Mi piacerebbe davvero tanto potervi mostrare cosa succede durante i pranzi redazionali. Di solito prendiamo possesso di un tavolo e cominciamo a parlare di calcio o di serie televisive, giusto per staccare un po' dal tema dei videogiochi. Cinquanta secondi netti dopo, tuttavia, ci accorgiamo che si tratta di un'impresa vana e torniamo alla nostra passione più grande. La copertina del numero che avete tra le mani, dedicata ad Alien: Isolation, è nata tra un primo e un secondo, in uno dei pomeriggi successivi all'amara eliminazione della nostra Nazionale dai Mondiali brasiliani. Ci stavamo confrontando sul ruolo della paura nei videogiochi, raccontandoci come ognuno di noi avesse un suo mostro nell'armadio, un titolo capace di terrorizzarlo nel vero senso del termine. Qualcuno ha menzionato il primo Silent Hill, su PlayStation, in cui l'accoppiata formata da nebbia e radiolina gracchiante faceva gelare il sangue nelle vene. Qualcun altro ha tirato fuori dal cilindro il primo Alone in the Dark e i suoi rozzi poligoni. C'è anche chi si è Iasciato sopraffare da DooM III e dalla sua torcia. Alla fine della chiacchierata, però, ci siamo accorti che ci eravamo concentrati solo su titoli con diverse stagioni sulle spalle. E stato logico chiederci, quindi, se ci fossero ancora giochi capaci di spaventare gli impavidi che hanno il coraggio di affrontarli o se fossimo semplicemente troppo cresciuti per avere un mostro nell'armadio. La discussione si è fatta via via più interessante e ci ha portato alla conclusione che l'età modifica semplicemente forma e aspetto dei mostri nell'armadio, non la loro esistenza (magari ora ci spaventa più la rata di un mutuo che non il Pyramid Head di Silent Hill, ma questa è un'altra storia). La verità è che, per trovare qualcosa capace di terrorizzare, ci si deve rivolgere a un mercato diverso da quello dei tripla A, dove l'ultimo gioco degno di nota, in questo senso, è stato Dead Space, prima che svoltasse deciso verso l'action.
I primi due esempi che mi vengono in mente riguardano il sottile Anna, degli italiani Dreampainters, e Outlast. Quest'ultimo caso, per quanto mi riguarda, è il più eclatante: non sono riuscito ad andare oltre ai trenta minuti di giocato. Troppa la tensione, troppa la paura.
Dove sta il problema nei tripla A? Le grandi produzioni non sanno più spaventare o non vogliono più farlo? Difficile rispondere, onestamente. Non riesco a credere che un gioco che ha il pedegree di The Evil Within, per esempio, non sia capace di farmi saltare sulla sedia e posso solo rifugiarmi dietro la convinzione che chi lo sviluppa abbia scelto un approccio differente. Approccio che non ha scelto il team di Alien: Isolation. Il titolo di SEGA, che abbiamo spolpato nel tempo per cui ci è stato concesso farlo, fa davvero paura e pare in grado di far dimenticare, nel giro di un amen, il fiasco di Colonia! Marines. Alien ha al suo arco due frecce importanti: la forza del brand e la voglia di farci provare le stesse emozioni che hanno sconvolto l'esistenza di Ripley. Noi, dal canto nostro, non possiamo che augurarci
che in SEGA abbiano imparato dagli errori del passato e che tornino a farci gridare, a squarciagola, "escono dalle fottute pareti!".

Davide "ToSo" Tosini