Scrivo in un momento di grande solitudine morale. Manca, in chi mi circonda, il dizionario elementare per capirmi. Il mio migliore amico è un nerd che trova il suo culmine emotivo nell'universo Marvel. Quando agli altri che frequento, uno è latin lover complessato, l'altro un borderline fuori dal mondo.
In questo esatto periodo della mia vita, sento l'esistenza affettiva di soli due individui.
Io e lei.
Questo stronzo che scrive, e la sua ragazza.
Bruttina, timida, intellettuale.
Il mio tipo. Siamo identici.
E' dolorosamente chiaro che siamo due anime ferite. La vita ci ha riservato un vasto repertorio di angoscia infantile e merda genitoriale.
Cinque mesi che stiamo assieme, ed eccoci qui. Due piccioncini. Immensamente più allegri di quanto c'eravamo conosciuti, platealmente più grati al destino, ostentatamente contenti di partecipare al grande gioco organizzato da dio.
Ogni giorno, ci laceriamo come gli animali. Le nostre ferite sgocciolano, perchè non nascondiamo le cicatrici.
Ogni minimo contrasto, lei si incupisce. Ogni sentore di abbandono, ogni offesa percepita o sognata: sempre più giù, più giù, più giù, si fa terribilmente nera.
Negarle qualsiasi cosa, la affligge. Il sesso che facciamo, ha senso solo se viene lei. Non si arrabbia mai. Solo, si deprime con violenza. Ed è questo tutto il male che mi fa, piangendo.
Non voglio lasciarla, non voglio ferirla, voglio amarla e sopravvivere alla cosa.
E tutto il dolore, che si fotta