E quello che sto cercando di capire anch'io. Non fa altro che cercare le lamentale degli espatriati, cosa che richiede anche un certo sbattimento.Tranquillo golem, non posto tanto ma lurko abbastanza, conosco il drill
quello che mi incuriosisce e' sapere cosa pensa della cosa seriamente (visto che per trovare tutta sta roba vuol dire che su siti del genere ci gira abbastanza, quindi gli interessa e avra' una opinione.. presumo)
ma ok mi rendo conto che e' probabilmente chiedere troppo su j4s
Perchè lo fai Cesarino? Non ti sei un pò rotto il cazzo di postare le solite stronzate?
«Sto in campo per tornare a vincere, non potete pensare che dopo tutto quello che ho fatto nella vita possa uscire di scena così». Così ieri Silvio Berlusconi ai senatori di Forza Italia: a casa sua, come d’abitudine (palazzo Giustiniani a Roma).
La sincerità è apprezzabile, l’intenzione discutibile, la vicenda simbolica.
Chi non accetta il ricambio non può facilitarlo: lo ostacolerà, invece. Vale per la politica e vale per l’industria, vale per l’università e vale per la grande distribuzione, vale per la finanza, le professioni e lo sport. Pochissimi lasciano, se non sono costretti. Rischiando di rovinare nel finale quello che hanno costruito per anni.
La vicenda sorprendente di Matteo Renzi non ha cambiato le cose. Il ricambio viene ostacolato in ogni modo. L’ossessione italiana per il centro della scena è troppo evidente per non costringerci a pensare. Perché molti si umiliano, pur di consumare le briciole della fama, invece di lasciare qualcosa – e qualcuno – dietro di sé?
Le spiegazioni sono due.
La scena, per alcuni, è l’unico luogo che dà soddisfazioni. In un Paese teatrale come l’Italia, chiunque è stato protagonista non si rassegna ad accettare parti più modeste. E non vuol far neppure il regista: perché la foto più grande, sui cartelloni, è di qualcun altro.
Un’altra spiegazione? La terza età pubblica, in Italia, non esiste. Dalla canzone melodica alla televisione, molti si riducono alla parodia di se stessi. Altro non sanno fare e altro non vedono. E non lo vedono, forse, perché non c’è. Le società organizzate prevedono una camera di compensazione tra i grandi incarichi e i grandi successi e l’uscita di scena. Perciò gli inglesi hanno inventato le onorificenze, i posti nei consigli di amministrazione e il gin tonic.
I grandi vecchi, oltre a essere vecchi, dovrebbero essere grandi. Dovrebbero avere fiducia nell’umanità, e fiduciosi che qualcuno si ricorderà di loro e di quanto hanno costruito nel passaggio su questa terra. Ma l’Italia, purtroppo, ha più rancori che ricordi. E i grandi vecchi hanno davvero piccole aspirazioni. Ecco perché in molti – non solo Berlusconi – vogliono spremere il frutto allo spasimo. Di piantare un albero non gli importa niente.
Beppe Severgnini
Stai suggerendo che non puoi rinunciare al tuo ruolo di pubblicatore delle stronzate di Severgnini oppure dobbiamo dedurre che sei semplicemente autistico?
Caro Beppe, brividi. Mi sono venuti i brividi a vedere quel video pubblicato su Corriere.it di una giovane donna siriana accusata di adulterio che viene brutalmente lapidata da un gruppo di miliziani e terroristi di ISIS, sullo sfondo della ormai tragicamente nota distesa di sabbia che è un marchio di fabbrica dei loro video, lontana da tutto, isolata dal resto del mondo, o così sembra. Il dramma che nel giro di pochi minuti si consuma è un qualcosa che riesco a stento a definire: un gruppo di uomini, tra cui il padre della giovane che all’inizio neppure vuole concederle un saluto, cosa che farà infine sollecitato dagli stessi carnefici, il quale prenderà parte al lancio di pietre verso sua figlia, con pari rabbia, con la stessa feroce violenza degli altri giustizieri. Questa donna legata, incappucciata, in ginocchio e in lacrime dentro una buca di pochi centimetri; i primi sassi sulla schiena, le pietre in testa e poi in faccia, fino a quando la brutalità di questi individui viene riversata su un corpo martoriato, senza vita, deturpato anche oltre l’ultimo respiro di questa donna. E non è tanto l’inspiegabile ed innaturale partecipazione di un padre al massacro della figlia che mi ha fatto rabbrividire, sarebbe perfino banale – perdona il termine – stare qui a discutere di quanto sia contro la natura delle cose e perfino della stessa umanità un gesto simile. E’ la tragedia che, seppur consumata in pochi, lunghissimi minuti, rappresenta un punto tra i più bassi della brutalità, della bestialità e dell’abominio cui ancora, nel 2014, nel secolo di internet, nell’epoca dei diritti umani, è capace un essere umano. Ed è la drammaticità di una prassi ancora comune, tra le tante atroci che si perpetrano in Paesi che ci dipingono come lontani, ma che in realtà sono dietro casa nostra, se solo volessimo vederlo, se avessimo il coraggio di aiutarli veramente, di intervenire. Questo, e tutto ciò che lo circonda, mi sconvolge. E non dobbiamo più accettare di assistervi.
