò la visione d'insieme...

  8. #183
    Emack
    ospite

    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Karat45 ha scritto lun, 30 giugno 2003 alle 21:58
    Emack ha scritto ven, 27 giugno 2003 20:30
    Ma è ovvio che bisogna parlare prima la stessa lingua...
    su questo conveniamo... ma è proprio questo presupposto ad offuscare un pò la visione d'insieme...
    qual è la tua?

  9. #184
    Veterano del Backstage L'avatar di Karat45
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Emack ha scritto mar, 08 luglio 2003 alle 11:41
    Karat45 ha scritto lun, 30 giugno 2003 alle 21:58
    Emack ha scritto ven, 27 giugno 2003 20:30
    Ma è ovvio che bisogna parlare prima la stessa lingua...
    su questo conveniamo... ma è proprio questo presupposto ad offuscare un pò la visione d'insieme...
    qual è la tua?
    le visioni d'insieme troppo affrettate rischiano di spaccare presto l'insieme... sono per la parcellizzazione e per la diluizione...

  10. #185
    Emack
    ospite

    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Karat45 ha scritto lun, 14 luglio 2003 alle 00:12
    Emack ha scritto mar, 08 luglio 2003 alle 11:41
    Karat45 ha scritto lun, 30 giugno 2003 alle 21:58
    Emack ha scritto ven, 27 giugno 2003 20:30
    Ma è ovvio che bisogna parlare prima la stessa lingua...
    su questo conveniamo... ma è proprio questo presupposto ad offuscare un pò la visione d'insieme...
    qual è la tua?
    le visioni d'insieme troppo affrettate rischiano di spaccare presto l'insieme... sono per la parcellizzazione e per la diluizione...
    Forse sarebbe meglio fermarsi e fare una sintesi di quanto detto finora.

  11. #186
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    già... se apre Ars Ludica sposto il topic lì... e lo usiamo come secondo manifesto...

  12. #187
    Lo Zio L'avatar di WhiteKen
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Attendendo l'apertura di ARS LUDICA...

    Se valutiamo il gioco come forma d'arte, paragonandola ad altre Arti quali la fotografia, la pittura, la musica, rischiamo di incappare in un difficile scalino:

    L'Arte, in queste manifestazioni, è nella maggior parte dei casi una forma di comunicazione tra l'artista-creatore e lo spettatore.
    Un quadro è manifestazione visiva dell'io del suo autore, lo studio del quale aiuta lo spettatore in un proprio percorso spirituale.

    Ma il videogioco si comporta così? No, questo è un "servizio" reso all'utente, grazie al quale, "l'utente" vive le proprie emozioni, anche se in parte controllate dai creatori del videogioco.

    Ecco, credo che la tensione narrativa del videogioco sia rappresentativa del maggior grado di controllo che gli autori hanno sul giocatore.
    Un controllo sulle sue emozioni, che comporta anche l'instaurazione di un legame debole/forte tra il gioco e l'utente.
    Una forma di dipendenza che si crea e che è gestita in modo personalissimo da ognuno di noi: vuoi in base ai gusti che abbiamo, vuoi in base alla nostra capacità di distinguere la realtà dal gioco. Questo è il problema per cui menti più deboli corrono il rischio di rimanere dipendenti dal gioco e "abrutirsi" per ore di fronte al PC.

    Quindi concepire il VG come forma d'arte comporta assegnargli un posto tutto particolare tra le Arti. E comporta anche distinguere tra i VG nelle varie forme d'espressione di quest'arte, ad ognuna delle quali è riconducibile un diverso schema di valutazione.

  13. #188
    Emack
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Giusta osservazione, Ken.

  14. #189
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Direi che di carne al fuoco ce ne sia molta.

    Perchè non provare a mettere in pratica il tutto tentando l'analisi di un gioco?

    Potrebbe essere la giusta inaugurazione di ARS LUDICA...

  15. #190
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    perché no... iniziamo con il decidere quale...

  16. #191
    Emack
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Io proporrei il solito... H-L.

  17. #192
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    mi trovi daccordo...

    HL è un ottimo punto di partenza...
    ma porrei anche delle alternative... fate voi che fa veramente caldo... mi viene in mente solo pengo...

  18. #193
    Lo Zio L'avatar di WhiteKen
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    H-L è d'obbligo.

    Ma potremmo dire i mogliori rappresentanti di categoria.

    Sparatutto: Half Life

    Strategia: Starcraft

    Corse: GP2 o Superbike o GPL

    Ruolo: Diablo

    Più qualche fuori schema ma importanti come propettiva di gioco tra cui: GTA, The Sims, Tomb Raider.

    Comunque comincerei sicuramente da Half Life.

  19. #194
    Lo Zio L'avatar di Never
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    WhiteKen ha scritto sab, 19 luglio 2003 alle 01:48
    H-L è d'obbligo.

    Ma potremmo dire i mogliori rappresentanti di categoria.

    Sparatutto: Half Life

    Strategia: Starcraft

    Corse: GP2 o Superbike o GPL

    Ruolo: Diablo

    Più qualche fuori schema ma importanti come propettiva di gioco tra cui: GTA, The Sims, Tomb Raider.

    Comunque comincerei sicuramente da Half Life.

    Per i GDR consiglio di scartare diablo. Punterei più su qualcosa della Black Isle, dove la componente rpg-istica è più consistente.

    Poi sarebbero interessanti anche le avventure grafiche (tipo Lucas art o anche alla Myst se si vuole qualcosa di + particolare).

    Però direi di iniziare con un titolo (HL va benone), in modo da avere un modello di analisi e poi estenderlo anche agli altri.

  20. #195
    Lo Zio L'avatar di WhiteKen
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Mist! mi sono scordato di Mist, come ho potuto

  21. #196
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    già, non avevo pensato ad un titolo per ogni genere... ottima idea... così si può anche parlare del genere in se...

  22. #197
    Emack
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    A mio avviso è sconsigliabile prendere in considerazione troppi titoli, perché oltremodo dispersivo.
    Concentriamoci su uno solo che abbia valenza universale.

    Per il momento, beninteso.

  23. #198
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Emack ha scritto lun, 21 luglio 2003 alle 15:42
    A mio avviso è sconsigliabile prendere in considerazione troppi titoli, perché oltremodo dispersivo.
    Concentriamoci su uno solo che abbia valenza universale.

    Per il momento, beninteso.

    Su questo siamo tutti d'accordo, credo.

  24. #199
    Veterano del Backstage L'avatar di Karat45
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    ci concentriamo su Half Life allora?
    speriamo che il forum nuovo apra presto...

  25. #200
    Lo Zio L'avatar di Never
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    Predefinito Re: Coleridge ed i videogiochi

    Karat45 ha scritto gio, 24 luglio 2003 alle 16:13
    ci concentriamo su Half Life allora?
    speriamo che il forum nuovo apra presto...

    Direi di sì, dovendo iniziare con un solo gioco credo sia la scelta migliore.
    (a proposito, io l'ho giocato anni fa.... mi sa che me lo procuro e me lo rigioco, giusto per ripassare l'argomento... )

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