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  1. #51
    Shogun Assoluto L'avatar di NoNickName
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    Predefinito Riferimento: La Giustizia uguale per tutti

    tre anni (non scontati se è il primo reato o magari perfino il secondo) sono più che giusti per la rottura volontaria di un setto nasale

    è l'omicidio preterintenzionale che è una barzelletta che non fa ridere

  2. #52
    PinHead81
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    Boh, pure per me un setto nasale rotto volontariamente non vale tre anni.

  3. #53
    La Borga L'avatar di Il Nero
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    Ribadisco l'ematoma cerebrale.

  4. #54
    NetmanXP
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    Citazione Originariamente Scritto da Moloch Visualizza Messaggio
    a che casi ti riferisci?
    Ricordo quel caso del gioielliere che dopo l'ennesima rapina senza poter fare una mazza ha imbracciato il fucile e ha sparato ai rapinatori, anche fuori dal proprio negozio; ci fu un bel casino quando arrestarono il negoziante, pare che la gente fosse stufa e Castelli intervenne personalmente dicendo che di lì a poco avrebbero modificato la legge sulla legittima difesa; se ne parlò per un pò nei giornali, anche quì dentro dove c'erano quelli che accusavano la destra di aver creato il far west e quelli che dicevano che era pure poco (TV, famiglia amici ecc ecc).

    Ecco quello era un esempio di legge fatta cavalcando l'onda del malcontento

  5. #55
    Chiwaz
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    Citazione Originariamente Scritto da NetmanXP Visualizza Messaggio
    Ricordo quel caso del gioielliere che dopo l'ennesima rapina senza poter fare una mazza ha imbracciato il fucile e ha sparato ai rapinatori, anche fuori dal proprio negozio; ci fu un bel casino quando arrestarono il negoziante, pare che la gente fosse stufa e Castelli intervenne personalmente dicendo che di lì a poco avrebbero modificato la legge sulla legittima difesa; se ne parlò per un pò nei giornali, anche quì dentro dove c'erano quelli che accusavano la destra di aver creato il far west e quelli che dicevano che era pure poco (TV, famiglia amici ecc ecc).

    Ecco quello era un esempio di legge fatta cavalcando l'onda del malcontento
    E ovviamente il Far West tanto paventato non c'è mai stato.

  6. #56
    Moloch
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    Predefinito Riferimento: La Giustizia uguale per tutti

    Citazione Originariamente Scritto da NetmanXP Visualizza Messaggio
    Ricordo quel caso del gioielliere che dopo l'ennesima rapina senza poter fare una mazza ha imbracciato il fucile e ha sparato ai rapinatori, anche fuori dal proprio negozio; ci fu un bel casino quando arrestarono il negoziante, pare che la gente fosse stufa e Castelli intervenne personalmente dicendo che di lì a poco avrebbero modificato la legge sulla legittima difesa; se ne parlò per un pò nei giornali, anche quì dentro dove c'erano quelli che accusavano la destra di aver creato il far west e quelli che dicevano che era pure poco (TV, famiglia amici ecc ecc).

    Ecco quello era un esempio di legge fatta cavalcando l'onda del malcontento
    invece trovo molto soddisfacente come la legge è stata modificata
    se poi è servito il malcontento popolare perché questa venisse revisionata, tanto meglio

  7. #57
    Trickster
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  8. #58
    Il Nonno L'avatar di Asphalto
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    Per casi simili io vorrei dessero l'ergastolo. Secondo me sparare in faccia ad una persona é meno grave che ridurla in fin di vita a calci e pugni.

  9. #59
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    anch io sono daccordo che la giustizia in italia vada riformata. le cause civili hanno una durata scandalosa e la risoluzione è tutt altro che certa, visto che a seconda del giudice può variare e di molto la sentenza. tuttavia non mi sento di affidare un compito così importante e che potrebbe rivoluzionare e cambiare il paese a berlusconi e i suoi, non perchè è stronzio o perchè mi sta antipatico, semplicemente perchè non sarebbe neutrale

    E' stato condannato a 16 anni di carcere per omicidio volontario aggravato dai futili motivi

    questi 16 anni diventeranno 10. comunque, non voglio difendere l assassino ci mancherebbe, io gli avrei dato l ergastolo, solo che "futili motivi" la morte del cane? veganfag mode

  10. #60
    La Borga L'avatar di Firestorm
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    si ma l'ergastolo senza possibilità di riduzione di pena una persona che prende a calci fino alla morte dopo che questo ha investito un cane e si è fermato per vedere se poteva pure soccorrerlo merita solo l'ergastolo non è recuperabile...

