Originariamente Scritto da
gangio
[Ok, un pezzo appena un po' più serio che riprende tematiche già discusse, ma che è sembre bene rinfrescare.]
Videogiochi e coscienza. Estrinsecazione di un fenomeno universale.
Come disse Jean Michel Oignag, “Anche il più ateo degli apostati ha la propria wunderkammer interiore.” Ebbene, se così è la natura umana, duale, combattuta tra l’hubris divina e l’adiaforica noluntas animale, cos’è un videogioco se non un’introiezione della realtà, coagulatasi per effetto d’una sospensione temporale ed espettorata attraverso una contrazione involontaria dell’istinto di sopravvivenza? Controllare un personaggio fatto di poligoni non avrebbe quindi nulla di diverso da qualsiasi altro fenomeno osservabile, almeno dal punto di vista ontologico. Tuttavia, se si cercano differenze si troveranno differenze. Infatti, nonostante i peana dei trinariciuti pasdaràn che si fanno beffe di quello che i vari think-tank dell’intellighenzia con la erre moscia esternano, qualche dubbio sull’effettiva equipollenza tra realtà e virtualità sovviene, anziché no piuttosto ben volentieri. Orbene, allo stesso modo in cui si è indotti – intuitivamente - a pensare che un oggetto tridimensionale contenga un numero diverso di punti rispetto ad un oggetto bidimensionale (cosa dimostrata falsa), vivere dentro un videogioco potrebbe essere diverso che viverne al di fuori. Questo è il dilemma di tutti quelli che hanno giocato almeno una volta e che si sono chiesti almeno per un secondo se avessero potuto impiegare in modo migliore il loro tempo. Ma così facendo essi non s’accorgono di cadere nello stesso errore che ha generato la domanda, e cioè la sospensione temporale, il senso di fluttuazione della coscienza generato dall’immedesimazione nel personaggio comandato sullo schermo. Ma più che di sospensione d’incredulità, nel caso del videogioco si tratta di proiezione circolare del proprio sé. Il videogiocatore non s’immedesima semplicemente nel personaggio, bensì lo possiede ed amplifica di conseguenza attraverso di esso la propria volontà di potenza, nell’illusione che la propria realtà possa essere potenziata da questo processo di nutrizione mentale. Il problema è che questo fenomeno potrebbe anche essere verificabile, ma è altrettanto vero che è maggiormente probabile il fenomeno opposto, ovvero un depauperamento della capacità di auto-analisi per effetto dell’atrofizzazione della coscienza come discrimen tra uomo ed animale. Perché è il peggior nemico della coscienza è l’automatismo, e noi tutti sappiamo quanto possa essere alienante un videogioco con le sue regole e con la sua ripetitività.