ci sono voluti anni e la Consulta, ma sembra che questo paese abbia messo finalmente un piede fuori dal Medioevo
La Corte Costituzionale boccia la legge sulla fecondazione assistita
Il governo: "Dubbi gli effetti sulle pratiche". Franceschini: "Rispettare le sentenze"
Legge 40, stop della Consulta
"No a limite di tre embrioni"
Inammissibili i ricorsi sull'irrevocabilità del consenso da parte della donna all'impianto
il divieto della crioconservazione e di riduzione embrionaria di gravidanze plurime
ROMA - La Corte Costituzionale boccia la legge 40 sulla fecondazione assistita. I giudici della Consulta hanno infatti dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 2, della norma, nel punto in cui prevede che ci sia un "unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre" di embrioni. Viola la Costituzione anche il comma 3 dello stesso articolo, nella parte in cui non prevede che il trasferimento degli embrioni, da realizzare non appena possibile debba essere effettuato senza pregiudizio della salute della donna. La Corte, infine, ha dichiarato inammissibili, per difetto di rilevanza nei giudizi principali, la questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 6, inerente l'irrevocabilità del consenso della donna, e dei commi 1 e 4 dell'articolo 14.
Il governo. "Sono molto dubbi gli effetti della sentenza della Corte Costituzionale sulle pratiche che devono essere adottate nei centri", afferma il sottosegretario al Welfare con delega alla Bioetica, Eugenia Roccella, annunciando l'emanazione di "nuove linee guida". Queste saranno emanate sulla base dei pareri scientifici che saranno elaborati dal Consiglio Superiore di Sanità, l'organo tecnico scientifico di consultazione del ministero, che sarà ascoltato, ha detto Roccella, così come prevede la legge.
"Resta il divieto di congelamento degli embrioni - ha aggiunto Roccella - e di soppressione di questi", una pratica che avviene, ha aggiunto, quando per la diagnosi preimpianto se ne producono in sovrannumero. "Mi sembra - ha quindi detto - che ora ci sia un evidente problema di interpretazione delle norme e di contraddizioni. Per questo bisognerà fare chiarezza sul piano delle pratiche che potranno essere adottate dai centri".
L'opposizione. "Le sentenze della Corte vanno sempre
rispettate", replica il segretario del Pd. Per Dario Franceschini "i temi nuovi, come anche quello sull'idratazione e alimentazione, gradualmente richiederanno regole e che si adeguino gli strumenti legislativi. Per il nostro ordinamento, il pronunciamento della Corte non potrà che essere recepito".
Il ricorso. A fare ricorso alla Corte, con tre distinte ordinanze, sono stati il Tar del Lazio e il Tribunale di Firenze, ai quali si erano rivolti, rispettivamente, la World Association Reproductive Medicine e una coppia non fertile di Milano affetta da esostosi, una grave malattia genetica (con tasso di trasmissibilità superiore al 50%) che genera la crescita smisurata delle cartilagini delle ossa.
Le questioni di legittimità costituzionale. Riguardano, in particolare, l'articolo 14 (commi 1,2,3 e 4) che prevede la formazione di un numero limitato di embrioni, fino a un massimo di tre, da impiantare contestualmente, e vieta la crioconservazione al di fuori di ipotesi limitate. Davanti alla Consulta è stato impugnato anche l'art.6 (comma 3) della legge 40 nella parte in cui obbliga la donna, una volta dato il proprio consenso alle tecniche di fecondazione assistita, all'impianto degli embrioni, escludendo così la revoca del consenso.
"Norme in contrasto con principi costituzionali". Queste norme - secondo i giudici del Tribunale di Firenze e del Tar del Lazio - sono in contrasto con diversi principi tutelati dalla Costituzione. In particolare con l'art.3, sotto il profilo della ragionevolezza per il mancato bilanciamento tra la tutela dell'embrione e la tutela della esigenza di procreazione visti la "mancata valutazione della concreta possibilità di successo della pratica da effettuare" e il "mancato riconoscimento al medico curante di ogni discrezionalità nella valutazione del singolo caso".
