In una recente intervista per CNN, il game designer e docente universitario Jesse Schell parla di come i giochi stiano lentamente facendosi strada nella nostra vita di tutti i giorni, in forme e modi diversi dal solito. Qualche esempio? I punti che si accumulano da Starbucks, con tanto di "leveling" del proprio personaggio che fa sì che più punti si accumulino più si salga di livello, da verde a oro, che porta con sé "perk" speciali come il latte di soia gratis. Ancora, l'applicazione Foursquare per GPS che tiene traccia dei posti che si visitano, e chi visita un luogo più di chiunque altro ne diventa il "sindaco".
Schell definisce questo scenario "Gamepocalypse", il momento in cui ogni momento della nostra vita diventa un gioco. Esiste un prodotto, chiamato Green Goose, da applicare alla bicicletta che tiene conto dei chilometri percorsi, e che offre ricompense in base alla benzina risparmiata. E tutti i dispositivi di tracciamento e di rilevamento, dalle webcam ai localizzatori GPS diventano sempre più economici e possono essere integrati praticamente ovunque.
"Chiunque venda un prodotto vorrà creare un motivo per spingere gli utenti a usarlo", dice Schell. "E sostanzialmente ne farà giochi, perché i giochi si basano su sistemi con ricompense che ci spingono a fare cose". C'è uno spazzolino di Oral-B che ogni trenta secondi emette un "beep", per dire allo "spazzolatore" che è ora di passare a un'altra zona della bocca. Una volta puliti tutti e quattro gli angoli della bocca viene emesso un beep speciale e compare una faccina sorridente. Se non lo si fa, compare una faccina triste, che indica una pulizia non corretta dei denti. E gli esempi potrebbero continuare.
"Un gioco offre sfide che possono essere affrontate, e si congratula con te quando riesci a superarle con successo. Una cosa che non avviene sempre nella vita di tutti i giorni", afferma Schell, che conclude dicendo che "I giochi come motore della nostra vita potrebbero diventare per il ventunesimo secolo quello che la pubblicità è stata per il ventesimo".
Quasi contemporaneamente è uscita un'intervista a David Helgason, CEO di Unity, una software house che si occupa di sviluppo di strumenti web per giochi in Flash, e nella quale si parla ancora di "gamification", "giochizzazione", un concetto analogo al precedente, nel quale la tecnologia e i principi di sviluppo dei videogame vengono applicati in ambiti diversi da quelli prettamente ludici: i militari che sfruttano teorie di game design per i propri programmi di addestramento. E non parlo di tecnologia, che usano da anni, ma proprio di sfruttamento consapevole delle dinamiche di premio e frustrazione, che i giocatori già ben conoscono.
Ancora, c'è chi sta utilizzando il game design per sviluppare software per il pagamento delle tasse. "Dev'essere uno degli ambiti più noiosi del mondo, ma il punto è proprio quello. Si può rendere un po' più stimolante la cosa e dare alla gente qualche motivazione in più per giocare con questi strumenti", dice Helgason.
Come giudicate le conclusioni di questi due articoli? Concordate con quel che dicono? E che ne pensate di questa tendenza? Un ulteriore - non grave, ma comunque degno di nota - segnale che la popolazione adulta è sempre più composta da bambini che non vogliono crescere e pretendono solo di continuare a giocare? E ancora? Se tutto diventa un gioco (video o meno), non si andrà perdendo il gusto e il piacere di (video)giocare? I videogame non rischiano di perdere uno dei loro elementi chiave, quello di permetterci di fuggire per un po' da una realtà che - almeno fino a oggi - ben poco ha di ludico?