La Nota
Massimo Franco
Crisi in incubazione. Tempi imprevedibili
La tesi di Berlusconi: cadrà per un incidente ma dietro c’è un’operazione politica
Nella stessa maggioranza adesso comincia a circolare il termine «agonia ». E ci si chiede quanto potrà resistere il governo di Romano Prodi dopo l’ennesima bocciatura al Senato; e stavolta per iniziativa di tre parlamentari dissidenti dell’Ulivo. Gli appelli allarmati ad evitare «l’irreparabile» fanno pensare che anche nelle votazioni di oggi sull’ordinamento della giustizia la maggioranza rischi. Ma proprio perché ormai s’è capito che se la crisi si aprirà, almeno in apparenza sarà per un incidente legato ai numeri di palazzo Madama, qualunque previsione suona azzardata.
Un governo così debole potrebbe, proprio per questo, andare avanti per un po’. Il problema riguarda il costo che il centrosinistra sta pagando in termini di consensi. Il tramonto di Prodi avvicinerebbe drasticamente la fine della legislatura, seppure attraverso un passaggio intermedio. Ma il suo lungo logoramento si proietta sull’Unione, erodendone i margini di credibilità. L’indizio più vistoso della voglia di parlare al passato del premier è offerto dalla fioritura di scenari alternativi. Non si tratta soltanto della proposta di unità nazionale, rilanciata dal leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini e bocciata da Silvio Berlusconi con un lapidario: «troppo tardi».
L’archiviazione si coglie nel «manifesto » del vicepremier Francesco Rutelli, che non esclude un nuovo centrosinistra senza i partiti dell’antagonismo. E nella reazione iniziale del ministro della Giustizia, Clemente Mastella, dopo l’approvazione dell’emendamento di ieri con l’appoggio del centrodestra: «Ci rimettiamo alla sovranità del Parlamento». Formula obbligatoria per evitare la caduta; e ammissione di un Senato dove la maggioranza ha contorni volatili, soprattutto sul fronte moderato.
La tesi del Guardasigilli, tuttavia, rilanciata dalla capogruppo diessina Anna Finocchiaro, ha provocato l’altolà del partitino di Antonio Di Pietro. E Mastella ha dovuto dire che potrebbe dimettersi. Rispetto al passato, la novità sta in uno scontro non dovuto alle assenze o ad una trappola del fronte berlusconiano. La modifica sulla quale il governo è scivolato nasce nei meandri moderati della maggioranza. Fa affiorare i problemi di un’Unione che sente la pressione del’Associazione nazionale dei magistrati con la minaccia di sciopero. E allo stesso tempo deve fare i conti con i suoi settori meno inclini ad assecondarla.
Berlusconi accarezza «il disagio» di singoli esponenti di una coalizione appesa a «senatori che vanno alla toilette o ai senatori a vita». L’allusione è a Giulio Andreotti, decisivo mercoledì scorso per salvare il governo. Ma all’ex premier interessa soprattutto la polemica con la magistratura. Un’eventuale caduta di Prodi, tuttavia, sarebbe legata solo incidentalmente alla riforma della giustizia. Ormai, qualunque provvedimento diventa un’incognita quando approda nell’aula del Senato. E uno diventerà l’incidente fatale, che per Berlusconi servirà a mascherare «un’operazione politica».
Massimo Franco
13 luglio 2007