  11. #61
    Il Nonno L'avatar di Muccolo
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    Predefinito Riferimento: La Giustizia uguale per tutti

    vi va proprio di farvi la vita amara eh, toh allora beccatevi sta mattonata nei testicoli, oltre che fallata da leggi ignobili e magistrati peggio, a monte c'e' pure uno svolgimento delle indagini senza manco rispettare le minime norme contro l'inquinamento delle prove, nonche' la demenziale figura del "PERITO" neggla giustizia italiana.
    c'e' da accapponare la pelle da come i periti siano selezionati, gestiti e retribuiti.

    vogliamo farci del male? effacciamoci del male allora:

    Spoiler:
    E il giudice si tolse la toga
    "Non sopportavo più
    l’idiozia di troppi colleghi"

    di Stefano Lorenzetto

    Per 42 anni al servizio dello Stato, 80mila sentenze e mai un giorno d’assenza. Sei volte davanti al Csm per le critiche alla corporazione: "Sempre prosciolto"

    Magistrati, alzatevi! Stavolta gli imputati siete voi e a processarvi è un vostro collega, il giudice Edoardo Mori. Che un anno fa, come in questi giorni, decise di strapparsi di dosso la toga, disgustato dall’impreparazione e dalla faziosità regnanti nei palazzi di giustizia. «Sarei potuto rimanere fino al 2014, ma non ce la facevo più a reggere l’idiozia delle nuove leve che sui giornali e nei tiggì incarnano il volto della magistratura. Meglio la pensione».
    Per 42 anni il giudice Mori ha servito lo Stato tutti i santi i giorni, mai un’assenza, a parte la settimana in cui il figlioletto Daniele gli attaccò il morbillo; prima per otto anni pretore a Chiavenna, in Valtellina, e poi dal 1977 giudice istruttore, giudice per le indagini preliminari, giudice fallimentare (il più rapido d’Italia, attesta il ministero della Giustizia), nonché presidente del Tribunale della libertà, a Bolzano, dov’è stato protagonista dei processi contro i terroristi sudtirolesi, ha giudicato efferati serial killer come Marco Bergamo (cinque prostitute sgozzate a coltellate), s’è occupato d’ogni aspetto giurisprudenziale a esclusione solo del diritto di famiglia e del lavoro. Con un’imparzialità e una competenza che gli vengono riconosciute persino dai suoi nemici. Ovviamente se n’è fatti parecchi, esattamente come suo padre Giovanni, che da podestà di Zeri, in Lunigiana, nel 1939 mandò a farsi friggere Benito Mussolini, divenne antifascista e ospitò per sei mesi in casa propria i soldati inglesi venuti a liberare l’Italia.
    Mori confessa d’aver tirato un sospirone di sollievo il giorno in cui s’è dimesso: «Il sistema di polizia, il trattamento dell’imputato e il rapporto fra pubblici ministeri e giudice sono ancora fermi al 1930. Le forze dell’ordine considerano delinquenti tutti gli indagati, i cittadini sono trattati alla stregua di pezze da piedi, spesso gli interrogatori degenerano in violenza. Il Pm gioca a fare il commissario e non si preoccupa di garantire i diritti dell’inquisito. E il Gip pensa che sia suo dovere sostenere l’azione del Pm».
    Da sempre studioso di criminologia e scienze forensi, il dottor Mori è probabilmente uno dei rari magistrati che già prima di arrivare all’università si erano sciroppati il Trattato di polizia scientifica di Salvatore Ottoleghi (1910) e il Manuale del giudice istruttore di Hans Gross (190. Le poche lire di paghetta le investiva in esperimenti su come evidenziare le impronte digitali utilizzando i vapori di iodio. Non c’è attività d’indagine (sopralluoghi, interrogatori, perizie, autopsie, Dna, rilievi dattiloscopici, balistica) che sfugga alle conoscenze scientifiche dell’ex giudice, autore di una miriade di pubblicazioni, fra cui il Dizionario multilingue delle armi, il Codice delle armi e degli esplosivi e il Dizionario dei termini giuridici e dei brocardi latini che vengono consultati da polizia, carabinieri e avvocati come se fossero tre dei 73 libri della Bibbia.
    Nato a Milano nel 1940, nel corso della sua lunga carriera Mori ha firmato almeno 80.000 fra sentenze e provvedimenti, avendo la soddisfazione di vederne riformati nei successivi gradi di giudizio non più del 5 per cento, un’inezia rispetto alla media, per cui gli si potrebbe ben adattare la frase latina che Sant’Agostino nei suoi Sermones riferiva alle questioni sottoposte al vaglio della curia romana o dello stesso pontefice: «Roma locuta, causa finita». Il dato statistico può essere riportato solo perché Mori è uno dei pochi, o forse l’unico in Italia, che ha sempre avuto la tigna di controllare periodicamente com’erano andati a finire i casi passati per le sue mani: «Di norma ai giudici non viene neppure comunicato se le loro sentenze sono state confermate o meno. Un giudice può sbagliare per tutta la vita e nessuno gli dice nulla. La corporazione è stata di un’abilità diabolica nel suddividere le eventuali colpe in tre gradi di giudizio. Risultato: deresponsabilizzazione totale. Il giudice di primo grado non si sente sicuro? Fa niente, condanna lo stesso, tanto - ragiona - provvederà semmai il collega in secondo grado a metterci una pezza. In effetti i giudici d’appello un tempo erano eccellenti per prudenza e preparazione, proprio perché dovevano porre rimedio alle bischerate commesse in primo grado dai magistrati inesperti. Ma oggi basta aver compiuto 40 anni per essere assegnati alla Corte d’appello. Non parliamo della Cassazione: leggo sentenze scritte da analfabeti».
    Soprattutto, se il giudice sbaglia, non paga mai. «La categoria s’è autoapplicata la regola che viene attribuita all’imputato Stefano Ricucci: “È facile fare il frocio col sedere degli altri”. Le risulta che il Consiglio superiore della magistratura abbia mai condannato i giudici che distrussero Enzo Tortora? E non parliamo delle centinaia di casi, sconosciuti ai più, conclusi per l’inadeguatezza delle toghe con un errore giudiziario mai riparato: un innocente condannato o un colpevole assolto. In compenso il Csm è sempre solerte a bastonare chi si arrischia a denunciare le manchevolezze delle Procure».
