Riaccende un tema mai risolto l'intervista pubblicata su mtv.com alla coppia di universitari, lui appassionato di videogame e lei no, con le conseguenze che tutto questo comporta: non essere considerata mentre lui è nel bel mezzo di un deathmatch, appuntamenti saltati per colpa di una partita da rifare o un incontro online, soldi spesi per un nuovo gioco invece che per un regalo o una cenetta romantica, e via di questo passo.
Un po' per scherzo, un po' meno, alla Kansas State University le ragazze hanno aperto un club chiamato Girlfriends Against Video Games, più che altro una piccola valvola di sfogo per fanciulle che condividono il medesimo problema.
Difficile credere che la cosa possa impedire ad una relazione di interrompersi per colpa di un "terzo incomodo" (il videogioco, ma potrebbe essere qualunque altra cosa), al quale una delle due parti non intende rinunciare.
Ci si consola nel "mal comune mezzo gaudio", o perlomeno ci si sfoga con gente che ti sta ad ascoltare e non è completamente assorbita da un deathmatch furibondo.
Che poi io mi domando: prima dei videogiochi, cosa facevano le donne che tornando a casa trovavano i compagni/mariti/amanti intenti a montare modellini, a colorare miniature, a giocare a subbuteo o a preparare esche per la pesca domenicale? Come veniva gestito il problema dell'hobby invadente prima di oggi?
Quanti di voi hanno questo problema (per fortuna non io, anzi a volte è il contrario, devo staccare a forza la consorte dal monitor)?
Come l'avete risolto?