"Disparità di trattamento". La legge 40, secondo i ricorsi, realizzerebbe una "irragionevole disparità di trattamento" tra le donne in condizioni fisiche diverse che si sottopongo alla fecondazione assistita. E ancora: il diritto alla salute verrebbe leso in caso di insuccesso del primo impianto, in quanto la donna è costretta a sottoporsi a un successivo trattamento ovarico, ad "alto tasso di pericolosità per la salute fisica e psichica". Infine, anche la prevista irrevocabilità del consenso sarebbe in contrasto con l'art. 32 della Costituzione che "vieta i trattamenti sanitari obbligatori se non imposti per legge nel rispetto della dignità umana".
Le parti in causa. Dinanzi alla Corte si erano costituiti, oltre alla Warm, numerose associazioni favorevoli a una pronuncia di illegittimità (Hera onlus, associazione Luca Coscioni, Cecos Italia, Sos infertilità, Amica Cicogna, Madre provetta e, tra le altre, Cittadinanzattiva), mentre a chiedere che la legge non venisse toccata, e che dunque la Corte si pronunciasse per l'infondatezza o l'inammissibilità, erano stati il Comitato per la tutela della salute della donna, la Federazione nazionale dei centri e dei movimenti per la vita. Ma anche il governo, attraverso l'avvocatura generale dello Stato, ha chiesto ai giudici costituzionali che la legge 40 rimanesse tale e quale perché "il legislatore ha effettuato una ragionevole comparazione tra l'interesse della donna al buon esito della procedura di procreazione medicalmente assistita e la tutela dell'embrione". Relatore delle cause era il giudice costituzionale Alfio Finocchiaro.
Le reazioni. "Una bella notizia, non c'è che dire e la magistratura non è la prima volta che ci salva". E' il commento sulla decisione di illegittimità della Corte Costituzionale del ginecologo Carlo Flamigni, uno dei pionieri della fecondazione artificiale in Italia, che aggiunge, parafrasando Alessandro Manzoni per il quale "la c'è la provvidenza" e "noi diciamo la c'è la giustizia".
"Se, come pare, la decisione della Corte ha come obiettivo quello di eliminare il divieto di creare più di tre embrioni e dell'obbligo di impianto degli embrioni creati, si produrrà come inevitabile conseguenza la possibilità di selezionare gli embrioni migliori e scartare gli altri", avverte il professor Alberto Gambino, ordinario di diritto privato e direttore del Centro di ricerca in scienze umane dell'Università europea di Roma.
"I sostenitori del Far West della provetta hanno poco da cantare vittoria - dice il sottosegretario all'Interno, Alfredo Mantovano - rispetto alle previsioni della vigilia, che lasciavano immaginare la demolizione della legge 40, la Consulta ha bocciato le ipotetiche censure sul divieto di crioconservazione e sul divieto di riduzione embrionale, accogliendo soltanto quella relativa al limite dei tre embrioni per l'impianto".
"Il limite dei tre embrioni era preordinato a proteggere il diritto alla vita. Se si producono più di tre embrioni, degli altri cosa si fa? Se li si elimina si lede il diritto alla vita, se si impiantano tutti diventa pericoloso per la donna", afferma Carlo Casini, presidente del Movimento per la Vita, al quale Radio Vaticana ha chiesto di commentare la sentenza della Consulta. "L'impianto fondamentale della legge - ricorda l'ex magistrato ai miocrofoni dell'emittente della Santa Sede - è dire non devi uccidere nessun essere umano anche se generato in provetta. Almeno non in modo deliberato e diretto. Il testo ricercava un equilibrio tra la salute della donna e la vita dell'embrione. Così si scardina l'intero impianto della legge".