Ph@ntom ha scritto lun, 13 settembre 2004 alle 12:41
Ok, un semplice resoconto delle vacanze.
LE RUOTE DELLA BICI
Poi.
un saluto, un cenno per tuffarsi
come trote di carbonchio
nel fiume.
Una scenografia di uomini impastati, vibranti. Sfuggevoli.
Noi: si permaneva nonostante tutto, arroccati sulla balaustra
accompagnati dagli schiamazzi.
La nave, la crociera notturna, la nave. Siamo partiti un’estate,
così, a casaccio.
***
Si fece avanti questo Mr Cassius, che riteneva, assicurava di conoscerti. Lì per lì non gli ho creduto poi ho pensato che in fondo, in un’altra vita, ti sarebbe potuto piacere. Parlò a lungo di una strana scarpa che ti rubò in Ruanda, ma in Ruanda? Non sei mai stata in Ruanda, ricordo male io? Ai tempi della guerra, pare.
E tu, dov’eri finita, dov’eri finita.
***
Guarda che paesino va diradandosi alla finestra.
In mezzo alle montagne
v’è un piccolo campo,
vi si gioca a pallone.
Nel piccolo campo si affaccia
un palo della luce e tanti altri.
Portano la luce nelle casupole
del paesino,
quando appaiono le nottilucenti
e i bimbi frignano e le puerpere
frignano
e i soffioni se ne stanno quieti.
Croce mistica, croce magica
croce o non-croce
tanto, poco importa.
(Croce mistica)
***
Nell’istante in cui ci si ferma.
Nel salotto liberty eri
affumicato ed austero come si conviene,
ad un marito solidissimo, di marmo.
Tu, di fianco, facevi pure una bella figura,
col capo reclinato impercettibile
sulla spalluccia.
Probabilmente solo io
potevo ravvisarti in questa posa.
Eppure v’era qualcosa che non coglievo
in quel tuo seppioso languore.
***
M’è capitato di trovare in tv
una manciata di poeti.
(Uno lo conoscevo di fama.)
E ho recentemente recuperato
delle vecchie foto,
ne ho cercate altre
di altri poeti.
***
Guenda (che nome!) venne fuori proprio quella sera. Si presentò a noialtri così di sorpresa che potei mugugnare unicamente un qualcosa di incomprensibile, nulla di salvifico. Quando fanno a questo modo è finita. Un mio lontano parente. Così affermava in dialetto veneto e pronuncia australiana.
Ti ho mollata lì, mi son divincolato, sono uscito sul ponte e ho preso una boccata d’aria. E infine son tornato a darti man forte. Non è da tutti essere così onesti.
***
Ci colse in mezzo alla vita
un falò tra le rotaie e il suono
malandato di una chitarra acustica.
Voi indiano e voi lady, che fate segnali di fumo,
davvero avete creduto che qualcuno
dietro agli alberi avrebbe risposto?
Dalla collina non giunge alcunché
da anni. Neppure una rondine,
sperduta o mistica che sia.
E poi non v’hanno mai detto
che il fumo fa male ai polmoni?
***
REVINE
Le case di sassi non ci andrebbero
con le villette a schiera,
ha uno strano umorismo
questo Dio delle case.
Dissetiamoci alla fontanella
e non preoccupiamoci se non è acqua
potabile. Io stesso non sono mai stato
digeribile eppure mi muovo sulle labbra
di tutti, pure sulle tue.
***
Ma chi ha fermato
questo canto illibato.
Non ci è bastata una sosta
per ripartire, questa volta.
***
Milano-Venezia S.L., per un giorno a Venezia poi a Mestre, da lì a Conegliano, il taxi fino a Revine, non Revine Lago, Revine Revine, a dormire, quindi in macchina a Conegliano, Mestre, Venezia un altro giorno e poi la sera i treni erano finiti. Taxi fino a Revine, poi in corriera fino alla stazione e siamo tornati all’origine dell’Universo, tutti quanti con il verso che non era più uni ma cambiato di direzione.
***
I fari ci prendevano di sorpresa,
impreparati noi e spauriti
scriccioli della notte e
Una cosa sola mi rassicurava.
Che ogni luce se ne stesse
con la sua compare.
Quanti anni erano che continuavamo a suonare,
e da quanti non ne tenevamo conto.
***
Non ho lasciato nulla per le tombe degli italiani.
Solo le margherite delle loro giovinezze
che tu stessa mi regalasti.
Le ho piantate nel cuore di mio fratello.
***
COLLAGE (11-03-04)
Ho lavato le zampe al mio
setter
col detersivo per i piatti
alla menta.
L’avevo comprato in una stazione di servizio
per il compleanno dei tuoi zii,
morti, loro, nell’autostrada
“Du soleil” che ora porta il nome
di Querce Gemelle.
Da allora il cane non usa più
l’ endecasillabo sciolto
nelle poesie estive,
l’occhio acquatico in frammenti
era proprio il suo. Non te n’eri accorta.
Scoprii di avere
le labbra screpolate,
quando incominciai a masticare i ciclamini
che tenevi sul balcone.
(Già, sapevano anche loro di detersivo
alla menta.)
Poi un giorno, ho rivisto le foto di Madrid,
su consiglio del poeta tuo amico.
Non ricordavo che non ci fossi più.
***
IL SOGNO DEI BAMBINI
Eravate tutti intorno alla tv che distribuiva il suo mutismo,
qualcuno l’accompagnava con una chitarra che
era andata da un pezzo. Io partivo, intanto,
verso un non-so-bene-dove.
Han tinto il cielo con tocchi all’arancia,
ma il Paradiso che si sogna
in autostrada, quello, in che taschino se lo saranno
dimenticati…
Dicevi che guizzavamo nei fiumi come delle trote al carbonchio.
(Eppure io, da quant’è che sono fermo?)
Eccolo qui il tuo poeta distratto; chissà se poi
son tornato veramente.
***
RITORNO
Sono rincasato verso sera
nella casetta di campagna, nella selva che ci piaceva
tanto.
M’attendevi sull’uscio, colla lanterna crepitante.
Due nuvolosi mini-angeli, cupidi, da mangiarsene
ti tenevano a bada. Sopraccigli di vite,
si intrecciavano come l’edera sui mattoni
e finivano con venate foglie di fico
ma non era stagione, e non ci siamo saziati
coi frutti.
L’uno complice non dichiarato delle lunghissime tue gambe,
l’altro ti stava in grembo, saliva qualche momento
per raccontare un motto di spirito, una barzelletta
ogni tanto, all’orecchio.
Sì, terminavi col ridere, e sarà stata anche la situazione…
entrammo assieme ai due scherzi della metafisica
nella casupola,
dove ci coricammo
badando poco alle sottigliezze del surreale
e prendemmo sonno.
Terminò in qualche modo
il chiacchiericcio che ci accompagnava,
che ci seguiva da quanto?
una vita? Qualcosa in più.
Qualcosa in meno, dipende.
(e se avrai bisogno
reggerò a tutti e due la chitarra
per tornare vigili, una volta in più)
Una volta ancora
su queste indecifrabili strade. E tu.
Ricorda che in ogni caso
siamo noi due.