La risposta di Marco al post del primo gennaio “Che quest’anno ti appartenga” è sfociata in una riflessione sulla strana guerra di trincea che fa da scenario al trascorrere della gioventù oggi in Italia, tra soldati allo sbando e un’impossibile resa. Fa impressione leggerla nei giorni in cui scorriamo i nuovi dati sul calo delle immatricolazioni universitarie, sull’aumento di disoccupati e “inattivi”, quelli che hanno rinunciato anche a cercarlo, il lavoro. Aveva ragione Friedrich Hölderlin? La nostra generazione realizzerà cose eccezionali?
Il testo di Marco:
La notte in cui tutto finisce e tutto inizia l’augurio è mirato, lo calibriamo su chi abbiamo di fronte. Mai, come questo Capodanno, credo sia stato complesso trovare l’auspicio giusto per coloro che amiamo.
Ci fosse un nemico da combattere, ci fosse addirittura una guerra, la difficoltà sarebbe stata minore: ti auguro la pace, ti auguro che il nemico venga battuto. Ma qual è il nostro nemico? Qual è la guerra che stiamo combattendo? Soprattutto, qual è il fronte? Forse è l’impalcatura sulla quale sali senza protezioni, è l’ufficio dove il 30 di ogni mese saluti tutti perché non sai se il giorno dopo il tuo contratto sarà rinnovato, è quegli stage non retribuiti che fai nella flebile speranza di avere uno stipendio fra sei mesi, è il forno dove ogni notte prepari il pane senza nemmeno avere un contratto, è il piazzale dove nelle albe ghiacciate aspetti, con la paura di essere rimpatriato, che qualcuno ti proponga di lavorare per una giornata.
Cosa potevo augurare quella notte a chi fa fatica a immaginare che l’Italia possa cambiare davvero.
«Ti auguro…» ma le parole non arrivavano. «Ti auguro…» Allora mi sono limitato a uno sguardo, dritto nei suoi occhi, come se stessimo vivendo una guerra e non sapessimo se domani saremmo stati ancora vivi. Però non siamo in guerra. Non vedo nemici, né qualcuno da combattere e da vincere per poter essere finalmente liberi di avere la nostra vita in pugno. No, lo ripeto, non è così semplice, per quanto assurdo possa sembrare legare il concetto di semplicità a una guerra.È dannatamente complicato perché una guerra la si combatte a migliaia, tutti insieme, uniti. La nostra guerra – che non ha nemmeno un nome e quindi non esiste – la combattiamo ognuno da sé. È una guerra contro i mulini a vento? No, è reale, e spesso la si fa contro chi è come noi. È una guerra civile, allora. Sì, è simile a una guerra civile.
Ti auguro il rinnovo del contratto, ti auguro un tempo indeterminato, ti auguro di trovare uno stage, ti auguro di ottenere il permesso di soggiorno, ti auguro che la tua azienda non chiuda, ti auguro uno stipendio. È questo che ci si aspetta dal 2013. Oltre che passi in fretta. E quando si spera che un anno passi in fretta, invece di aver voglia di viverlo appieno, c’è qualcosa che non va.Chissà, magari aveva ragione Friedrich Hölderlin quando diceva che dove il pericolo cresce, cresce anche ciò che salva, e la nostra generazione realizzerà cose eccezionali.
Per riuscirci c’è bisogno di fiducia, di speranza, soprattutto del desiderio di voler vivere ogni secondo e non di auspicarsi che i giorni scorrano via il prima possibile, il più indolore possibile. Alla fine, le ho augurato proprio questo: “Che per tutto il 2013 non ti venga mai voglia di arrenderti”.
Marco
La guerra di Marco: “Noi giovani e il nemico invisibile" [pastaics qui]
Originariamente Scritto da cek21
