III
Credevo fermamente che il passato non potesse ripetersi: mi sbagliavo, per questo ho capitolato nuovamente di fronte all'interminabile groviglio di fili del Caso.
Ancora una volta, ho bevuto dal calice avvelenato, ancora una volta ho permesso di essere afferrata dal dolore, ancora una volta ho lasciato la presa.
Ed ho nuovamente indossato la maschera, finché ho esaurito le battute già scritte e la capacità di improvvisare è venuta meno.
Per quale sadica ragione non è concesso dimenticare?
Ricordare uccide lentamente.
Ho guardato dentro l'abisso, ancora una volta.
E, come ogni altra, il disgusto per ciò che mi circonda cresce, annichilendo la mia già debole volontà di oblio.
Il disgusto per me stessa, per i miei errori non cala.
Forse, ho pagato un prezzo troppo alto per una leggerezza.
Questo non allevia la colpa.
Posso essere il carnefice di me stessa coscientemente?
La sono già da tempo, mi punisco attraverso mezzi subdoli.
E questo non è abbastanza.
Perché già una volta sono morta.
Sono lapide di me stessa.
Eterno monito.
[Continua]