senza abusare della tua pazienza, quando hai un attimo puoi darmi un'opinione su quel passo del catechismo che ho riportato?non necessariamente gli altri paesi accettano di praticare l'eutanasia sui non cittadini, ad esempio l'olanda, se non ricordo male.
per evitare certo tipo di "turismo" (mi rendo conto che la parola sia fin troppo inadeguata, ma non mi viene in mente altro... son cotto)
lo so che mi sono rivolto ai "giuristi cattolici" ma penso che tu possa dare una spiegazione.
o almeno provarci, visto che mi sembra alquanto ambigua come espressione
vado a vede... quello sulla pena di morte?
mah, sinceramente non sono un profondo conoscitore di dottrina della chiesa, ma credo che sia una formulazione che salva un retaggio del passato e allo stesso tempo un'eventuale scappatoia per situazioni estreme (del tutto di scuola, direi)... voglio dire: "non esclude", "l'unica via praticabile", "molto rari, se non addirittura praticamente inesistenti"un momento, non è che sia del tutto sbagliato
nel Catechismo della Chiesa Cattolica del 1997 è scritto
«L'insegnamento tradizionale della Chiesa non esclude, supposto il pieno accertamento dell'identità e della responsabilità del colpevole, il ricorso alla pena di morte, quando questa fosse l'unica via praticabile per difendere efficacemente dall'aggressore ingiusto la vita di esseri umani. Se, invece, i mezzi incruenti sono sufficienti per difendere dall'aggressore e per proteggere la sicurezza delle persone, l'autorità si limiterà a questi mezzi, poiché essi sono meglio rispondenti alle condizioni concrete del bene comune e sono più conformi alla dignità della persona umana.
Oggi, infatti, a seguito delle possibilità di cui lo Stato dispone per reprimere efficacemente il crimine rendendo inoffensivo colui che l'ha commesso, senza togliergli definitivamente la possibilità di redimersi, i casi di assoluta necessità di soppressione del reo «sono ormai molto rari, se non addirittura praticamente inesistenti» (Giovanni Paolo II, enciclica Evangelium vitae, 56: AAS 87 (1995) 464).»
cosa confermata anche da papa ratzy nel nuovo catechismo
si tratta di una specie di legittima difesa, quindi? (domanda rivolta ai giuristi cattolici )
sul fatto che sia una specie di legittima difesa potrei essere d'accordo da un punto di vista filosofico, una sorta di legittima difesa extrema ratio della società... un po' meno dal punto di vista tecnico, visto che mi sembra presupporre un processo fatto e finito ("supposto il pieno accertamento dell'identità e della responsabilità del colpevole") che mi sembra escludere un'applicabilità... in senso stretto come legittima difesa.
(spero si capisca qualcosa e sia ciò che avevi chiesto...)
sì grazie
per questo dico che mi sembra molto ambigua come accezione. cioè, io la legittima difesa me la immagino come qualcosa di immediato, di reazione istintiva. la formulazione di sopra parla di pieno accertamento.
vabbè, è la chiesa, c'è poco da discutere
vabbè, fossero questi i problemi della chiesa
perché, ora le indagini sono finite, Einstein? aspettiamo VERAMENTE la fine delle indagini, e poi vediamo chi farà la figura del coglione
e dovrebbe anche consentire di buttare giù quattro denti a qualcuno ogni tanto
stante l'ambiguità, quella formulazione potrebbe anche interpretarsi come se presupponesse un'azione diretta ad uccidere l'aggressore colpevole, colto in flagranza di reato, prima che possa nuocere ancora. la successiva distinzione dalla fattispecie citata dopo, in cui l'aggressore può essere neutralizzato con mezzi incruenti, suffragherebbe questa ipotesi
Delizioso OT sul Catechismo.
fra l'altro ero convinto che fossero cose risapute... :w00t:
ti par poco? sti' giochetti e poi voglion fare morale...mah, sinceramente non sono un profondo conoscitore di dottrina della chiesa, ma credo che sia una formulazione che salva un retaggio del passato e allo stesso tempo un'eventuale scappatoia per situazioni estreme (del tutto di scuola, direi)... voglio dire: "non esclude", "l'unica via praticabile", "molto rari, se non addirittura praticamente inesistenti"
non si parla di uccidere un criminale che sta per pigiare il bottone che fara' saltare il mondo e tu sei a 30 m di distanza dunque non puoi saltargli addosso e basta e non c'e' nessun altro nei paraggi e tu hai una pistola in mano e il suo dito e' gia' li' che si muoveeeee....sul fatto che sia una specie di legittima difesa potrei essere d'accordo da un punto di vista filosofico, una sorta di legittima difesa extrema ratio della società...
