keiser ha scritto lun, 17 marzo 2003 11:49
Mercoledì scorso l'industria dei videogiochi, nella figura della
IDSA (Interactive Digital Software Association) (
http://www.idsa.com) si è presentata davanti ad una corte d'appello federale con un documento nel quale afferma che chi fa videogiochi ha gli stessi diritti di libertà d'espressione dei "cinematografari" e degli editori sancita dal primo emendamento, e dichiara l'incostituzionalità del divieto governativo della città di Saint Louis alla vendita di videogiochi violenti ai minori (ricordate? ne parlammo un po' di tempo fa).
A questo si aggiunge che secondo la IDSA l'ordinanza di St. Louis va oltre il suo obiettivo di proteggere i minori dai giochi violenti, e che il sistema di auto-valutazione dell'ESRB è più che sufficiente per tutelare i più piccoli. Usando un'espressione tipicamente americana, uno degli avvocati dell'IDSA ha affermato che «è come dar fuoco alla casa per fare il maiale arrosto».
Beh, lasciatemi dire di non essere molto d'accordo con la posizione dell'IDSA. Anzi, faccio proprio fatica a capire il perché di una simile iniziativa. Mi sarei aspettato che l'industria appoggiasse, non osteggiasse questo provvedimento: se il mercato si va giustamente spostando verso tematiche e situazioni più adulte, perché prendersela con norme volte a tutelare (nei limiti di un divieto) chi non può o non riesce a percepire la differenza tra realtà e finzione? I film horror, violenti, pornografici hanno i loro visti di censura; è tanto difficile accettare (o quantomeno auspicare?) una soluzione del genere anche per i videogiochi? Non vedo come una norma a tutela dei minori possa essere confusa con la censura o la privazione della libertà di espressione...