Qualche giorno fa è circolata in rete una notizia curiosa e intrigante, in particolare modo per un videogiocatore. La potete facilmente rintracciare digitando, su un qualsiasi motore di ricerca, il misterioso nome di “Techtopia” e quello decisamente più conosciuto di Paypal, leader nella gestione dei nostri soldi (cioè, non è proprio così ma ci avviciniamo). Anche a una prima occhiata, e invitiamo a leggere la news prima di proseguire nella lettura (potete farlo qui), balzano agli occhi le analogie con uno degli universi videoludici più famosi, contestualizzato proprio in mezzo al mare: come in BioShock abbiamo un ricco magnate con velleità filantropiche, il patron di Paypal Peter Thiel, deciso a creare fuori dal controllo delle nazioni una serie di comunità autonome, con il valore di “stato alternativo”, dove i cittadini possano dar sfogo alle proprie caratteristiche senza preoccuparsi di leggi e diktat morali. Collocate in acque internazionali, proprio come l'italianissima Isola delle Rose (una piattaforma artificiale dichiaratasi stato indipendente nel 1968, al largo del mar Adriatico, demolita dalle autorità italiane pochi mesi dopo), le strutture di Techtopia sono tutt'ora in sede di progettazione ma possono contare sul continuo approvvigionamento di fondi, a dimostrazione che le intenzioni di Thiel sono assolutamente serie. Ecco... magari, rispetto al gioco di Irrational, manca il fascino dell'ambiente sottomarino, tanto da far assomigliare le isole di Paypal più a una specie di Milano 2 oceanica, piuttosto che a Rapture; come pure non sarà facile trovare sul ciglio del mare una materia prima come l'Adam di BioShock, o come l'Elemento 99 di Singularity. Inoltre, gli abitanti di Techtopia non verranno scelti su base intellettuale - come gli ospiti di Andrew Ryan - e anche per questo immaginiamo derive anarcoidi simili a quelle di Rapture, ma rette, invece che dai Plasmidi, da polveri bianche largamente diffuse fra i potenziali acquirenti, che non danno super-poteri ma possono illudere i consumatori di averli...


Visto che la costruzione di comunità utopiche è un sogno più volte tornato nella storia dell'umanità, sulla linea appena tracciata si potrebbe proseguire narrando dei diversi esperimenti realizzati ma non sopravvissuti alla prova del tempo (e altri riferimenti nelle trame dei videogiochi, ad esempio nel misconosciuto You Are Empty). Proprio in questi giorni, però, molti di noi hanno cervello e mani impegnate nelle metropoli terrestri del 2027, ed è quindi più interessante spostarci in un altro spazio di contatto fra fantascienza videoludica e realtà, dove regnano cyber-innesti in odor di Deus Ex. La stessa Eidos, come abbiamo riportato qui, ha diffuso qualche giorno fa una sorta di documentario, che mette in relazione le tecnologie viste nella serie per potenziare sensi e arti degli esseri umani e i notevoli sviluppi compiuti dalla scienza nella stessa direzione. Ora, a parte i casi citati nel video, con protesi avveniristiche filmate dall'occhio meccanico di Rob Spence (una specie di “cyborg mediatico”, con una telecamera oculare collegata a un ricevente esterno), probabilmente è noto a molti di voi l'esempio del sudafricano Pistorious, che lo scorso mese ha conquistato con la sua squadra la finale della staffetta 4x400 ai Mondiali di Daegu, primo atleta con gambe artificiali a riuscire in una simile impresa. Inizialmente, prima del via libera arrivato nel 2008, le autorità sportive avevano negato a Pistorius la possibilità di competere al di fuori delle manifestazioni specifiche, come le Paralimpiadi, motivando il diniego con il fatto che gli arti meccanici gli avrebbero fornito un 30% in più di vantaggio “meccanico”. Tuttavia, in seguito è stato affermato il contrario, ovvero che non esiste una dimostrazione empirica di un simile beneficio sportivo. In qualche modo, la prima sentenza ha sollevato una questione con cui, negli anni a venire, ci confronteremo ancora.
I teorici più radicali considerano qualsiasi contributo artificiale al corpo umano, da un monocolo del 1800 alla tuta di un nuotatore moderno (i modelli più avanzati, di fatto, sono stati proibiti), come il segno dell'incontrovertibile evoluzione verso la forma del cyborg, cominciata tanto tempo fa e arrivata oggi a un punto di svolta. In questo senso, le protesi più avanzate, come videocamere collegate al nervo ottico e arti dotati di IA, in futuro potrebbero andare al di là del loro attuale impiego, e diventare una scelta consapevole per spingere le prestazioni umane ancora più lontano (pensate a lenti a contatto dotate di HUD, oppure a esoscheletri meccanici per aiutare la mano del chirurgo). E non è da escludere che simili invenzioni siano messe in relazione - a tempo debito - con le tecnologie basate sugli impulsi celebrali, come Emotiv Systems, nominate in più occasioni anche in ambito videoludico come sistemi di controllo alternativo: questi strumenti, sotto forma di caschetto simil-Strange Days, oggi sono pensati per supportare diverse forme di handicap, con la possibilità di impartire comandi a computer e veicoli per la deambulazione. Ulteriori progressi in questo campo, però, potrebbero portare ad applicazioni ancora più avanzate, sostituendo nell'ambito delle protesi i collegamenti diretti fra nervi e biosensori, in un'ardita rete Wi-Fi che unisca il puro pensiero alle funzioni di una macchina.


