Fra gli aspetti più interessanti della Game Developers Conference c'è sicuramente lo spazio che riescono a ritagliarsi le produzioni indie, piuttosto schiacciate e messe in disparte nelle altre grandi manifestazioni videoludiche dell'anno. I primi due giorni di conferenze, per esempio, vedono fra gli altri un vero e proprio percorso di appuntamenti dedicato allo sviluppo indie (e, quest'anno, anche nei tre giorni successivi ci sono stati diversi interventi che toccavano, magari anche solo marginalmente, l'argomento). La serata di mercoledì, poi, tradizionalmente dedicata ai premi, è sempre divisa in due parti dalla durata simile: prima l'Independent Games Festival e poi i Game Developers Choice Award. E, delle due sezioni, in genere quella più gustosa da seguire è proprio la prima. Infine c'è lo showfloor, l'area aperta in cui si possono provare i giochi e in cui la scena indie ha sempre grande spazio, vuoi perché molti grandi publisher snobbano un po' questa fiera e lasciano quindi margini di conquista ai più piccoli, vuoi perché c'è un'intera sezione dedicata ad ogni singolo gioco che sia stato nominato per i premi IGF, esposto per essere provato da chiunque passi. Il risultato è che, paradossalmente, ci sono talmente tanti giochi indie che è impossibile provarli tutti e dare a ognuno lo spazio che si meriterebbe, anche perché - purtroppo o per fortuna - alla GDC ci vai anche per lavorare e ti tocca ritagliare con cura gli spazi fra un appuntamento e l'altro. Lungi quindi dal voler essere un reportage accurato ed omnicomprensivo, questo articolo è solo un resoconto di ciò su cui sono riuscito a mettere la mani io. Meglio che niente, no?



INDEPENDENT SONY

Se c'è un pregio di Sony è la grande importanza che ha sempre dato e continua a dare alle produzioni sperimentali, piccole, indipendenti, interessanti (ci sarebbe un certo recente Journey a ribadire e gridare fortissimo questo concetto). E, non a caso, allo stand Sony della GDC 2012 c'erano parecchie piccole produzioni, in arrivo quest'anno su PlayStation Network, che era possibile provare spaparanzati su comodi divanetti. Dyad, per esempio, il classico gioco tutto fluorescente e lisergico che punta su un micidiale impatto audiovisivo per scatenare crisi di euforia in chi lo affronta. Descriverlo è anche un po' difficile: si tratta di una specie di gioco di corse, in cui per accelerare bisogna lanciare in avanti una sorta di cappio, da agganciare ad elementi luminosi per poi "tirarsi" violentemente in avanti, stile fionda. Chiaramente poi, i vari elementi hanno effetti diversi e di livello in livello aumentano difficoltà, meccaniche, deliri visivi. Un trip. Closure, invece, è un gioco pubblicato qualche tempo fa in Flash e che sta per tornare in scena in versione commerciale: un platform/puzzle stilisticamente inquietante, in cui bisogna agire sulle fonti di luce per illuminare gli elementi dello scenario, dato che solo ciò che viene illuminato (pavimenti compresi) può essere toccato dal protagonista. ibb and obb (rigorosamente tutto minuscolo) è un delizioso platform game bidimensionale, da giocare solo ed esclusivamente in cooperativa, nel quale si controllano due tenerissimi pupazzetti intenti a gironzolare in un mondo di gioco spezzato in due da una linea continua: muovendosi sui due lati del mondo, ci si trova ad affrontare diversi enigmi ambientali, collaborando per sopravvivere ai puffettosissimi pericoli proposti. E infine Papo & Yo, avventurosa indagine nella psicologia distorta di un bambino costretto ad avere a che fare con un padre violento alcolista, che sublima i suoi drammi infantili in un mondo fantastico, popolato di mostri e strane situazioni visive.



