Mi è capitato in un pomeriggio d'inverno. Fermo di fronte al monitor del mio PC, nello studio di casa, inebetito. Nelle mie orecchie le note, morbide, di una delle più belle colonne sonore che mi sia capitato di sentire ultimamente in un videogioco. Nei miei occhi le immagini del primo capitolo di Life is Strange. Quello stesso gioco che ho colpevolmente ignorato prima di trovarmelo installato su hard disk, dove è arrivato quasi per caso, giusto per capire se Claudio, Ivan, Davide e Marco non stessero esagerando tessendomene le lodi. Al termine delle due ore abbondanti che mi sono servite per completare quello che altro non è se non un prologo delle avventure di Max, una ragazzina di diciotto anni che ha il potere di riavvolgere il tempo, non avevo davvero parole. Perché Life is Strange, con me, è riuscito dove molti altri titoli hanno fallito. E stato capace di lasciarmi a bocca aperta, di sorprendermi, di emozionarmi e di portarmi, prendendomi per mano, nei bagni della scuola di Arcadia Bay, nei suoi dormitori, nel suo parcheggio. Cose che forse non avranno milioni di poligoni, né saranno mai minimamente capaci di mettere in crisi la mia scheda video, per carità, ma tutte dannatamente reali, almeno ai miei occhi. Life is Strange mi ha fatto innamorare della sua storia e dei suoi protagonisti, pur con tutti i difetti di scrittura che, volendo, potremmo metterci II a trovargli. Eppure, se devo essere onesto, io non ho mai sopportato i giochi a episodi, benché mi sia cimentato più e più volte con i vari The Walking Dead e con il più recente Game of Thrones. Mi sono sempre sembrati "oggetti" poco capaci di essere videogiochi e anche scarsamente interessanti a livello di storia, visto che ho sempre avuto Ia sensazione che le mie scelte, alla fin fine, contassero quasi niente. Anche Life is Strange è poco a suo agio con la definizione più classica della parola videogioco: non è richiesta abilità, non sono richiesti riflessi, non serve essere dei mostri per arrivare ai titoli di coda. Tuttavia, riesce a farti credere — e scopriremo tra un po' se è veramente così — che tu sia importante nell'economia della storia. Come? Facendoti fare delle scelte, dandoti Ia certezza che si tratti sempre di cose pesanti, anche quando in realtà, probabilmente, non lo saranno. E lo fa in un modo subdolo, insinuando nella tua mente il dubbio di aver sbagliato. "Ok, hai scelto di fare una foto, ma se fossi intervenuto?': Così torni indietro nel tempo, sfruttando il potere di Max, e provi a fare altro, solo per sentirti dire "ok, sei intervenuto, ma se, invece, ti fossi fatto i fatti tuoi, scattando una foto, non sarebbe stato meglio?': Il tutto raccontato forse non come nelle migliori e più appassionanti serie televisive, ma sicuramente molto meglio di quanto siamo abituati a vedere in un videogioco — per così dire — più classico. L'unico appunto riguarda l'attesa tra un episodio e l'altro: quarantacinque giorni sono davvero troppi per sapere come si sviluppa una storia. Ma questa, allo stato attuale delle cose, ha tutte le carte in regola per rimanere a lungo nei nostri cuori. Date una chance a Max. Noi lo abbiamo fatto.


Davide "ToSo" Tosini