Watch_Dogs, il nuovo titolo di Ubisoft, è sicuramente uno dei most wanted redazionali. Ognuno di noi ha i suoi buoni motivi per aspettarlo con ansia. Dal mio punto di vista, non vedo l'ora di mettergli sopra le mani soprattutto perchè continuo a sentirmi orfano di un qualcosa che mi ricordi, pur se di sfuggita, il clamoroso Grand Theft Auto V, purtroppo mai approdato sui nostri lidi (anche se sono mille gli store che lo mettono a catalogo, con cadenza regolare). Quel che mi ha stupito, nella estazione di questa produzione, è stata la capacità di Ubisoft di tenere il titolo fermo ai box quando si è accorta che, probabilmente, non si sarebbe rivelato all'altezza delle aspettative che aveva generato. Si tratta di una cosa che non siamo abituati a vedere nel nostro mondo, fatto di una valanga di prodotti che escono per non mancare la finestra di mercato e solo mesi più avanti diventano realmente giocabili e (quasi) esenti da pecche. Non mi fraintendente, non credo che Watch_Dogs sarà un titolo perfetto. Quello che abbiamo visto e l'esperienza maturata sul campo ci insegnano che non esistono i giochi perfetti. Sono però sicuro che avremo un'esperienza migliore di quella che avremmo giocato lo scorso ottobre.
E poi, evidentemente, due mesi non bastavano per davvero per esplorare Los Santos. Nella mia libreria software, accanto allo spazio che ho riservato alle avventure di Aiden Pearce, si è fatto strada anche un altro gioco, che poi è l'oggetto della recensione più importante di questo numero. Dark Souls II, di From Software (recentemente acquisita da Kadokawa Shoten, una casa editrice che pubblica riviste, manga e, fino al 2005, anche videogiochi), è lì, che ammicca, dagli scaffali virtuali di Steam. Eppure mi manca il coraggio di installarlo. Non chiedetemi il motivo di questa scelta, non saprei spiegarvelo razionalmente. Forse, semplicemente, mi sono abituato a vincere facile", nei videogiochi, e non ho voglia di qualcuno che mi prenda a scudisciate Bala mattina alla sera. I racconti di Ivan e di Mario, tuttavia, alimentano il fuoco della curiosità e stanno scalfendo, giorno dopo giorno, il muro che mi separa dal gioco che ha reso la morte una cosa naturale. Prima di salutarvi e tornare a tormentarmi con quell'icona che rappresenta probabilmente l'inizio di un percorso di sofferenza videoludica, concedetemi un suggerimento: non perdetevi il prossimo numero di TGM. Se amate Call of Duty, sarebbe un delitto. E se amate i bei giochi, sarebbe anche peggio.
[Editoriale TGM n.309]
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