Mancino: «SONO pronto a lasciare». La solidarietà di veltroni
"Why Not", guerra tra procure
Napolitano chiede gli atti a Salerno
Il presidente del Csm: «Vicenda senza precedenti, con gravi implicazioni». Il vice: «Mai chiamato Saladino»
ROMA - Una vera e propria guerra di procure a colpi di avvisi di garanzia. Dopo il sequestro della documentazione delle indagini "Why Not" e "Poseidone" eseguito martedì scorso dai magistrati di Salerno nella procura Catanzaro, la procura generale del capoluogo calabrese contrattacca, blocca gli atti e iscrive sette magistrati campani sul registro degli indagati. Un velenoso scontro giudiziario che nasce dalla vicenda del presunto "complotto" ai danni dell'ex pm Luigi De Magistris: l'atto di accusa nei confronti dei magistrati calabresi, che avrebbero ostacolato e annientato le ultime inchieste di De Magistris (poi trasferito a Napoli dal Csm) nelle quali erano indagati tra gli altri l'ex-Guardasigilli Mastella e l'ex premier Prodi, è contenuto in un decreto di 1700 pagine emesso dalla procura salernitana. Ma la procura di Catanzaro, «offesa» dall'azione di Salerno, decide di rispondere con una contro-inchiesta.
NAPOLITANO - Una vicenda dirompente sulla quale interviene anche il Colle. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che è anche presidente del Csm, ha chiesto gli atti alla Procura di Salerno parlando di una «vicenda senza precedenti, con gravi implicazioni istituzionali». Nella lettera del Colle si parla di inquietanti interrogativi» e viene inoltre paventato il rischio di «paralisi della funzione processuale» (
leggi il testo completo).
LA GUERRA DEGLI ATTI - La Procura di Catanzaro ha intanto bloccato gli atti relativi alle inchieste di De Magistris già sequestrati da Salerno. Il provvedimento (un vero e proprio contro-sequestro) è stato notificato ai carabinieri campani che erano negli uffici della Procura generale di Catanzaro. Inoltre sette magistrati della Procura salernitana, fra cui il procuratore capo Apicella, sono indagati dalla Procura di Catanzaro. Le ipotesi di reato sono abuso d'ufficio ed interruzione di pubblico servizio (poiché le inchieste sono tuttora in corso e la sottrazione degli atti comporterebbe un inevitabile blocco dell'attività di indagine).
Nicola Mancino (Ansa) MANCINO: «PRONTO A LASCIARE» - In giornata c'è stata anche la riunione plenaria del Csm con l'intervento del vicepresidente Nicola Mancino, che si è difeso dalle indiscrezioni diffuse via stampa. «Il giorno in cui una campagna di stampa dovesse incidere sulla mia autonomia non ho difficoltà a togliere l'incomodo» ha detto riferendosi alle notizie pubblicate dal
Giornale secondo cui sarebbe coinvolto nell'inchiesta della Procura di Salerno sul "complotto" contro de Magistris, il cui trasferimento è stato deciso proprio dal Csm. «Non vorrei avere su di me neppure l'ombra di un sospetto - ha detto Mancino -, il giorno che dovesse accadere non avrei esitazione a lasciare». «Non ho mai telefonato a Saladino - ha chiarito Mancino parlando dell'ex presidente della Compagnia delle Opere e principale indagato nell'inchiesta «Why Not» -, la chiamata partita da uno dei miei numeri di telefono è stata fatta da un'altra persona, da un rappresentante di Comunione e liberazione, Angelo Arminio, che nel 2001 era nella schiera dei miei collaboratori».
