Secondo quanto pubblicato nei giorni scorsi dalla Reuters (qui e qui), in questi mesi i governi di Giappone, Cina e Corea del Sud stanno lavorando ad un piano comune per lo sviluppo di un sistema operativo open-source (magari basato su Linux) alternativo a Windows. Le motivazioni dietro un simile progetto sono sostanzialmente due: a fronte di un forte investimento iniziale per lo sviluppo (il Giappone sarebbe disposto a metterci di suo un centinaio di milioni di dollari), un sistema gratuito nel medio-lungo periodo farebbe risparmiare un bel po' di denaro alle pubbliche amministrazioni e alle società che eventualmente decidessero di adottarlo (anche per i costi indiretti legati alle vulnerabilità di Windows). In secondo luogo, e qui forse sta il vero nocciolo della questione, il nuovo SO ridurrebbe lo strapotere di Windows, e con esso il controllo che Microsoft esercita sull'industria asiatica (la prima nel settore delle nuove tecnologie).
La risposta della casa di Redmond, per voce del responsabile per il settore governativo in Asia Tom Robertson, non si è fatta attendere: «ci piacerebbe che sia il mercato a stabilire chi siano i vincitori nell'industria del software. I governi non dovrebbero essere nella posizione di deciderlo».
Beh, sapete che vi dico? La considero una risposta decisamente antipatica e arrogante. Non sono uno di quelli che ama sparare a zero su Microsoft per partito preso, ma in questo caso avrei preferito una dichiarazione più consona (ed aggressiva) ad una grande impresa qual è quella di Gates, non un arroccarsi su posizioni infantili e poco costruttive, che mettono in discussione le libere scelte di un governo. Ho il sospetto che la cosa non finirà qui, ne parleremo ancora nei prossimi mesi...