LE AVVENTURE GRAFICHE NON MUOIONO MAI

Un gioco che, da appassionato storico del genere delle avventure grafiche, mi ha incuriosito particolarmente è Cognition: An Erica Reed Thriller, che alla GDC era presente nella sezione GDC Play, ancora più nascosta rispetto a tutto il resto. Si tratta di un'avventura grafica dallo stile fumettoso, che punta tutto su un'atmosfera thrilling piuttosto riuscita (se mi ha messo ansia anche nel contesto rumoroso di una fiera... ) e sui poteri paranormali della protagonista. Erica Reed ha infatti la capacità di "leggere" luoghi e oggetti, rivivendo nella sua testa le azioni del killer a cui dà la caccia (e che, negli eventi raccontati dal prologo del gioco, ha rapito e ucciso suo fratello). L'utilizzo dei poteri mentali di Erica può essere applicato ai vari oggetti come se fosse una qualsiasi "azione" da avventura grafica e si va quindi a inserire nelle meccaniche di gioco, che comunque sembrano essere basate più sull'investigazione e il dialogo che sulla combinazione selvaggia di oggetti. Un gioco promettente, insomma, anche in ottica produttiva. A realizzarlo è infatti impegnato un team di veri appassionati del genere, quel Phoenix Online Studios responsabile di The Silver Lining (seguito apocrifo della mitica saga King's Quest). Ma non solo: stanno lavorando assieme agli olandesi di Khaeon Studio e si sono assicurati le collaborazioni del fumettista Romano Molenaar per l'impianto grafico e della grande Jane Jensen (mamma di Gabriel Knight) nel ruolo di Story Consultant. Mica pizza e fichi!



IGF, MY LOVE!

Il padiglione dell'Independent Games Festival, come detto, era quasi impraticabile. Tonnellate di persone si accalcavano per provare la marea di giochi presenti e riuscire a mettere le mani sui titoli più quotati era davvero un'impresa. Qualcosina, comunque, sono riuscito a fare. Per esempio ho giocato un po' al chiacchieratissimo Fez, vincitore del Gran Premio IGF, scoprendo un platform/puzzle game dalle idee senza dubbio originali e dalla realizzazione grafica deliziosa (anche se, dopo aver giocato a Cave Story+ e Where Is My Heart? comincia a sembrare un po' vecchia). Va detto anche che, sulla lunga, mi ha dato l'impressione di essere un po' ripetitivo, ma insomma... non è certo da una prova del genere che si possono trarre impressioni definitive. Antichamber, vincitore del premio per l'eccellenza tecnica, è un gioco la cui descrizione è impresa ai limiti dell'impossibile. Con una visuale in prima persona che proietta all'interno di un mondo virtuale monocromatico invaso da lampi improvvisi di colore, il lavoro di Alexander Bruce ti piazza davanti a una serie di puzzle che fanno di tutto per giocare con la tua percezione, prendendoti in giro con istruzioni fumose e soprattutto mettendo a disposizione un gameplay libero e pieno di possibili strade da seguire, in cui ognuno deve trovare la sua. Agghiacciante e delizioso. E, a proposito di strade personali, davvero affascinante è pure Proteus, sul quale in realtà baro un po', perché ho provato la beta a casa bello tranquillo, senza dovermi fare code in fiera. In pratica è una sorta di evocativo viaggio virtuale su un'isola, accompagnato da una colonna sonora dinamica eterea e da un impianto visivo assolutamente retro, che può ricordare quello di Minecraft. Non sembrano esserci obiettivi precisi, anche se in qualche modo è possibile "finire" il gioco, ma c'è davvero tanto in cui immergersi esplorando.

TRIPUDIO INDIE
E insomma siamo più o meno alla fine del mio resoconto, che definire incompleto sarebbe riduttivo. Di giochi indie meravigliosi ce n'erano una valanga, e basta scorrere l'elenco delle nomination IGF per farsene un'idea. Ma, oh, lo spazio è tiranno. In chiusura, voglio solo fare un paio di segnalazioni: One and One Story, il delizioso gioco italiano che era in gara per lo Student Award (e, purtroppo, non ha vinto) e Storyteller, una sorta di intrigantissimo puzzle game a tema fumettistico in cui il punto non è tanto raccontare una storia, quanto giocare con le regole della narrazione a fumetti. Ma tanto di questi, e di tutti gli altri giochi che ho tralasciato, sentiremo ancora parlare moltissimo nei prossimi mesi.