niente.. ormai risponde solo con Severgninate
l'abbiamo perso :(
lacrime
Ultima modifica di Cesarino Artico; 23-10-14 alle 16:15:26
Caro Beppe, capisco che l’ossessione per il suo pubblico (i giovani, gli Italians/Europeans dell’Erasmus, gli Italians di domani… gli Italians che comprano i suoi libri… etc) la porti a sbilanciarsi al punto da considerare gli anziani come dei ferri vecchi da internare all’ospizio per lasciare spazio ai ferri giovani pieni di idee progressiste, di energia, di voglia di fare e di cambiare le cose per creare un mondo “piuggiusto”, “piuddemmocratico” e piu’ internetizzato, ma non mi sarei mai aspettata da lei un discorsetto “ageista” dal titolo: “I Grandi Vecchi e le Piccole Aspirazioni”. Ageismo descrive una discriminazione verso i più anziani.
E’ una condizione mentale ed un atteggiamento molto diffuso tra i giovani, ovviamente, e tra quelli come lei che se li coccolano. L’esperienza è ormai considerata come una cosa inutile quando non un intralcio, specialmente nei contesti socio-economico/politici contemporanei nei quali i giovani stentano a trovare la loro strada. Lasciare intendere, come fa lei, che la colpa sia degli anziani “che non accettano il ricambio, non lo facilitano e, anzi, lo ostacolano”, e’ vergognoso. Non si combattono le “baronie” della politica, dell’industria, dell’università, delle professioni… etc praticando l’ageismo per favorire il giovanilismo. Sono “ben altre” le soluzioni a quei problemi: e vanno cercate e applicate. I “ferri vecchi” hanno il diritto di stare in scena fino a quando le energie glielo consentono.
Se “rompono” non sono fatti loro, ma nostri. Siamo noi che dobbiamo fare una politica economica intelligente che dia spazio ai giovani e conservi lo spazio ai vecchi se sentono e vogliono essere “occupati”, e se credono di poter essere ancora utili. Chi siamo noi per giudicarli e decidere al posto loro il momento del passaggio delle consegne? Ageismo vuol dire discriminazione!
Caro Beppe, vorrei dire al caro italian Giuseppe, mio conterraneo, che io, e come me tantissimi, non mi sento di aver rubato niente a nessuno e non ho vissuto al di sopra delle possibilità (“Sud: oramai quando scendo per le strade incontro solo anziani o bambini” – http://bit.ly/1qDCIAy ). Laureato al nord (già questo è stato un impegno fortissimo per i miei genitori, con quattro figli ed un solo salario, tirando la cinghia all’inverosimile) ho lavorato sempre fuori la mai città, in giro per l’Italia. Quando la mia azienda, multinazionale della chimica,ha chiuso dove lavoravo, mi sono spostato con figli e moglie al seguito di 1000 km quasi. Senza problemi, accettando la vita per quel che era, spiantando figli e famiglia, che farse da questo si sono umanamente arricchiti: abbiamo vissuto a Milano, Bergamo, e poi siamo tornati al centro sud, quasi a casa, perchè nel frattempo qualcosa avevo imparato e serviva la mia professionalità. Guadagni? La multinazionale pagava a tabelle internazionali, niente voli pindarici. I miei figli? Laureati come me in materie scientifiche, oggi vivono all’estero entrambi, con i dolcissimi nipotini, lontani da noi più di mille miglia. Non ho distrutto proprio niente, anzi ho cercato di dare valore aggiunto alla mia terra. Cosa si doveva fare oltre che il proprio dovere, rispettare le regole, pagare tutte le tasse? Il lavoro per me iniziava alle 7,30 e finiva alle 19,30, talvolta incluse le feste e le notti. E come me tantissimi colleghi. Certo, il sistema ha fallito, i nostri governanti locali si sono dimostrati incapaci e, nel migliore dei casi, cercando di dare una mano, hanno permesso sprechi abissali ed assunzioni facili, cosa ancor oggi in atto, potrei fare nomi e cognomi, del resto noti alla cittadinanza. Ho lasciato una fabbrica che lavora, gente che mantiene l’impiego. Non sono il solo. Non sarà che molti di questi giovani sono stati abituati troppo bene? Che forse abbiamo troppi avvocati e comunicatori? Il lavoro fatto è stato dilapidato da troppa delinquenza impunita e troppi impiegati pubblici pagati senza senso. Volete i casi?
E... ?
Giuro che non capisco il.senso.di.ste lettere
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