Sergio Romano, Corriere della sera; 5 febbraio 2004
Perché le democrazie dicono bugie
Non sappiamo ancora quale sarà il mandato della commissione d'indagine
promessa dal presidente americano Bush sul problema delle armi di
distruzione di massa che gli ispettori hanno inutilmente cercato in Iraq. E
non conosciamo, per ora, il preciso mandato di quella che il premier
britannico Blair si è visto costretto ad annunciare qualche ora dopo. Se l'
oggetto dell'indagine sarà il funzionamento dei servizi d'intelligence, Bush
e Blair sosterranno di essere stati ingannati da cattive informazioni e
cercheranno di salvare la loro immagine. Ma non è certo che vi riescano.
Quale che sia il mandato, i mezzi d'informazione non esiteranno a
semplificare brutalmente i termini del problema e a sostenere che la
questione cruciale è in realtà la sincerità dei due governi. Hanno esagerato
il pericolo? Hanno giustificato la guerra con informazioni imprecise o
grossolanamente esagerate? Hanno mentito alla loro pubblica opinione? In
altri tempi queste domande sarebbero state incomprensibili. Fino alla
seconda metà dell'Ottocento nessun sovrano avrebbe dovuto giustificare gli
argomenti con cui aveva deciso di invadere i propri vicini.
Durante la guerra contro le colonie americane, negli anni Settanta del
Settecento, alcuni intellettuali inglesi sostennero le ragioni dei ribelli,
ma a nessuno venne in mente di trascinare i ministri di Giorgio III di
fronte a una commissione d'indagine per giustificare la loro stupida
politica fiscale degli anni precedenti. Durante la guerra di Crimea una
parte della stampa britannica criticò duramente la condotta delle operazioni
militari e l'arroganza di Lord Cardigan nella disastrosa vicenda della
Brigata leggera, ma nessuno contestò le ragioni del conflitto.
La situazione comincia a cambiare nella seconda metà dell'Ottocento.
Anziché regnare esclusivamente «per grazia di Dio» i sovrani regnano ormai
«in nome del popolo» e debbono rendergli conto occasionalmente delle loro
azioni o permettere che i ministri rispondano dei loro atti al Parlamento.
Per fare una guerra, quindi, occorre fornire qualche giustificazione alla
pubblica opinione. E poiché non tutte le ragioni possono essere confessate,
occorre mentire. La prima clamorosa menzogna della storia moderna è
probabilmente il telegramma che Bismarck diffuse alla stampa il 13 luglio
1870. Le cose andarono così. Quando il trono di Spagna divenne vacante, il
«cancelliere di ferro» autorizzò un principe della dinastia prussiana ad
avanzare la propria candidatura. La Francia di Napoleone III si oppose e
chiese che la candidatura venisse ritirata. La Prussia acconsentì, ma il
ministro degli Esteri francese pretese che il governo di Berlino s'
impegnasse a non più presentarla. Vi fu un incontro nella cittadina termale
di Ems tra l'ambasciatore francese e Guglielmo I re di Prussia che quest'
ultimo riassunse in un telegramma indirizzato a Bismarck. Il telegramma era
scritto con molto equilibrio, ma il cancelliere capì che esso avrebbe
giustificato, con qualche correzione, una dichiarazione di guerra. Diffuse
una versione addomesticata da cui risultava che il re aveva trattato
bruscamente l'ambasciatore francese. Napoleone III si indispettì e la guerra
scoppiò.
Comincia da allora la lunga serie delle grandi menzogne e delle colpevoli
negligenze. Per dichiarare guerra alla Spagna nel 1898 gli Stati Uniti si
servirono dell'esplosione di un incrociatore americano nel porto dell'Avana.
Accusarono gli spagnoli di averla provocata e ottennero subito il consenso
della pubblica opinione. Ma non era vero. L'esplosione ebbe luogo perché la
santabarbara del Maine era troppo vicina alla sala delle macchine.
Per la Grande guerra, paradossalmente, le bugie non furono necessarie. Bastò
un colpo di pistola (quello che uccise l'arciduca Francesco Ferdinando a
Sarajevo) per scatenare una reazione a catena che nessuno riuscì a
controllare. Qualche bugia, invece, fu utile, se non indispensabile, quando
l'Italia si servì di un oscuro incidente di frontiera a Ual Ual nel dicembre
1934 per aprire una crisi che si sarebbe conclusa nell'ottobre del 1935 con
una dichiarazione di guerra all'Etiopia.
Molto meno oscuro, invece, fu lo sfacciato incidente messo in scena dalla
Germania nazista nella notte fra il 31 agosto e il 1° settembre 1939. Per
giustificare la guerra contro la Polonia le SS prelevarono 150 prigionieri
da un campo di concentramento, li vestirono con uniformi polacche e li
lanciarono all'assalto della stazione radiofonica tedesca di Gleiwitz, nei
pressi della frontiera. Più tardi, per evitare spiacevoli indiscrezioni,
eliminarono tutte le comparse del dramma.
Le democrazie hanno opinioni pubbliche più esigenti di quelle dei regimi
dittatoriali e le loro menzogne, quindi, devono essere più convincenti.
Quando il presidente egiziano Nasser, nel luglio 1956, nazionalizzò il
canale di Suez, la Gran Bretagna e la Francia decisero che glielo avrebbero
ripreso con la forza. Ma non potevano fare guerra all'Egitto senza una buona
giustificazione. Per averla si accordarono con gli israeliani e montarono un
complotto tripartito. Gli israeliani avrebbero lanciato una operazione
militare nel Sinai. Gli inglesi e i francesi avrebbero chiesto ai due
contendenti di ritirarsi e, dopo il rifiuto di Nasser (che Londra e Parigi
davano per scontato), avrebbero occupato il Canale. Le cose andarono
effettivamente così, fino al momento in cui gli americani si arrabbiarono e
fecero sapere a Londra che avrebbero affossato la sterlina alla Borsa di New
York. Il primo ministro britannico si dimise e le truppe vennero ritirate.
Una mezza verità, se non proprio una bugia, fu quella che permise a Lyndon
Johnson, successore di Kennedy alla Casa Bianca, di ottenere carta bianca
dal Congresso per la guerra contro il Vietnam del Nord. Nel Golfo del
Tonchino, agli inizi di agosto del 1964, un cacciatorpediniere americano, il
Maddox, fu attaccato in acque internazionali da tre cannoniere
nordvietnamite e si salvò grazie all'intervento di aerei americani. Johnson
sostenne che si trattava di una provocazione ingiustificata, ma non disse
che il Maddox era in realtà una nave spia, attrezzata per sorvegliare con le
sue apparecchiatore elettroniche le coste vietnamite.
Avrei potuto dare altri esempi, ma da quelli che ho scelto è possibile
ricavare due rudimentali lezioni, utili forse per comprendere ciò che sta
accadendo in questi giorni. Prima lezione. Le bugie sono tanto più numerose
quanto più i governi dipendono dal consenso della pubblica opinione. I re
dell'Antico Regime non avevano bisogno di mentire; i sovrani costituzionali
dell'Ottocento cominciarono a mentire; i dittatori del Novecento hanno
mentito senza troppo preoccuparsi della verosimiglianza dei loro argomenti;
i governi democratici dei nostri giorni mentono con particolare raffinatezza
e perizia. Seconda lezione. Una guerra vinta cancella tutte le bugie
precedenti. Se Bush e Blair avessero, dopo la fine delle operazioni
militari, pacificato l'Iraq, nessuno a Washington e a Londra sarebbe
costretto a convocare commissioni d'inchiesta.