Val Susa, agguato all'imprenditore del cantiere Tav
In cinque davanti a casa
per rompergli un braccio
Aperta un’inchiesta: «Sono
di qui, non black bloc»
CLAUDIO LAUGERI
INVIATO A SUSA
L’imprenditore della Val Susa che, con i suoi operai, sta delimitando l’area del primo cantiere della linea ferroviaria Torino-Lione è stato aggredito da cinque militanti No Tav martedì sera a Susa, qualche minuto prima dell’inizio di una fiaccolata di solidarietà dopo lo sgombero del presidio della Maddalena di Chiomonte a cui avrebbero partecipato, secondo la valutazione della questura, circa 9 mila manifestanti, contro i 20 mila accreditati invece dal movimento.
Ferdinando Lazzaro, titolare della Italcoge di Susa, stava rientrando a casa dopo più venti ore trascorse nel cantiere, blindato da 600 poliziotti e carabinieri. Era alla guida della sua auto, ha rallentato in attesa che i cancelli automatici si aprissero, quando è stato circondato dal gruppo di persone, tutte a volto scoperto. Alcuni avevano la bandiera con il treno crociato sulle spalle, altri T-shirt con i simboli del movimento che per oltre vent’anni è riuscito a bloccare l’opera.
Gli aggressori hanno spalancato le portiere con l’idea di trascinare fuori l’imprenditore, nella colluttazione ha battuto con violenza sulla carrozzeria, poi è stato ripetutamente colpito con calci e pugni. Insulti e minacce: «Traditore, infame, la pagherai prima o poi».
È stato il presidente della Comunità Montana, Sandro Plano, che stava raggiungendo la piazza dove si stavano concentrando i primi partecipanti alla fiaccolata, a vedere la scena e a intervenire con decisione. Plano s’è interposto tra gli aggressori e la vittima e li ha invitati ad andarsene, prima che la situazione si aggravasse ancora. Poi ha aiutato Lazzaro a riprendersi dallo choc. L’imprenditore è andato subito al pronto soccorso dell’ospedale di Susa, dove gli hanno diagnosticato una piccola frattura a un gomito, che è stato ingessato. Poi altre lesioni lievi, con prognosi di 10 giorni. Ha presentato una denuncia (con la descrizione delle fisionomie degli aggressori) ai carabinieri di Susa, che hanno aperto un’inchiesta. Di sicuro né anarchici, né black bloc, né autonomi dei centri sociali torinesi. Ma gente della Val Susa, non giovanissima, forse militanti storici dei No Tav, ora alle prese con uno dei momenti più difficili del loro percorso, dopo la rapidissima e imprevedibile fine della Libera Repubblica della Maddalena, spazzata via dal blitz di lunedì mattina. Plano, che da sempre esprime posizioni contrarie alla linea dell’Alta Velocità, spiega: «Non ho visto colpi, quando sono arrivato io volavano solo insulti e altre parole spiacevoli, li ho separati e ho convinto il gruppetto di No Tav ad andare via. Mi sembrava solo una discussione animata, sono arrivato dopo che era già iniziata».
Cresce il clima di linciaggio contro le imprese della Val Susa che stanno collaborando con la società Torino-Lione, cui s’è visto un drammatico anticipo già lunedì mattina, quando una collaboratrice di Radio Black Out, durante una diretta con la radio legata al movimento della Val Susa, aveva riempito di insulti gli operai che manovravano le benne per distruggere le barricate: «Questo operaio infame, traditore, pezzo di m...assassino».
Ma c’è qualcosa di più, oltre le aggressioni fisiche e le minacce, ad avvelenare il clima attorno al cantiere della Torino-Lione. Contro gli imprenditori della zona che si sono dichiarati disponibili a lavorare nella prima fase del progetto Tav, ci sono state manovre, ora al centro di indagini degli uffici di sicurezza di alcuni istituti bancari, per acquisire dati economici protetti dalla privacy e dal segreto bancario. Lo scopo era quello di costruire dossier contro i «collaborazionisti», per danneggiarne l’immagine e gli affari, non solo in Val Susa. Un elevato numero di accessi in teoria proibiti alla centrale rischi di Banca Italia sarebbero partiti da una piccola agenzia della Val Susa.