    Il dottor Mori parla con cognizione di causa: ha dovuto subire ben sei provvedimenti disciplinari e tutti per aver criticato l’operato di colleghi arruffoni e incapaci. «Dopo aver letto una relazione scritta per un pubblico ministero pugliese, con la quale il perito avrebbe fatto condannare un innocente sulla base di rivoltanti castronerie, mi permisi di scrivere al procuratore capo, avvertendolo che quel consulente stava per esporlo a una gran brutta figura. Ebbene, l’emerita testa mi segnalò per un procedimento disciplinare con l’accusa d’aver “cercato di influenzarlo” e un’altra emerita testa mi rinviò a giudizio. Ogni volta che ho segnalato mostruosità tecniche contenute nelle sentenze, mi sono dovuto poi giustificare di fronte al Csm. E ogni volta l’organo di autogoverno della magistratura è stato costretto a prosciogliermi. Forse mi ha inflitto una censura solo nel sesto caso, per aver offuscato l’immagine della giustizia segnalando che un incolpevole cittadino era stato condannato a Napoli. Ma non potrei essere più preciso al riguardo, perché, quando m’è arrivata l’ultima raccomandata dal Palazzo dei Marescialli, l’ho stracciata senza neppure aprirla. Delle decisioni dei supremi colleghi non me ne fregava più nulla».
    Perché ha fatto il magistrato?
    «Per laurearmi in fretta, visto che in casa non c’era da scialare. Fin da bambino me la cavavo un po’ in tutto, perciò mi sarei potuto dedicare a qualsiasi altra cosa: chimica, scienze naturali e forestali, matematica, lingue antiche. Già da pretore mi documentavo sui testi forensi tedeschi e statunitensi e applicavo regole che nessuno capiva. Be’, no, a dire il vero uno che le capiva c’era: Giovanni Falcone».
    Il magistrato trucidato con la moglie e la scorta a Capaci.
    «Mi portò al Csm a parlare di armi e balistica. Ma poi non fui più richiamato perché osai spiegare che molti dei periti che i tribunali usavano come oracoli non erano altro che ciarlatani. Ciononostante questi asini hanno continuato a istruire i giovani magistrati e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Ma guai a parlar male dei periti ai Pm: ti spianano. Pensi che uno di loro, utilizzato anche da un’università romana, è riuscito a trovare in un residuo di sparo tracce di promezio, elemento chimico non noto in natura, individuato solo al di fuori del sistema solare e prodotto in laboratorio per decadimento atomico in non più di 10 grammi».
    Per quale motivo i pubblici ministeri scambiano i periti per oracoli?
    «Ma è evidente! Perché i periti offrono ai Pm le risposte desiderate, gli forniscono le pezze d’appoggio per confermare le loro tesi preconcette. I Pm non tollerano un perito critico, lo vogliono disponibile a sostenere l’accusa a occhi chiusi. E siccome i periti sanno che per lavorare devono far contenti i Pm, si adeguano».
    Ci sarà ben un organo che vigila sull’operato dei periti.
    «Nient’affatto, in Italia manca totalmente un sistema di controllo. Quando entrai in magistratura, nel 1968, era in auge un perito che disponeva di un’unica referenza: aver recuperato un microscopio abbandonato dai nazisti in fuga durante la seconda guerra mondiale. Per ottenere l’inserimento nell’albo dei periti presso il tribunale basta essere iscritti a un ordine professionale. Per chi non ha titoli c’è sempre la possibilità di diventare perito estimatore, manco fossimo al Monte di pietà. Ci sono marescialli della Guardia di finanza che, una volta in pensione, ottengono dalla Camera di commercio il titolo di periti fiscali e con quello vanno a far danni nelle aule di giustizia».
    Sono sconcertato.
    «Anche lei può diventare perito: deve solo trovare un amico giudice che la nomini. I tribunali rigurgitano di tuttologi, i quali si vantano di potersi esprimere su qualsiasi materia, dalla grafologia alla dattiloscopia. Spesso non hanno neppure una laurea. Nel mondo anglosassone vi è una tale preoccupazione per la salvaguardia dei diritti dell’imputato che, se in un processo si scopre che un perito ha commesso un errore, scatta il controllo d’ufficio su tutte le sue perizie precedenti, fino a procedere all’eventuale revisione dei processi. In Italia periti che hanno preso cantonate clamorose continuano a essere chiamati da Pm recidivi e imperterriti, come se nulla fosse accaduto».
    Può fare qualche caso concreto?
    «Negli accertamenti sull’attentato a Falcone vennero ricostruiti in un poligono di tiro - con costi miliardari, parlo di lire - i 300 metri dell’autostrada di Capaci fatta saltare in aria da Cosa nostra, per scoprire ciò che un esperto già avrebbe potuto dire a vista con buona approssimazione e cioè il quantitativo di esplosivo usato. È chiaro che ai fini processuali poco importava che fossero 500 o 1.000 chili. Molto più interessante sarebbe stato individuare il tipo di esplosivo. Dopo aver costruito il tratto sperimentale di autostrada, ci si accorse che un manufatto recente aveva un comportamento del tutto diverso rispetto a un manufatto costruito oltre vent’anni prima. Conclusione: quattrini gettati al vento. Nel caso dell’aereo Itavia, inabissatosi vicino a Ustica nel 1980, gli esami chimici volti a ricercare tracce di esplosivi su reperti ripescati a una profondità di circa 3.500 metri vennero affidati a chimici dell’Università di Napoli, i quali in udienza dichiararono che tali analisi esulavano dalle loro competenze. Però in precedenza avevano riferito di aver trovato tracce di T4 e di Tnt in un sedile dell’aereo e questa perizia ebbe a influenzare tutte le successive pasticciate indagini, orientate a dimostrare che su quel volo era scoppiata una bomba. Vuole un altro esempio di imbecillità esplosiva?».
    Prego. Sono rassegnato a tutto.