ma si parla di pena di morte dunque di come agire su uno che sta' gia' col pigiama a righe, quindi inoffensivo se opportunamente sorvegliato.
dopo il 3o grado, uno e' colpevole (o innocente) e basta, o mi son perso qualcosa?un po' meno dal punto di vista tecnico, visto che mi sembra presupporre un processo fatto e finito ("supposto il pieno accertamento dell'identità e della responsabilità del colpevole") che mi sembra escludere un'applicabilità... in senso stretto come legittima difesa.
Temo tu abbia bisogno di un corso intensivo al CEPU per comprendonio dell'italiano scritto.
Tra "dare via libera" e considerarla come extrema ratio che diventa di fatto inapplicabile per uno Stato, ci passa tutto il tuo ownaggio. Ed è bello grosso, eh
In un'intervista al CORRIERE DELLA SERA, il filosofo credente Giovanni Reale, cui papa Wojtyla lascio' i suoi scritti, parla del caso Welby e dell'accanimento terapeutico. "Socrate, condannato a morte, e' in carcere ad Atene e riceve per l'ultima volta gli amici, si prepara a bere il pharmacon che lo uccidera' e prima ancora, con l'immagine della 'seconda navigazione', ad aprire all'Occidente la dimensione del sovrasensibile, 'la Magna Charta della metafisica occidentale', dice il filosofo Giovanni Reale. È un momento chiave della nostra cultura, il Fedone, uno dei capolavori di Platone. Nell'opera Socrate e' sereno, 'quelli che si dedicano rettamente alla filosofia non si occupano che di morire ed essere morti', Reale e' tra i massimi studiosi al mondo del filosofo greco e del pensiero antico e non ha bisogno di leggere il dialogo, cita a memoria. 'Ma la morte di cui parla Platone e' un'altra cosa: fuggire al male del mondo verso la vera vita. Pochi lo notano, ma e' proprio lui il primo filosofo a sostenere la sacralita' della vita e l'impossibilita' di toglierla anche a se stessi'. Profondamente credente, il filosofo cui Karol Wojtyla affido' i suoi scritti non puo' accettare ne' il suicidio ne' l'eutanasia: 'Platone dice che solo un "folle" potrebbe pensare di fuggire dal padrone buono, tu non ti sei data la vita e solo il dio puo' decidere quando togliertela.
E chi crede in Dio sa che la vita e' un dono e va vissuta fino in fondo'. Quindi, professore, lei rifiuterebbe la richiesta di Welby? 'No, niente affatto. Io capisco e rispetto cio' che dice Welby. Il suo e' un caso particolare reso possibile dalla prepotenza scientistica e tecnologica, dal dramma del rapporto uomo-tecnica messo in luce da Heidegger e Severino. Qui il problema e': posso io vivere ostaggio di una macchina? Ha senso? Dio mi chiede questo? No, non ho dubbi: Dio non chiede questo'. Ma se la vita e' sacra, come si puo' acconsentire a staccare la spina? 'Vede, bisogna stare molto attenti: sotto le nobili intenzioni di prolungare la vita con le tecnologie oggi disponibili, puo' nascondersi l'insidia di un pensiero che fa dell'uomo un ostaggio della tecnica. Di conseguenza dobbiamo guardarci dal pericolo di "trasferire" l'idea di sacralita', per cosi' dire, di trasformare la sacralita' dalla vita nella sacralita' della tecnica, fino a fare della tecnica quasi un dio che dice: alzati e cammina'. Ed e' questo che prevale? 'Un presupposto che trovo in molte risposte sul caso di Piergiorgio Welby, non formulato ma implicito, e' questo: l'onnipotenza della tecnologia implica che, se una cosa e' fattibile, la si debba fare in ogni caso. Bisogna prolungare la vita a tutti i costi proprio perche' si puo' fare!'. Lei dice che Dio non lo chiede. Pero' c'e' chi, anche per fede, accetta condizioni simili... 'Se una persona, credente o meno, vuole rinviare la propria morte indefinitamente va bene, ci mancherebbe, e' una sua scelta. Pero' nessuno, magari in nome di Dio, puo' dire a un altro: te lo impongo. Ciascuno, se lucido, ha il diritto di decidere. E un cristiano puo' affermare: il buon Dio non mi ha detto che devo vivere attaccato a una macchina, ma di vivere finche' la phýsis, la natura che ti ho dato lo permette'. Welby parla di carcere... 'Quando uno vive attaccato a una macchina, e' lui che vive o e' la macchina a vivere per lui? Di piu': non e' forse ridotto ad essere un suddito della macchina? Che uomo e' questo? Personalmente arriverei a dire: la sacralita' della sua vita gli chiede di dipendere dalla macchina o di dire no?'. Ma l'atto di 'staccare' da' la morte: non e' eutanasia, in sostanza? 'No, non lo e'. Chi dice di non volere la macchina non da' la morte a se stesso ne' chiede di farlo, semplicemente accetta la morte inevitabile. Rifiuta l'accanimento. Pensa: non voglio procurarmi la morte ma accetto di non poterla impedire. E questa e' saggezza'. Abbiamo paura di pensare alla morte? 'Eh, si'. C'e' un secondo presupposto dietro i "no" a Welby: l'occultamento e la rimozione della morte.