Luigi de Magistris (Lapresse) LE INDISCREZIONI - Nell'articolo pubblicato dal
Giornale si fa riferimento al decreto di perquisizione nei confronti dei magistrati di Catanzaro emesso dalla Procura di Salerno, in cui - alla pagina 442 - si dà conto di una telefonata giunta a Saladino da un numero fisso intestato a Mancino. Inoltre il
Giornale cita un interrogatorio del dicembre 2007 in cui de Magistris parla del vicepresidente del Csm. In una deposizione del novembre 2007 davanti ai giudici salernitani e riportata dall'
Ansa, de Magistris afferma anche che «Why Not» gli è stata tolta quando «stavo praticamente per chiudere il procedimento» e «soprattutto stavo facendo degli atti anche molto importanti (...) che riguardavano esponenti di spicco della politica calabrese (Minniti, Tommasi, Adamo e D'Andria)». Si tratta di Marco Minniti, massimo esponente del Pd calabrese ed ex viceministro dell'Interno; Nicola Adamo ex vicepresidente della giunta regionale e attuale capogruppo del Pd alla Regione, Diego Tommasi (Verdi) ex assessore regionale all'ambiente, e Renato D'Andria (Psdi).
SOLIDARIETÀ - Il plenum del Csm ha espresso completa solidarietà a Mancino. «Eravamo ampiamente consapevoli che l'operazione in atto mira a colpire tutti noi - ha detto il togato di Magistratura Democratica, Livio Pepino -. Bisogna avere grande rigore e trasparenza con una risposta dura che ci porta a non farci intimidire». Gianfranco Anedda (laico di An) ha criticato de Magistris: «Mi pare che anche in queste ore anteponga l'orgoglio personale all'interesse della magistratura che da tutto ciò esce delegittimata». Mancino, da parte sua, ha voluto ringraziare tutti i componenti del Consiglio per le loro parole sottolineando che «non ci dobbiamo chiudere a riccio, ho sempre rispettato l'esercizio della giurisdizione, ci possono anche essere eccessi, ma ci sono tre gradi di giudizio, il sistema permette che la verità possa emergere».
DI PIETRO E ROTONDI - Solidarietà a Mancino anche da Di Pietro, Veltroni e Rotondi. «Non si getti fango su di lui: finché i magistrati non dicono che c'è un'inchiesta, si eviti di fare di tutta l'erba un fascio - ha detto il leader dell'Idv Antonio Di Pietro». L'ex pm esprime però «riserve circa il modo e il tono usato» dal Colle nei confronti dei magistrati di Salerno. «Con tale decisione - spiega Di Pietro - si rischia la criminalizzazione preventiva e preconcetta dell'attività di indagine che sta svolgendo la procura di Salerno nei confronti dei colleghi magistrati calabresi e di atti di indagine coperti da segreto istruttori». Il segretario del Pd, Veltroni, esprime «piena solidarietà e stima al vicepresidente del Csm Nicola Mancino, che ha svolto e svolge il suo alto e difficile incarico con equilibrio e senso delle istituzioni, in questo momento in cui è oggetto di una fuga di notizie incontrollata e priva di qualsiasi riscontro». Per questo, aggiunge Veltroni, «appare importante e positiva l'iniziativa assunta dal presidente Napolitano». Per il ministro per l'Attuazione del programma, Gianfranco Rotondi, «chi conosce Nicola Mancino sa che nessuna ombra può esserci sulla sua autonomia e, soprattutto, sulla sua onestà personale».
PECORELLA - Secondo Gaetano Pecorella (deputato Pdl) «sta accadendo quello che non poteva che accadere, e cioè che una volta entrata la politica nella magistratura questa finisce per intaccare e tagliare le radici della stessa magistratura - ha detto a
Radio Radicale -. Con questo sistema per cui le informazioni di garanzia, le notizie sui giornali, le telefonate più o meno interessanti vengono pubblicate, si finisce per lasciare in mano a questo o quel magistrato delle forme di epurazione. In questo modo si colpisce l'intero Csm perché Mancino lo rappresenta». Pecorella parla di «una guerra tra bande dentro la magistratura che hanno in mano persino la organizzazione interna».