    «Per anni fior di magistrati hanno cercato di farci credere che il plastico impiegato nei più sanguinosi attentati attribuiti all’estrema destra, dal treno Italicus nel 1974 al rapido 904 nel 1984, era stato recuperato dal lago di Garda, precisamente da un’isoletta, Trimelone, davanti al litorale fra Malcesine e Torri del Benaco, militarizzata fin dal 1909 e adibita a santabarbara dai nazisti. Al processo per la strage di Bologna l’accusa finì nel ridicolo perché nessuno dei periti s’avvide che uno degli esplosivi, asseritamente contenuti nella valigia che provocò l’esplosione e che pareva fosse stato ripescato nel Benaco dai terroristi, era in realtà contenuto solo nei razzi del bazooka M20 da 88 millimetri di fabbricazione statunitense, entrato in servizio nel 1948. Un po’ dura dimostrare che lo avessero già i tedeschi nel 1945».
    Ormai non ci si può più fidare neppure dell’esame del Dna, basti vedere la magra figura rimediata dagli inquirenti nel processo d’appello di Perugia per l’omicidio di Meredith Kercher.
    «Si dice che questo esame presenti una probabilità d’errore su un miliardo. Falso. Da una ricerca svolta su un database dell’Arizona, contenente 65.000 campioni di Dna, sono saltate fuori ben 143 corrispondenze. Comunque era sufficiente vedere i filmati in cui uno degli investigatori sventolava trionfante il reggiseno della povera vittima per capire che sulla scena del delitto era intervenuta la famigerata squadra distruzione prove. A dimostrazione delle cautele usate, il poliziotto indossava i guanti di lattice. Restai sbigottito vedendo la scena al telegiornale. I guanti servono per non contaminare l’ambiente col Dna dell’operatore, ma non per manipolare una possibile prova, perché dopo due secondi che si usano sono già inquinati. Bisogna invece raccogliere ciascun reperto con una pinzetta sterile e monouso. I guanti non fanno altro che trasportare Dna presenti nell’ambiente dal primo reperto manipolato ai reperti successivi. E infatti adesso salta fuori che sul gancetto del reggipetto c’era il Dna anche della dottoressa Carla Vecchiotti, una delle perite che avrebbero dovuto isolare con certezza le eventuali impronte genetiche di Raffaele Sollecito e Amanda Knox. Non è andata meglio a Cogne».
    Cioè?
    «In altri tempi l’indagine sulla tragica fine del piccolo Samuele Lorenzi sarebbe stata chiusa in mezza giornata. Gli infiniti sopralluoghi hanno solo dimostrato che quelli precedenti non erano stati esaustivi. Il sopralluogo è un passaggio delicatissimo, che non consente errori. Gli accessi alla scena del delitto devono essere ripetuti il meno possibile perché ogni volta che una persona entra in un ambiente introduce qualche cosa e porta via altre cose. Ma il colmo dell’ignominia è stato toccato nel caso Marta Russo».
    Si riferisce alle prove balistiche sul proiettile che uccise la studentessa nel cortile dell’Università La Sapienza di Roma?
    «E non solo. S’è preteso di ricostruire la traiettoria della pallottola avendo a disposizione soltanto il foro d’ingresso del proiettile su un cranio che era in movimento e che quindi poteva rivolgersi in infinite direzioni. In tempi meno bui, sui libri di geometria del ginnasio non si studiava che per un punto passano infinite rette? Dopodiché sono andati a grattare il davanzale da cui sarebbe partito il colpo e hanno annunciato trionfanti: residui di polvere da sparo, ecco la prova! Peccato che si trattasse invece di una particella di ferodo per freni, di cui l’aria della capitale pullula a causa del traffico. La segretaria Gabriella Alletto è stata interrogata 13 volte con metodi polizieschi per farle confessare d’aver visto in quell’aula gli assistenti Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro. Uno che si comporta così, se non è un pubblico ministero, viene indagato per violenza privata. Un Pm non può usare tecniche da commissario di pubblica sicurezza, anche se era il metodo usato da Antonio Di Pietro, che infatti è un ex poliziotto».
    Un sistema che ha fatto scuola.
    «La galera come mezzo di pressione sui sospettati per estorcere confessioni. Le manette sono diventate un moderno strumento di tortura per acquisire prove che mancano e per costringere a parlare chi, per legge, avrebbe invece diritto a tacere».
    Che cosa pensa delle intercettazioni telefoniche che finiscono sui giornali?
    «Non serve una nuova legge per vietare la barbarie della loro indebita pubblicazione. Quella esistente è perfetta, perché ordina ai Pm di scremare le intercettazioni utili all’indagine e di distruggere le altre. Tutto ciò che non riguarda l’indagato va coperto da omissis in fase di trascrizione. Nessuno lo fa: troppa fatica. Ci vorrebbe una sanzione penale per i Pm. Ma cane non mangia cane, almeno in Italia. In Germania, invece, esiste uno specifico reato. Rechtsverdrehung, si chiama. È lo stravolgimento del diritto da parte del giudice».
    Come mai la giustizia s’è ridotta così?
    «Perché, anziché cercare la prova logica, preferisce le tesi fantasiose, precostituite. Le statistiche dimostrano invece che nella quasi totalità dei casi un delitto è banale e che è assurdo andare in cerca di soluzioni da romanzo giallo. Lei ricorderà senz’altro il rasoio di Occam, dal nome del filosofo medievale Guglielmo di Occam».
    In un ragionamento tagliare tutto ciò che è inutile.
    «Appunto. Le regole logiche da allora non sono cambiate. Non vi è alcun motivo per complicare ciò che è semplice. Il “cui prodest?” è risolutivo nel 50 per cento dei delitti. Chi aveva interesse a uccidere? O è stato il marito, o è stata la moglie, o è stato l’amante, o è stato il maggiordomo, vedi assassinio dell’Olgiata, confessato dopo 20 anni dal cameriere filippino Manuel Winston. Poi servono i riscontri, ovvio. In molti casi la risposta più banale è che proprio non si può sapere chi sia l’autore di un crimine. Quindi è insensato volerlo trovare per forza schiaffando in prigione i sospettati».