Al di là di queste suggestioni, così vicine da poter essere toccate con mano, il rapporto fra realtà e finzione può risultare molto più sfuggente. In diverse occasioni, creativi e scienziati sono stati abbastanza lungimiranti da prevedere la sostanza dei cambiamenti tecnologici, ma non l'esatta forma dell'evoluzione. Ad esempio, gli autori della fantascienza anni '60 e '70 immaginavano per i robot un destino che, in diversi ambiti, è invece toccato ai videogiochi e alle rappresentazioni digitali in genere. Una trasmissione televisiva con un finto Presidente, come quella inscenata nel romanzo I Simulacri di P.K. Dick, probabilmente oggi si affiderebbe a una convincente riproduzione in computer grafica, e non a un complesso androide con le fattezze del Premier, come avviene nel libro. Allo stesso modo, nel 1973 il visionario regista-scrittore Michael Crichton ha rappresentato in un film, Il Mondo dei Robot, un parco divertimenti animatronico, strutturato - con il senno di poi - sulle funzioni oggi proprie di un'esperienza interattiva. All'interno di ricostruzioni del Vecchio West, della Roma Imperiale e del Medioevo cavalleresco, esseri artificiali fornivano sfida e avventura ai ricchi visitatori, fino alla rivolta delle complesse IA di Delos (questo il nome dell'attrazione) con conseguente carneficina di turisti. A parte il sibillino finale della pellicola, è facile trovare analogie tra questi androidi, costruiti per lo svago umano, e gli NPC dei videogame: proprio come i robot dalle fattezze antropomorfi, i personaggi dei videogiochi possono sfruttare complesse simulazioni della biomeccanica (ad esempio, nei giochi retti dalle animazioni dell'Euphoria Engine, come Red Dead Redemption e lo sportivo Backbreaker Vengeance), oppure servirsi di IA che imitano le abitudine umane, magari a livello di comportamento sociale.
Com'è successo con le speculazioni sci-fi appena menzionate, dunque, le tematiche trattate nei videogame possono contenere intuizioni notevoli, tuttavia non troppo facili da decifrare una volta trasposte nella realtà dei progressi umani. Nella prossima puntata, in particolare, indagheremo il rapporto tra i videogame bellici (o fanta-bellici) e le tecnologie militari degli ultimi decenni, per scoprire quanto le 3 Leggi di Asimov si siano dimostrate ottimistiche rispetto alle inibizioni etiche di un robot del futuro...


Mario "II Variety" Baccigalupi