Ma l'India prosegue nella sua politica nucleare basata sul torio Centrali al torio: troppo facile
la proliferazione militare Non è la soluzione ideale: si possono infatti facilmente ricavare materiali per programmi militari segreti
Il torio non è la soluzione per evitare la proliferazione militare nucleare come da molti sperato. La sostituzione dell’uranio con il
torio (simbolo chimico Th) nelle centrali atomiche di prossima generazione rischia di generare materiali fissili adatti a produrre ordigni nucleari. L’allarme è stato lanciato all’inizio di dicembre da uno
studio effettuato da specialisti di energia nucleare di quattro università britanniche e pubblicato sulla rivista Nature. Secondo gli autori, da 1.600 chili di torio è possibile ottenere «in meno di un anno» 8 kg di uranio-233 (U233), cioè la quantità minima richiesta per realizzare un ordigno nucleare.
IL TORIO – Il torio da molti è stato indicato come l’ideale sostituto dell’uranio nelle centrali nucleari per uso civile, tanto che nazioni come Usa, Gran Bretagna e India hanno avviato avanzati programmi di ricerca per studiarne la fattibilità. Rispetto all’uranio, il torio presenta infatti molti vantaggi: è 3-4 volte più abbondante (si stima che il 25% delle riserve mondiali si trovi in India) e quindi meno caro, e, in apparenza, non favorisce la proliferazione nucleare in quanto per essere reso utilizzabile in una centrale atomica deve passare attraverso una serie di delicati passaggi in strutture che non possono essere nascoste ai controlli internazionali. «Il torio possiede indubbi punti a suo favore, ma il dibattito della comunità scientifica sul tema della proliferazione è stato unilaterale e troppo superficiale», ha commentato Steve Ashley, del dipartimento di ingegneria dell’Università di Cambridge e capo del gruppo di ricerca.
I PASSAGGI - L’isotopo più comune del torio è il Th232, che non è in grado da solo di sostenere una fissione nucleare. Deve prima essere separato da tutti gli altri isotopi di torio, poi bombardato con neutroni che lo trasformano in Th233. Dopo 22 minuti questo decade in protoattinio-233 (Pa233) che a sua volta dopo 27 giorni diventa uranio-233 (U233): è questo l’isotopo che può sostenere la fissione nucleare e produrre energia. Nel corso dell’ultimo passaggio, però, si forma anche una piccola quantità di uranio-232 (U232), una sostanza altamente radioattiva. Per questo motivo, la separazione dell’U233 dal torio deve avvenire con estrema cura e con tecniche molto sofisticate in camere di contenimento pesantemente schermate. Si tratta di strutture molto grandi che non possono passare inosservate e non consentono agli «Stati canaglia» di creare un programma nucleare militare segreto.
SEPARAZIONE – Ma, dicono gli scienziati britannici, il Pa233 può essere separato dal torio irradiato con un semplice procedimento chimico. Dopo la separazione, il protoattinio decade in puro U233 senza alcuna produzione del tossico e pericoloso U232. Il ciclo può essere avviato in impianti molti piccoli – anche nei reattori di ricerca (ce ne sono circa 500 nel mondo) – e quindi può tranquillamente sfuggire ai controlli internazionali più accurati. Gli autori perciò chiedono all’Aiea (Agenzia internazionale per l’energia atomica) di effettuare analisi più in profondità su tutta la filiera del torio. «Ma la cosa più importante è riconoscere che il torio non è la strada verso un nucleare del futuro esente dai rischi di proliferazione, come qualcuno crede», afferma Ashley.
INDIA – Nonostante ciò l’India prosegue nel suo programma di centrali al torio e all’inizio dello scorso novembre ha annunciato l’
assoluta sicurezza del nuovo reattore ad acqua pesante (Ahwr) da 300 megawatt che potrebbe essere realizzato già il prossimo anno. Shiv Abhilash Bhardawaj, direttore tecnico della
società indiana per l’energia nucleare (Npcil), in una conferenza stampa ha reso noto che questi reattori sono così sicuri che potrebbero essere costruiti anche nel bel mezzo di una grande città come Mumbai. Secondo altri esperti internazionali, le sue dichiarazioni non hanno fondamento proprio a causa della presenza nelle centrali degli isotopi di uranio di cui si parlava in precedenza, che potrebbero essere rilasciati nell’ambiente in caso di incidenti. Aggiunge Ralph Moir, fisico nucleare del californiano Lawrence Livermore Laboratory, che la posizione indiana sul torio ha ragioni essenzialmente ideologiche e non scientifiche risalenti addirittura al 1954, al primo piano nucleare indiano per sfruttare i grandi giacimenti di torio della nazione. «Le tecnologie legate al torio porteranno non solo benefici, ma anche grandi problemi. Per un nucleare più sicuro, il dibattito sui rischi associati al torio deve essere approfondito», conclude Ashley.
Paolo Virtuani
11 gennaio 2013 (modifica il 14 gennaio 2013)