Fintanto che arrivano email in inglese che chiedono ai clienti della City o della Barclays Bank di fornire informazioni confidenziali, è piuttosto facile cliccare sul tasto "delete" e passare ad altro. In questi giorni, tuttavia, si sta assistendo (per quanto mi riguarda) ad un'invasione di email dello stesso tenore in italiano, che recano il logo di banche come Unicredito e Credito Artigiano (la mia, per inciso), e che riportano frasi del tipo «Siamo spiacenti di anonciare (sic) che negli ultimi giorni hackers hanno trasmesso fraudolenti email chiedono le parole d'accesso dei nostri clienti. D'ora in poi una nuova misura di sicurezza sarà attivata. Tutti i clienti sono sospesi. Per riattivare il vostro cliente dovete seguire il collegamento e fornirci nuove informazioni di sicurezza per verifica soltanto»
Il paradosso di questa frase è evidente, così come gli errori ortografici che dovrebbero mettere sull'avviso anche i più sprovveduti.
Il «phishing» è purtroppo pratica sempre più diffusa, e a sparare nel mucchio prima o poi finisce che qualcuno lo prendi: su milioni di email inviate, non è improbabile beccare qualche migliaio di clienti veri di quella banca, e tra loro una decina di "ingenui" (diciamo così) che ci cascano e inseriscono chissà quali dati.
Potremmo definirla la versione moderna del finto impiegato delle Poste che ritira la pensione alla vecchina, o l'omino dell'Enel che vuole entrarti in casa per controllare gli allacciamenti...