Guardando il numero che avete tra le mani, verrebbe da dire "Fuoco alle polveri!': Come ogni anno, infatti, settembre apre le danze per la grande abbuffata videoludica, quella che lascia tutti gli appassionati con le pance piene e i portafogli vuoti.
Dopo Darksiders II, di cui ci siamo occupati il mese scorso, la copertina di questo numero saluta l'arrivo del primo, vero peso massimo della stagione: sto parlando del seguito di quel Borderlands che, nel 2009, aveva convinto tutti con il suo azzeccato connubio di caratteristiche da GdR e sparatutto, condito da un'ambientazione dal look post-atomico che andava molto di moda in quel periodo. II titolo di 2K ha monopolizzato, esattamente come era accaduto con le imprese di Morte, buona parte della vita redazionale, serate in multiplayer comprese (in cui mi sono fatto vergognosamente boostare da TMB!).
Borderlands e Darksiders, benché distanti sotto il profilo ludico hanno un destino comune: sono proprietà intellettuali di successo lanciate nel recente passato, cosa che dà modo di ricollegarci a quanto si diceva il mese scorso, a proposito delle parole del CEO di Ubisoft, Yves Guillemot, su come fosse rischioso tentare di innovare alla fine del ciclo vitale di una generazione di hardware. Nel momento della pubblicazione dei primi capitoli, il mercato in cui stavano provando a infilarsi Borderlands e Darksiders era dominato dagli stessi blockbuster che si preparano all'ennesimo ritorno in questo 2012.
I vari Call of Duty, FIFA e Assassin's Creed erano lì, in prima fila, pronti per spartirsi le monete d'oro nascoste nelle tasche dei videogiocatori, oggi come allora.
Di persone disposte a credere nel successo di Guerra e dell'affascinante mondo di Pandora non se ne trovavano proprio a manciate.
Eppure, entrambi i titoli hanno fatto il botto. Per dovere di cronaca è necessario ricordare due cose: la prima è che la questione "ciclo vitale" era meno esasperata di quella che stiamo vivendo in questo momento. La seconda è che né Borderlands né Darksiders possono dire di avere realmente inventato qualcosa.
A entrambe le produzioni, tuttavia, va riconosciuto il merito di aver preso un po' le distanze dai rispettivi generi di appartenenza, e di averlo fatto con scelte mirate, che avevano l'unico scopo di creare divertimento in coloro che avrebbero impugnato il pad o trascinato un mouse indiavolato sulla scrivania. 2K e THQ hanno osato, hanno rischiato, e il mercato ha dato loro ragione. Basta questo per affermare che Guillemot aveva torto? Guardando tutto in modo superficiale, forse sì. Osservando Darksiders II e Borderlands 2, invece, si capisce come, tutto sommato, le sue parole fossero in buona partecondivisibili. I seguiti sfornati da THQ e 2K, infatti, hanno perso parte dell'intraprendenza che li aveva caratterizzati al momento della prima uscita, e hanno preferito giocare sul sicuro, rifacendosi il trucco e ampliando quanto di buono c'era nella miscela originale. Per carità, parlare di "serializzazione" al secondo capitolo è eccessivo, ma è chiaro come, una volta trovata una gallina dalle uova d'oro, nessuno voglia rischiare di mandare tutto all'aria cambiandola formula che ha dato vita a un cavallo di razza (è il mese dei paragoni con gli animali, perdonatemi!). Al giocatore, di questo, importa realmente qualcosa? I numeri, di base, dicono di no. Ma voi che ne pensate?Davide "Toso" Tosini