Nell'ultima intervista che feci ad Hans Georg Gadamer si parlava proprio di questo e lui mi disse: la scienza illuministica non ha una risposta da dare al problema della morte, solo i linguaggi religiosi rispondono, ad esempio l'immortalita' del pensiero greco o la resurrezione cristiana'. E come spiega la posizione della Chiesa? 'Nel "dialogo sulla vita" con il cardinale Martini, il professor Ignazio Marino citava il Catechismo: "L'interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi puo' essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all'accanimento terapeutico. Non si vuole cosi' procurare la morte: si accetta di non poterla impedire...". Il problema suscitato da Welby e' cosi' forte e vero da imporre di riflettere su che cosa e' davvero l'accanimento'. Ma un fedele non dev'essere pronto a portare la propria Croce? 'Gesu' ha preso la sofferenza su di se' e il cristiano deve attraversare sulla Croce il gran mare della vita, diceva Agostino. Il mare della vita: fino alla morte. Ecco: e' piu' cristiano chi accetta la morte o quello che, credendo di esserlo, gli impone il carcere d'una macchina?'".
Bello sto pezzo Wilde. Bello un bel po'. E' uno stupendo esempio di come una persona profondamente credente sappia distinguere fede e bigottismo.
Un esempio per tutti, cattolici e non. Lo facciamo leggere anche al papa?
Ma voglio aggiungere due parole a quelle di Reale. Oltre al trasferimento della sacralità dalla vita alla tecnica, col medesimo passaggio molti esponenti politici hanno fatto delle proprie convinzioni una bandiera sacra da sventolare a difesa della vita. Si sono convinti che la loro idea di sacralità della vita incarni la medesima che dio le ha dato.
Ultima modifica di gorthan; 13-12-06 alle 16:10:48
si, ma se poi nei fatti son sempre contrari...
persino la convenzione europea sui diritti dell'uomo (seppur la presenza di questa clausola ha motivazioni diverse da quelle del catechimo, ovviamente)
Art. 2 Diritto alla vita
1. Il diritto alla vita di ogni persona è protetto dalla legge. Nessuno può essere intenzionalmente privato della vita, salvo che in esecuzione di una sentenza capitale pronunciata da un tribunale, nei casi in cui il delitto sia punito dalla legge con tale pena.si, secondo me è così, leggendo il testo.non si parla di uccidere un criminale che sta per pigiare il bottone che fara' saltare il mondo e tu sei a 30 m di distanza dunque non puoi saltargli addosso e basta e non c'e' nessun altro nei paraggi e tu hai una pistola in mano e il suo dito e' gia' li' che si muoveeeee....
ma si parla di pena di morte dunque di come agire su uno che sta' gia' col pigiama a righe, quindi inoffensivo se opportunamente sorvegliato.
se escludiamo i casi di revisione () si, non ti sei perso niente.dopo il 3o grado, uno e' colpevole (o innocente) e basta, o mi son perso qualcosa?
ma non capisco l'affermazione...