    Ma perché si commettono tanti errori nelle indagini?
    «I giudici si affidano ai laboratori istituzionali e ne accettano in modo acritico i responsi. Nei rari casi in cui l’indagato può pagarsi un avvocato e un buon perito, l’esperienza dimostra che l’accertamento iniziale era sbagliato. I medici i loro errori li nascondono sottoterra, i giudici in galera. Paradigmatico resta il caso di Ettore Grandi, diplomatico in Thailandia, accusato nel 1938 d’aver ucciso la moglie che invece si era suicidata. Venne assolto nel 1951 dopo anni di galera e ben 18 perizie medico-legali inconcludenti».
    E si ritorna alla conclamata inettitudine dei periti.
    «L’indagato innocente avrebbe più vantaggi dall’essere giudicato in base al lancio di una monetina che in base a delle perizie. E le risparmio l’aneddotica sulla voracità dei periti».
    No, no, non mi risparmi nulla.
    «Vengono pagati per ogni singolo elemento esaminato. Ho visto un colonnello, incaricato di dire se 5.000 cartucce nuove fossero ancora utilizzabili dopo essere rimaste in un ambiente umido, considerare ognuna delle munizioni un reperto e chiedere 7.000 euro di compenso, che il Pm gli ha liquidato: non poteva spararne un caricatore? Ho visto un perito incaricato di accertare se mezzo container di kalashnikov nuovi, ancora imballati nella scatola di fabbrica, fossero proprio kalashnikov. I 700-800 fucili mitragliatori sono stati computati come altrettanti reperti. Parcella da centinaia di migliaia di euro. Per fortuna è stata bloccata prima del pagamento».
    In che modo se ne esce?
    «Nel Regno Unito vi è il Forensic sciences service, soggetto a controllo parlamentare, che raccoglie i maggiori esperti in ogni settore e fornisce inoltre assistenza scientifica a oltre 60 Stati esteri. Rivolgiamoci a quello. Dispone di sette laboratori e impiega 2.500 persone, 1.600 delle quali sono scienziati di riconosciuta autorità a livello mondiale».
    E per le altre magagne?
    «In Italia non esiste un testo che insegni come si conduce un interrogatorio. La regola fondamentale è che chi interroga non ponga mai domande che anticipino le risposte o che lascino intendere ciò che è noto al pubblico ministero o che forniscano all’arrestato dettagli sulle indagini. Guai se il magistrato fa una domanda lunga a cui l’inquisito deve rispondere con un sì o con un no. Una palese violazione di questa regola elementare s’è vista nel caso del delitto di Avetrana. Il primo interrogatorio di Michele Misseri non ha consentito di accertare un fico secco perché il Pm parlava molto più dello zio di Sarah Scazzi: bastava ascoltare gli scampoli di conversazione incredibilmente messi in onda dai telegiornali. Ci sarebbe molto da dire anche sulle autopsie».
    Ci provi.
    «È ormai routine leggere che dopo un’autopsia ne viene disposta una seconda, e poi una terza, quando non si riesumano addirittura le salme sepolte da anni. Ciò dimostra solamente che il primo medico legale non era all’altezza. Io andavo di persona ad assistere agli esami autoptici, spesso ho dovuto tenere ferma la testa del morto mentre l’anatomopatologo eseguiva la craniotomia. Oggi ci sono Pm che non hanno mai visto un cadavere in vita loro».
    Ma in mezzo a questo mare di fanghiglia, lei com’è riuscito a fare il giudice per 42 anni, scusi?
    «Mi consideri un pentito. E un corresponsabile. Anch’io ho abusato della carcerazione preventiva, ma l’ho fatto, se mai può essere un’attenuante, solo con i pregiudicati, mai con un cittadino perbene che rischiava di essere rovinato per sempre. Mi autoassolvo perché ho sempre lavorato per quattro. Almeno questo, tutti hanno dovuto riconoscerlo».
    Non è stato roso dal dubbio d’aver condannato un innocente?
    «Una volta sì. Mi ero convinto che un impiegato delle Poste avesse fatto da basista in una rapina. Mi fidai troppo degli investigatori e lo tenni dentro per quattro-cinque mesi. Fu prosciolto dal tribunale».
    Gli chiese scusa?
    «Non lo rividi più, sennò l’avrei fatto. Lo faccio adesso. Ma forse è già morto».
    Intervistato sul Corriere della Sera da Indro Montanelli nel 1959, il giorno dopo essere andato in pensione, il presidente della Corte d’appello di Milano, Manlio Borrelli, padre dell’ex procuratore di Mani pulite, osservò che «in uno Stato bene ordinato, un giudice dovrebbe, in tutta la sua carriera e impegnandovi l’intera esistenza, studiare una causa sola e, dopo trenta o quarant’anni, concluderla con una dichiarazione d’incompetenza».
    «In Germania o in Francia non si parla mai di giustizia. Sa perché? Perché funziona bene. I magistrati sono oscuri funzionari dello Stato. Non fanno né gli eroi né gli agitatori di popolo. Nessuno conosce i loro nomi, nessuno li ha mai visti in faccia».
    Si dice che il giudice non dev’essere solo imparziale: deve anche apparirlo. Si farebbe processare da un suo collega che arriva in tribunale con Il Fatto Quotidiano sotto braccio? Cito questa testata perché di trovarne uno che legga Il Giornale non m’è mai capitato.
    «Ho smesso d’andare ai convegni di magistrati da quando, su 100 partecipanti, 80 si presentavano con La Repubblica e parlavano solo di politica. Tutti espertissimi di trame, nomine e carriere, tranne che di diritto».
    Quanti sono i giudici italiani dai quali si lascerebbe processare serenamente?
    «Non più del 20 per cento. Il che collima con le leggi sociologiche secondo cui gli incapaci rappresentano almeno l’80 per cento dell’umanità, come documenta Gianfranco Livraghi nel suo saggio Il potere della stupidità».
    Perché ha aspettato il collocamento a riposo per denunciare tutto questo?
    «A dire il vero l’ho sempre denunciato, fin dal 1970. Solo che potevo pubblicare i miei articoli unicamente sul mensile Diana Armi. Ha chiuso otto mesi fa».





