Divertente, anche se probabilmente suscettibile di completamento, l'articolo pubblicato un paio di giorni fa su GamesRadar UK nel quale si parla dei sette trucchetti utilizzati dagli sviluppatori per rendere un videogame altamente "addictive", ossia che dà assuefazione. I meccanismi per cui ci si ritrova davanti al monitor, alle tre del mattino, con gli occhi stanchi sapendo che la sveglia suonerà tra poco più di quattro ore, eppure non ci si riesce a staccare, pensando "questa è l'ultima, giuro, poi smetto".
In ordine di importanza decrescente, Matt Cundy segnala:
1) La potenza della storia - specialmente se ben concepita e non banale, il desiderio di scoprire quel che succede più avanti nel gioco, i colpi di scena. Un "trucco" che non è certo appannaggio dei videogiochi, che esiste da che l'uomo è in grado di raccontare una storia, ma comunque sempre valido.
2) La lista di obiettivi da completare - un primario desiderio di ogni buon videogiocatore che si rispetti, e che asseconda la natura ossessivo-compulsiva che si nasconde dentro ciascuno di noi, quella che ci fa ritenere soddisfatti quando abbiamo messo ordine tra le cose da fare. Che si tratti di allineare tetramini o portare a termine obiettivi di una missione, il piacere che ne traiamo è indubbio.
3) La curiosità dell'esplorazione - uno dei punti più "deboli" della lista, almeno per quanto mi riguarda: scoprire nuove terre, sbloccare dungeon o porzioni di mappa non è mai stato il motivo che mi ha spinto ad andare avanti in un gioco. Nell'articolo si infila dentro questa definizione il generico sbloccare "cose" per scoprire tutto ciò che un titolo ha da offrire, e in questo senso posso essere maggiormente d'accordo.
4) Il sollievo della fuga - questo dovrebbe essere messo al primo punto, non ce n'è. Il videogame, come qualsiasi altra forma di intrattenimento, sia esso un film, un libro o un fumetto, serve innanzitutto per uscire dalla propria realtà, spesso meno piacevole (per mille motivi, non ultimo quello di non poter caricare un salvataggio precedente quando si sbaglia qualcosa) di quella che ci aspetta dentro un monitor o una pagina ben scritta.
5) Il gusto della sfida - migliorare se stessi, battere un pezzo di codice, riuscire a infrangere un record, impegnarsi per un risultato, la soddisfazione che si prova. Questo fa il paio con...
6) Gli high-score - primo stimolo ludico ai tempi delle sale giochi e dei coin-op mangia monetine, caduti nel dimenticatoio qualche anno fa, sono tornati in auge con il revival del retrogaming e le nuove forme in cui si presentano oggi, che si tratti di classifiche online o di gamerscore. Poi si dovrebbe parlare del senso del "metagaming" degli achievement e dei trofei e dell'impatto che hanno avuto sul modo di approcciarsi a un videogioco, ma è un tema che abbiamo già affrontato e sul quale magari torneremo in futuro.
7) La ricerca del potere - definita dall'articolista "la madre della dipendenza videoludica", il piacere irresistibile di salire di livello, di diventare più potente. Ancora, non mi ci ritrovo più di tanto con questo punto né lo metterei al primo posto; sarà per questo che non ho mai avuto interesse a giocare a World of Warcraft, e se sto ancora tentando di "millare" Forza 3 non è certo per aumentare di livello.
Manca qualcosa? Cambiereste alcuni punti?