"prepotenza scientista e tecnologica"?In un'intervista al CORRIERE DELLA SERA, il filosofo credente Giovanni Reale, cui papa Wojtyla lascio' i suoi scritti, parla del caso Welby e dell'accanimento terapeutico. "Socrate, condannato a morte, e' in carcere ad Atene e riceve per l'ultima volta gli amici, si prepara a bere il pharmacon che lo uccidera' e prima ancora, con l'immagine della 'seconda navigazione', ad aprire all'Occidente la dimensione del sovrasensibile, 'la Magna Charta della metafisica occidentale', dice il filosofo Giovanni Reale. È un momento chiave della nostra cultura, il Fedone, uno dei capolavori di Platone. Nell'opera Socrate e' sereno, 'quelli che si dedicano rettamente alla filosofia non si occupano che di morire ed essere morti', Reale e' tra i massimi studiosi al mondo del filosofo greco e del pensiero antico e non ha bisogno di leggere il dialogo, cita a memoria. 'Ma la morte di cui parla Platone e' un'altra cosa: fuggire al male del mondo verso la vera vita. Pochi lo notano, ma e' proprio lui il primo filosofo a sostenere la sacralita' della vita e l'impossibilita' di toglierla anche a se stessi'. Profondamente credente, il filosofo cui Karol Wojtyla affido' i suoi scritti non puo' accettare ne' il suicidio ne' l'eutanasia: 'Platone dice che solo un "folle" potrebbe pensare di fuggire dal padrone buono, tu non ti sei data la vita e solo il dio puo' decidere quando togliertela.
E chi crede in Dio sa che la vita e' un dono e va vissuta fino in fondo'. Quindi, professore, lei rifiuterebbe la richiesta di Welby? 'No, niente affatto. Io capisco e rispetto cio' che dice Welby. Il suo e' un caso particolare reso possibile dalla prepotenza scientistica e tecnologica, dal dramma del rapporto uomo-tecnica messo in luce da Heidegger e Severino. Qui il problema e': posso io vivere ostaggio di una macchina? Ha senso? Dio mi chiede questo? No, non ho dubbi: Dio non chiede questo'. Ma se la vita e' sacra, come si puo' acconsentire a staccare la spina? 'Vede, bisogna stare molto attenti: sotto le nobili intenzioni di prolungare la vita con le tecnologie oggi disponibili, puo' nascondersi l'insidia di un pensiero che fa dell'uomo un ostaggio della tecnica. Di conseguenza dobbiamo guardarci dal pericolo di "trasferire" l'idea di sacralita', per cosi' dire, di trasformare la sacralita' dalla vita nella sacralita' della tecnica, fino a fare della tecnica quasi un dio che dice: alzati e cammina'. Ed e' questo che prevale? 'Un presupposto che trovo in molte risposte sul caso di Piergiorgio Welby, non formulato ma implicito, e' questo: l'onnipotenza della tecnologia implica che, se una cosa e' fattibile, la si debba fare in ogni caso. Bisogna prolungare la vita a tutti i costi proprio perche' si puo' fare!'. Lei dice che Dio non lo chiede. Pero' c'e' chi, anche per fede, accetta condizioni simili... 'Se una persona, credente o meno, vuole rinviare la propria morte indefinitamente va bene, ci mancherebbe, e' una sua scelta. Pero' nessuno, magari in nome di Dio, puo' dire a un altro: te lo impongo. Ciascuno, se lucido, ha il diritto di decidere. E un cristiano puo' affermare: il buon Dio non mi ha detto che devo vivere attaccato a una macchina, ma di vivere finche' la phýsis, la natura che ti ho dato lo permette'. Welby parla di carcere... 'Quando uno vive attaccato a una macchina, e' lui che vive o e' la macchina a vivere per lui? Di piu': non e' forse ridotto ad essere un suddito della macchina? Che uomo e' questo? Personalmente arriverei a dire: la sacralita' della sua vita gli chiede di dipendere dalla macchina o di dire no?'. Ma l'atto di 'staccare' da' la morte: non e' eutanasia, in sostanza? 'No, non lo e'. Chi dice di non volere la macchina non da' la morte a se stesso ne' chiede di farlo, semplicemente accetta la morte inevitabile. Rifiuta l'accanimento. Pensa: non voglio procurarmi la morte ma accetto di non poterla impedire. E questa e' saggezza'. Abbiamo paura di pensare alla morte? 'Eh, si'. C'e' un secondo presupposto dietro i "no" a Welby: l'occultamento e la rimozione della morte.
