IL PENSIERO DEL MAGISTRATO UCCISO A CAPACI
Ma per Falcone era un falso problema
Affrontare la questione delle carriere separate «accantonando lo spauracchio della dipendenza dei pm»
MARCO GALLUZZO
ROMA – La dipendenza del pubblico ministero dall’esecutivo? Un falso problema, «uno spauracchio». Una politica giudiziaria nazionale? Qualcosa da auspicare, come avviene negli Stati Uniti. La separazione delle carriere? Ovvero la «faticosa consapevolezza che la regolamentazione della carriera dei magistrati del pubblico ministero non può essere più identica a quella dei magistrati giudicanti». Come ogni anno si celebra l’anniversario della morte del magistrato siciliano, ma se ne dimentica in parte il pensiero giuridico. Un pensiero che scalfiva tabù, attuale come non mai, che resta a dimostrare come Giovanni Falcone non fosse soltanto un eccellente investigatore, ma anche un cultore del diritto, amante dell’analisi comparata con altri sistemi, in primo luogo quello americano, che aveva conosciuto direttamente per aver a lungo lavorato al fianco degli inquirenti degli Stati Uniti. Quelli che seguono sono soltanto alcuni estratti di un corpo di riflessioni poco conosciuto, certamente scomodo, spesso rimosso prima ancora che dimenticato. E' disponibile quasi interamente in un volume ormai introvabile, Giovanni Falcone, Interventi e proposte, 1982-1992, edito da Sansoni insieme alla Fondazione Falcone. Eccone alcuni passi, sui temi di maggiore attualità.
CARRIERE - Ovvero «la faticosa consapevolezza che la regolamentazione della carriera dei magistrati del pubblico ministero non può più essere identica a quella dei magistrati giudicanti, diverse essendo le funzioni e, quindi, le attitudini, l’habitus mentale, le capacità professionali richieste: investigatore il pm, arbitro della controversia il giudice». Tema da affrontare senza paure, «accantonando la spauracchio della dipendenza del pm dall' esecutivo e della discrezionalità dell' azione penale, puntualmente sbandierati quando si parla di differenziazione delle carriere».
CONTROLLO DELLA MAGISTRATURA - Argomento delicato, che ancora oggi divide maggioranza e opposizione, ma che Falcone affrontava spesso, domandandosi «com' è possibile che in un regime liberal democratico non vi sia ancora una politica giudiziaria e tutto sia riservato alle decisioni, assolutamente irresponsabili, dei vari uffici di Procura e spesso dei singoli sostituti», e aggiungendo che «in mancanza di controlli istituzionali sull' attività del pm saranno sempre più gravi i pericoli che influenze informali e poteri occulti possano influenzare tale attività».
FETICCIO – Qui emerge la visione «anglosassone» del magistrato ucciso dalla mafia. Diceva Falcone: «Una giustizia efficace e democratica» significa anche «razionalizzare e coordinare l' attività del pm, finora reso praticamente irresponsabile da una visione feticistica dell' obbligatorietà dell' azione penale, e dalla mancanza di efficaci controlli sulla sua attività». Negli Stati Uniti «se la giustizia è più rapida, efficiente e attenta ai diritti della difesa» dipende anche dallo «strumento fondamentale della non obbligatorietà dell’azione penale». E ancora:«Fino a quando in Italia vi saranno rigide normative sulla obbligatorietà il problema della repressione giudiziaria del crimine organizzato non avrà fatto un passo avanti».
CORRENTI – Falcone aveva un rapporto tormentato con molti dei suoi colleghi. Questo era quello che diceva nei convegni ai quali partecipava. «Se l' autonomia della magistratura è in crisi dipende anche dalla crisi che investe da tempo l’Anm, organismo diretto alla tutela di interessi corporativi», le cui «correnti si sono trasformate in macchine elettorali per il Csm», e dalla «pretesa inconfessata di considerare il magistrato una sorta di superuomo infallibile ed incensurabile». Con altrettanta chiarezza: «Il magistrato viene ammesso in carriera sulla base di un bagaglio culturale meramente nozionistico... bisogna umilmente riconoscere che oggi nel nostro Paese in uno dei più difficili mestieri, quello del giudice, la formazione professionale è regolamentata in modo da non assicurare in modo efficiente il servizio giustizia».
23 maggio 2010