  12. #62
    Suprema Borga Imperiale L'avatar di caesarx
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    Diffido di chi spala merda a chili sempre e comunque.
    Tante delle cose che dice però sono vere... anche io aborro l'istituzione delle perizie... sotto molti aspetti si stava meglio quando si stava peggio. Le care vecchie indagini funzionano spesso meglio degli abracadabra della polizia scientifica, per il semplice motivo che basta pagare per trovare una perizia di parte che ti dice esattamente il contrario di ciò che dice la tua parte avversa.


    La parte sugli interrogatori violenti mi fa sorridere.
    Ultima modifica di caesarx; 19-09-11 alle 08:54:22

  13. #63
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    Queste frasi andrebbero incorniciate.


    Come mai la giustizia s’è ridotta così?
    «Perché, anziché cercare la prova logica, preferisce le tesi fantasiose, precostituite. Le statistiche dimostrano invece che nella quasi totalità dei casi un delitto è banale e che è assurdo andare in cerca di soluzioni da romanzo giallo. Lei ricorderà senz’altro il rasoio di Occam, dal nome del filosofo medievale Guglielmo di Occam».
    In un ragionamento tagliare tutto ciò che è inutile.
    «Appunto. Le regole logiche da allora non sono cambiate. Non vi è alcun motivo per complicare ciò che è semplice. Il “cui prodest?” è risolutivo nel 50 per cento dei delitti. Chi aveva interesse a uccidere? O è stato il marito, o è stata la moglie, o è stato l’amante, o è stato il maggiordomo, vedi assassinio dell’Olgiata, confessato dopo 20 anni dal cameriere filippino Manuel Winston. Poi servono i riscontri, ovvio. In molti casi la risposta più banale è che proprio non si può sapere chi sia l’autore di un crimine. Quindi è insensato volerlo trovare per forza schiaffando in prigione i sospettati».


    Però è anche vero che il tizio la fa un pelo semplice, dov'è il cui prodest nel delitto di Cogne? (ad esempio).

  14. #64
    Chiwaz
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    Niente, già postato da Muccolo

    Comunque, ogni tanto vedo un amico avvocato, e mi racconta cose che umani, bastioni, raggi beta eccetera.

  15. #65
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    Citazione Originariamente Scritto da caesarx Visualizza Messaggio
    Queste frasi andrebbero incorniciate.