Nell'ultima intervista che feci ad Hans Georg Gadamer si parlava proprio di questo e lui mi disse: la scienza illuministica non ha una risposta da dare al problema della morte, solo i linguaggi religiosi rispondono, ad esempio l'immortalita' del pensiero greco o la resurrezione cristiana'. E come spiega la posizione della Chiesa? 'Nel "dialogo sulla vita" con il cardinale Martini, il professor Ignazio Marino citava il Catechismo: "L'interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi puo' essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all'accanimento terapeutico. Non si vuole cosi' procurare la morte: si accetta di non poterla impedire...". Il problema suscitato da Welby e' cosi' forte e vero da imporre di riflettere su che cosa e' davvero l'accanimento'. Ma un fedele non dev'essere pronto a portare la propria Croce? 'Gesu' ha preso la sofferenza su di se' e il cristiano deve attraversare sulla Croce il gran mare della vita, diceva Agostino. Il mare della vita: fino alla morte. Ecco: e' piu' cristiano chi accetta la morte o quello che, credendo di esserlo, gli impone il carcere d'una macchina?'".
"vivere ostaggio di una macchina"?
Vuoi vedere che adesso la colpa è della scienza cattiva che ha inventato le macchine che tengono in vita Welby?
se si prende per buona questa versione, non capisco come sia possibile sostenere che "l'unica via praticabile per difendere dall'aggressore ingiusto la vita degli esseri umani" sia la pena di morte. voglio dire, se l'abbiamo condannato nei vari gradi di giudizio, in modo da accertarne la colpevolezza, come fa ad essere ancora così impellentemente pericoloso? vi vengono in mente delle eventualità che diano senso a quella frase interpretata in quel modo? una pena di morte dinamica per un condannato in contumacia? certo che se volevano dire questo, hai voglia dell'ambiguità, prendono il Pulitzer degli ambigui
leggendo il titolone noto che anche oggi libero se ne passa...
comunque nel catechismo si allude a una pena di morte che si scrive uguale a quella applicata in certi stati degli USA ma significa un'altra cosa. Ad uso e consumo degli anticlericali ormai irrimediabilmente fuorimoda.
Se sei un positivista puoi pensare questo, ma dall'articolo si comprende il raffinato pensiero di un cattolico che è contrario all'eutanasia ( in linea di principio) ma che fa delle riflessioni interessanti sul caso di welby (l'articolo l'ho preso dal suo blog, grande calibano!)Inoltre La scienza non è mai "cattiva" o "buona", semplicemente non crea valori.
cosa vuol dire "se ne passa"?
comunque il titolo ironizza sulla lentezza dei provvedimenti dei giudici, questo è il significato. poi ci sono due pareri discordi sulla vicenda, come quasi sempre (questa volta di Feltri, pro eutanasia, e Farina, che si deve firmare con uno pseudonimo [Dreyfus ], contro)
Boh mi sembra troppo esasperato. Non è colpa di nessuno se l'argomento è così delicato. Ok l'invito a essere veloci, ma in mancanza di leggi è difficile trovare una soluzione rapida. "Se ne passa" vuol dire che oltrepassa un certo limite.cosa vuol dire "se ne passa"?
comunque il titolo ironizza sulla lentezza dei provvedimenti dei giudici, questo è il significato. poi ci sono due pareri discordi sulla vicenda, come quasi sempre (questa volta di Feltri, pro eutanasia, e Farina, che si deve firmare con uno pseudonimo [Dreyfus ], contro)
in verità non ci vedo niente di ambiguo...se si prende per buona questa versione, non capisco come sia possibile sostenere che "l'unica via praticabile per difendere dall'aggressore ingiusto la vita degli esseri umani" sia la pena di morte. voglio dire, se l'abbiamo condannato nei vari gradi di giudizio, in modo da accertarne la colpevolezza, come fa ad essere ancora così impellentemente pericoloso? vi vengono in mente delle eventualità che diano senso a quella frase interpretata in quel modo? una pena di morte dinamica per un condannato in contumacia? certo che se volevano dire questo, hai voglia dell'ambiguità, prendono il Pulitzer degli ambigui
è solo che non prendete per buona l'interpretazione che sia una dichiarazione CONTRO la pena di morte.
scusa ma ha più senso della flagranza del reato e esecuzione istantanea, imho, ma tant'è...
ah, se si insegnasse l'ermeneutica
hai leccato dei rospi?
riesci a esplicare quest'affermazione in modo che sia comprensibile?
per favore
Ultima modifica di memex; 13-12-06 alle 22:01:34
ma non è stata ieri l'udienza?cosa vuol dire "se ne passa"?
comunque il titolo ironizza sulla lentezza dei provvedimenti dei giudici, questo è il significato. poi ci sono due pareri discordi sulla vicenda, come quasi sempre (questa volta di Feltri, pro eutanasia, e Farina, che si deve firmare con uno pseudonimo [Dreyfus ], contro)
se c'è una volta in cui il giudice deve riservarsi...