Esiste, in quel di San Antonio, una cittadina del Texas, una società chiamata Global Removal dedita alla mai abbastanza combattuta lotta allo spam (a proposito, avete notato come cominci a diffondersi anche spazzatura in lingua italiana?), e che avrebbe trovato un modo per convincere gli spammatori a cancellare gli indirizzi email dai propri archivi: far pagare agli abbonati una quota vitalizia di cinque dollari per essere inseriti in una "do-not-spam list" permanente, alla quale attingeranno partner strategici della società, oltre cinquanta spammer riconosciuti e altrettante società di direct marketing, che cancelleranno dai propri elenchi gli indirizzi degli abbonati Global Removal. Fin troppo esplicito il commento di Tom Jackson, CEO della GR: «il sistema funzionerà perchè offre agli spammatori un ottimo incentivo per collaborare: i soldi». Per la precisione, un dollaro per ogni indirizzo email cancellato dai propri database. A prima vista, l'idea non è male: in fin dei conti, cosa sono cinque dollari?
A dispetto dell'ottimismo del signor Jackson, tuttavia, si aprono numerosi problemi, per lo più di natura etica: il primo, ovvio, è che tutta la fuffa degli spammer che non aderiscono al programma continuerà ad inondare le nostre caselle di posta esattamente come prima. Il secondo, ben più grave, è che il meccanismo è fin troppo simile a quello del cavallo di ritorno (ti rubo il motorino, e ti chiedo di pagarmi cinquecento euro per riaverlo indietro). Sarebbe come se la banca mi chiedesse dieci euro in più per la gestione del conto corrente, e quei soldi venissero girati alla Banda Bassotti perchè non mi derubi di tutti i miei risparmi. Per non parlare del fatto che, con un simile incentivo di monetizzazione istantanea, potrei mettermi anch'io a fare lo spammer: compro un milione di indirizzi email per quattro lire, spedisco un po' di fuffa in giro per la rete, mi iscrivo come partner commerciale alla Global Removal e aspetto che arrivino i soldi. No, no, non ci siamo davvero...