    Come mai la giustizia s’è ridotta così?
    «Perché, anziché cercare la prova logica, preferisce le tesi fantasiose, precostituite. Le statistiche dimostrano invece che nella quasi totalità dei casi un delitto è banale e che è assurdo andare in cerca di soluzioni da romanzo giallo. Lei ricorderà senz’altro il rasoio di Occam, dal nome del filosofo medievale Guglielmo di Occam».
    In un ragionamento tagliare tutto ciò che è inutile.
    «Appunto. Le regole logiche da allora non sono cambiate. Non vi è alcun motivo per complicare ciò che è semplice. Il “cui prodest?” è risolutivo nel 50 per cento dei delitti. Chi aveva interesse a uccidere? O è stato il marito, o è stata la moglie, o è stato l’amante, o è stato il maggiordomo, vedi assassinio dell’Olgiata, confessato dopo 20 anni dal cameriere filippino Manuel Winston. Poi servono i riscontri, ovvio. In molti casi la risposta più banale è che proprio non si può sapere chi sia l’autore di un crimine. Quindi è insensato volerlo trovare per forza schiaffando in prigione i sospettati».


    Però è anche vero che il tizio la fa un pelo semplice, dov'è il cui prodest nel delitto di Cogne? (ad esempio).
    che la franzoni si lamentava sempre che il figlio c'aveva la testa troppo grossa, cui prodest ha cercato di porre rimedio con una piallata.

  16. #66
    alberace
    ospite

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    eccola la giustizia vera, quella che funziona: con mills corrotto, il processo al presidente del consiglio, oggi in tribunale, scade a febbraio-

  17. #67
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    Citazione Originariamente Scritto da alberace Visualizza Messaggio
    eccola la giustizia vera, quella che funziona: con mills corrotto, il processo al presidente del consiglio, oggi in tribunale, scade a febbraio-


    Non ho capito...


  18. #68
    ale#12
    ospite

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    Allora...

    i periti offrono ai Pm le risposte desiderate, gli forniscono le pezze d’appoggio per confermare le loro tesi preconcette. I Pm non tollerano un perito critico, lo vogliono disponibile a sostenere l’accusa a occhi chiusi. E siccome i periti sanno che per lavorare devono far contenti i Pm, si adeguano
    Questo è sicuramente vero, però nell'ottica dei diritti dell'imputato questo è, o più che altro dovrebbe essere, un problema relativo.
    Il consulente del pubblico ministero è il consulente del pubblico ministero, non un ausiliario del giudice, e viene interrogato e controinterrogato come un testimone qualsiasi. Se è un cialtrone, la difesa ha tutti i mezzi per demolirlo (capitato recentemente, condannati lo stesso, ma per altri motivi ).
    Il problema esiste -ed è un grossissimo problema- se è il giudice ad assimilare acriticamente le tesi dell'accusa, ma in questo caso il problema è il giudice, non il consulente.
    Si torna al discorso già fatto su quello che deve essere il ruolo del pubblico ministero...


    Poi mi sembra che metta sullo stesso piano due problemi completamente diversi: un conto sono gli errori nella conduzione delle indagini tecnico/scientifiche (il poliziotto che contamina i reperti, i carabinieri che giocano a solitario con il pc dell'indagato etc) un altro è la selezione dei consulenti di parte (che non fanno parte delle fdo).


    Comunque non credo che negli altri paesi sia tutto rose e fiori come vorrebbe dipingere...


    EDIT: mi sa che sto topic porta rogna
    Ultima modifica di ale#12; 19-09-11 alle 10:34:40

  19. #69
    alberace
    ospite

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    Citazione Originariamente Scritto da caesarx Visualizza Messaggio


    Non ho capito...

    mandara in vacca processi perchè vanno in prescrizione, sia per incapacità dei giudici, sia per il dimezzamento dei tempi causato dalla volontà dell'accusato.
    sommato a tutta la merda che si legge quotidianamente, di cui s'è vista una piccola parte qui sopra, mostra un paese allo scatafascio. e su questo siamo tutti d'accordo.
    poi vado di là e leggo dell'abominevole problema della giustizia italiana che perseguita, delle intercettazioni criminali, ignorando con sufficienza questo, ossia il 99,99% del problema.

  20. #70
    Chiwaz
    ospite

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    Citazione Originariamente Scritto da ale#12 Visualizza Messaggio
    Allora...



    Questo è sicuramente vero, però nell'ottica dei diritti dell'imputato questo è, o più che altro dovrebbe essere, un problema relativo.
    Il consulente del pubblico ministero è il consulente del pubblico ministero, non un ausiliario del giudice, e viene interrogato e controinterrogato come un testimone qualsiasi. Se è un cialtrone, la difesa ha tutti i mezzi per demolirlo (capitato recentemente, condannati lo stesso, ma per altri motivi ).
    Il problema esiste -ed è un grossissimo problema- se è il giudice ad assimilare acriticamente le tesi dell'accusa, ma in questo caso il problema è il giudice, non il consulente.
    Si torna al discorso già fatto su quello che deve essere il ruolo del pubblico ministero...
    Dai ale, sai benissimo anche tu che dipende dal tipo di perizia.

