Presentato a Palazzo Reale il master plan dell'evento del 2015
Tende, acqua e tanto verde:
Expo all'insegna della flessibilità
Niente cemento ma strutture «volanti» e orti da coltivare lungo un'ideale tavolata. Stanca: nessun taglio ai fondi. Tettamanzi: «Ora si pensi anche all'accoglienza»
Il progetto del boulevard circondato dall'acqua (foto Tangherlini) MILANO - Un'immensa tavolata con i sapori del mondo, un orto botanico planetario che ospiti le varie coltivazioni e i prodotti alimentari del pianeta. Ad alzare il velo sul
concept del «master plan» per l'Expo 2015, martedì mattina nella Sala delle colonne di Palazzo Reale, sono stati i cinque architetti internazionali guidati da Stefano Boeri che, insieme con i rappresentanti delle istituzioni, hanno illustrato le linee guida del progetto. Accantonata da tempo l’idea di creare strutture di forte impatto architettonico, i progettisti dell’Expo puntano a creare «un paesaggio di monumentale leggerezza e naturale bellezza». «Non si tratta per ora di un piano definito - spiega, quasi a schernirsi, l'ad di Expo Lucio Stanca - Si tratta di una guida, di una visione». O addirittura «di un sogno», come aggiunge il sindaco Letizia Moratti, che ha riferito dell'approvazione di Berlusconi: «Ci ha dato molti consigli, alcuni molto utili, come per esempio quello di allargare la parte esterna delle vie d'acqua». Secondo il presidente della Regione Formigoni l'Expo dovrà «comunicare bellezza, perché noi vogliamo un'Esposizione che sia un'esperienza, dove non si venga semplicemente per vedere».
Il «master plan» per l'Expo 2015 (foto Calzari) «I FONDI CI SONO» - Lucio Stanca ha colto l'occasione per rassicurare sulla copertura finanziaria dell'evento: «Mi spiace per i gufi, Expo ha tutti i fondi, e noi vogliamo sfruttare al meglio questa straordinaria opportunità. Invito i gufi ad andare in vacanza per cinque anni, e magari tornare a Milano per l'Expo. Lo Stato italiano ha stanziato tutto quello che si era impegnato ad elargire e le istituzioni locali si sono impegnate allo stesso modo». Stanca, alle continue domande dei giornalisti, ha quindi precisato: «I privati finanzieranno l'Expo nel momento in cui presenteremo loro delle proposte: finora siamo alla fase dei concetti». Dunque, nessun ridimensionamento sui progetti e sui budget. «Non abbiamo variato il budget - ha assicurato Lucio Stanca - non c'è stato alcun ridimensionamento rispetto a quanto previsto in casa di candidatura».
TETTAMANZI: «PENSARE ALL'ACCOGLIENZA» - L’arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi, ha richiamato l'attenzione sul tema dell’Expo 2015, «Nutrire il Pianeta, energia per la vita» e sull'accoglienza, argomenti che a suo giudizio sono rimasti finora in secondo piano rispetto ai problemi organizzativi «pure necessari». E per porre l’attenzione della Curia su questi temi ha intanto nominato Erminio De Scalzi, già abate di Sant’Ambrogio e vescovo vicario, suo delegato per la manifestazione del 2015. «Mi limito all’impressione che proprio il tema dell’Expo, cioè il rapporto che deve realizzarsi tra la città di Milano e tutto il mondo e il tema dell’accoglienza che la città di Milano è chiamata a realizzare in rapporto a chi verrà all’Expo, a me pare che questo finora sia stato piuttosto secondario rispetto ad altri problemi pure necessari», ha detto il cardinale.
DUE ASSI PERPENDICOLARI - Riprendendo l’antica struttura delle città romane con il cardo e il decumano, il sito espositivo dell’Expo 2015 avrà due vie perpendicolari tra loro, che si incontreranno in una piazza centrale. Il primo asse, lungo 1400 metri e parallelo al Sempione, sarà il viale principale del sito, che vuole ricordare Les Champs Elysées. L’asse perpendicolare, lungo 65 metri, incrocerà l’asse principale creando una grande tavola planetaria che vuole essere il simbolo della convivialità per tutti i Paesi del mondo che si affacceranno a Milano.
TENDE ANZICHE' CEMENTO - La parola d’ordine che è emersa dalla descrizione del sito fatta dai cinque architetti è stata quella delle flessibilità, che si traduce nell’assenza totale di padiglioni: al posto del cemento ci saranno strutture coperte da tende e circondate dall’acqua dove verranno ospitate le colture e i prodotti alimentari di tutto il mondo. Lungo l’asse principale si affacceranno i padiglioni di tutti gli Stati, che avranno a disposizione lotti di terreno su cui riproporre le proprie colture tipiche. «Ci saranno le zone temperate, calda e fredda, quelle tropicali, secca, umida e asciutta», svela Stefano Boeri. «E ogni paese avrà il suo pezzetto di suolo da coltivare. Saranno tutti della stessa dimensione, indipendentemente dall'importanza geopolitica».
UNA TAVOLA IMBANDITA - L’idea di riproporre una grande tavola su cui affaccino i padiglioni di tutti i Paesi del mondo prende spunto dall’
Ultima cena di Leonardo. «La tavola non solo è un simbolo ma parla di un comportamento sociale», ha spiegato uno degli architetti Richard Burdett. «Ci siamo ispirati all’
Ultima cena quando abbiamo pensato al viale principale: i singoli padiglioni porteranno i propri prodotti sulla tavola centrale. Si tratterà di far crescere cibo e generare prodotti che la gente consumerà». In un territorio che si estende per oltre un milione di metri quadrati ci saranno prevalentemente campi coltivati a seconda delle specificità dei Paesi e pochi elementi architettonici, fra cui una collina che verrà creata con la terra ricavata dagli scavi, un anfiteatro e un laghetto. Il sito verrà con tutta probabilità collegato alla Fiera di Rho Pero attraverso un ponte «abitato» ovvero destinato ad ospitare mostre e uffici. Questo però non vuol dire che l’Expo si appoggerà alle strutture della Fiera: sarà un modo per integrarla ulteriormente sul territorio della grande Milano.
LA «NON SCELTA» - Nell’ottica di un’integrazione con il territorio e con il recupero di un rapporto con la città l’Expo punta a recuperare le 70 cascine diffuse sul territorio milanese, in modo che possano diventare dei punti di riferimento per l’agricoltura di prossimità. Sul destino dell’area dopo il 2015 «la scelta è stata proprio quella della non scelta», come ha sottolineato l’ad della società di gestione, Lucio Stanca. La massima flessibilità è l’imperativo categorico che gli architetti hanno cercato di rispettare anche per quello che sarà dell’area dopo il 2015: non un grande monumento come si era inizialmente pensato, ma un quartiere dove all’area residenziale che ora rappresenta il 20% del progetto si affiancheranno terreni agricoli e spazi verdi.