    Finché stiamo parlando di CTU riferiti a casi relativamente banali tipo rumore e vibrazioni (civile), chiunque ha la possibilità di prendersi un CTP e fare una controperizia, ma se il CTU presenta roba tipo esami del DNA supportati da RIS o uffucilai di FdO, come fai a confutarli senza spendere un mucchio di soldi ?

    Perizie a parte, non so se hai sentito del caso Bariffi e com'è andato a finire. Una condanna imbastita sulla testimonianza di tre carabinieri accordati col PM e tre ritardati VERI del paese del presunto assassino.

  21. #71
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    un'altra chicca partorita dalla casta togata i quali privilegi che forse troppo in alto la collocano tanto che ormai le crea problemi nella giusta focalizzazione della realta' dei comuni mortali, le nuove divinita' dall'alto del nuovo olimpo, a spese di contribuenti comuni mortali danno inizio alla olimpiade inquisitoria:

    L’Aquila, Inquisizione sul terremoto. “Prevederlo, un dovere”

    ROMA – L’Inquisizione ai giorni nostri e cioè condanna, e casomai galera, per chi non prevede i terremoti o almeno non avvisa ogni sera tutti gli italiani che abitano nelle zone a rischio, i tre quarti della popolazione, che stasera è più prudente dormire fuori casa. Si è aperto a L’Aquila il processo contro i componenti della Commissione Grandi Rischi, accusati di omicidio colposo per mancata previsione del sisma e indebita rassicurazione alla popolazione. Sono venuti giornalisti da tutti il mondo a seguire questo processo, in particolare dal Giappone e dagli Usa, paesi che di terremoti ne hanno visti molti ma mai un processo così. L’accusa dei pubblici ministeri Alfredo Rossini e Fabio Picuti, ritenuta plausibile dal Gup, è di “essere venuti meno ai doveri della valutazione del rischio” e “ai doveri di informazione chiara, corretta e completa”. Insomma gli accusati avevano il “dovere” di valutare che un terremoto arrivava, in italiano di prevederlo. E avevano il “dovere” di informare la popolazione.

    C’è in queste accuse l’eco, anzi la fotocopia del dolore dei familiari delle vittime. Un dolore che spesso impone alla psiche e all’anima di chi ha perduto un familiare di trovare una ragione comunque, un colpevole comunque, un comunque perché alla ferita che non si rimargina. I familiari delle vittime vanno compresi, la mente umana recalcitra e scarta di fronte alla crudele causalità della morte. E cerca, disperatamente, irrazionalmente cerca una “colpa”, un quid che avrebbe salvato il caro scomparso. Ma la giustizia, la legge possono seguire lo stesso impulso e lo stesso percorso? Possono la giustizia e la legge stabilire niente meno che il “dovere” di salvare vite e cose, stabilire che questo e non altro è la scienza e di conseguenza sanzionare la scienza che non adempie a questo “dovere”? Dovere che, se così impone la legge, diventa magico e non scientifico. Non una novità nella storia umana e nelle umane culture: in molti casi il “sapiente” che sbagliava veniva punito, talvolta anche con la morte. Punito perché il suo errore era la prova che il suo “sapere” non era in comunicazione, benedetto, ispirato e congruo al divino. Ma la scienza moderna non si ancora più, o almeno non dovrebbe più ancorarsi al divino. E la smentita dei fatti alla previsione scientifica è anch’essa scienza sperimentale e non peccato o omissione del “dovere”.

    La scienza oggi non sa, non può prevedere i terremoti. E altra scienza non esiste se non quella degli “indovini”. Nè le Commissioni scientifiche possono essere obbligate ad un ipertrofico “principio di precauzione”. Principio che obbligherebbe qualunque Commissione a suggerire ogni notte e ogni giorno l’evacuazione dell’area vesuviana, di vaste zone dell’Appennino, di mezza Sicilia e di tutta l’Italia “a rischio sismico”. Ma la scienza a L’Aquila va sotto processo, alla scienza non si perdona quel che si concede alla fede: nessuno apre un’indagine sul Vaticano perché la divinità cattolica consente un terremoto assassino e nessuno porta in Tribunale il santo patrono che non ha protetto la terra e la gente a lui devota. Quello de L’Aquila è un processo da Inquisizione, nel quale sette scienziati sono chiamati a rispondere del peccato di non aver letto i segni del cielo. E ad espiare, se riconosciuti colpevoli, la colpa di non aver avvertito gli umani dell’ira celeste in arrivo.

    21 settembre 2011 | 14:27

    http://www.blitzquotidiano.it/cronac...ocesso-965374/
    seriamente, ma con magistrati simili e politici, amministratori pubblici e classe dirigente in generale altrettanto indegni ma dove cazzo vogliamo andare.

  22. #72
    Moloch
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  23. #73
    Il Nonno L'avatar di Muccolo
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    li avra' scritti karat.

  24. #74
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    "doveri della valutazione del rischio" = "dovere di previsione"....
    Google translate non rileva la lingua

  25. #75
    Moloch
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    Citazione Originariamente Scritto da Asphalto Visualizza Messaggio
    "doveri della valutazione del rischio" = "dovere di previsione"....
    Google translate non rileva la lingua
    si è già sviscerata la situazione nel dettaglio, giungendo alla conclusione che, al netto delle seghe giornalistiche, la situazione è esattamente come viene descritta in quell'alrticolo

    http://www.***************.it/forum/...d.php?t=283678

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