"Ultras pendolari a scuola di scontri" inchiesta de La Stampa
ANDREA DOI TORINO
«Ormai sono un hooligan a tutti gli effetti». Chi pronuncia questa frase non è un ragazzo con il fisico modello armadio a due ante super tatuato. Non si chiama né Paul né Simon e soprattutto non è inglese. Il «sono un hooligan» esce dalla bocca di un italico quarantenne, non molto alto e di origini meridionali. Non c'è un british pub a fare da scenografia, ma una gelateria di via Po a Torino. Lui è Francesco, vecchio ultras del Torino e pioniere del tifo low cost. È l’esemplare di un nuovo modo d’intendere il tifo da stadio, una moda che sta investendo le curve di tutta la penisola: andare oltre Manica e «studiare» da hooligan alla ricerca dello scontro fisico.
«Anni fa alcuni di noi si erano trasferiti a Londra per motivi di lavoro - racconta "Fra" - Qui la voglia di andare allo stadio era troppo forte e così hanno cominciato a seguire le squadre locali». Tornati in patria hanno raccontato del modo di fare a botte tra tifoserie, come dicono gli addetti ai lavori, old style, vecchio stile: niente coltelli, razzi o bombe carta. Ed è stato un successo.
«Certo i controlli allo stadio ci sono anche lì. Ma fuori, davanti ai pub, succede di tutto», specifica Francesco. Lo scontro a gruppetti, dieci contro dieci, senza la polizia di mezzo, ha subito affascinato i più esagitati. Così, piano piano, gli ultras delle nostre curve, ormai controllatissime dalle forze dell'ordine, hanno cominciato a emigrare, anche solo per tre sabati all'anno, a Londra.
Gli hooligans che affascinano gli italiani non sono quelli del Chelsea o del Manchester United, ma di due squadre minori: il Millwall e il West Ham. La prima milita in seconda categoria, mentre gli Hammers viaggiano sempre nelle zone basse della Premier League. I loro seguaci sono tra i più violenti d'Europa. E ora i ragazzi italiani che seguono le due squadre non sono più solo quei dieci del Toro. Ci sono ormai anche veronesi, laziali e romanisti.
«All'inizio sei visto con sospetto, ma appena conquisti la loro fiducia c'è un posto assicurato nel settore», aggiunge Francesco. E per guadagnarsi il rispetto degli hooligans c'è solo un modo: stare in prima fila durante uno scontro. Molti degli ultras-pendolari hanno lavori modesti, con stipendi che raramente superano i mille euro. Alcuni hanno una famiglia, ma appena c'è una partita considerata a rischio in Inghilterra, grazie ai prezzi bassi offerti dai voli low cost, partono per Londra, ospiti dei colleghi inglesi. Una delle partite da bollino rosso è proprio Millwall-West Ham. Anche se di categorie diverse le due squadre s'incontrano nei match offerti dalle varie Coppe presenti in Gran Bretagna. Così è capitato che poco tempo fa veronesi, granata, laziali e romanisti si sono ritrovati in mezzo ai tafferugli a Londra. Non solo. Alcune tifoserie italiane in patria si odiano, ma all'estero «combattono» spalla a spalla. C'è anche chi in Italia tifa per gli stessi colori e invece si ritrova a essere rivale per un giorno in Inghilterra. Una vera è propria Babele della violenza ultras.
Sempre dall’Inghilterra gli hooligans nostrani hanno importato un modo diverso di vestirsi in curva. Via le giacche militari o i bomber, spariscono gli anfibi e le sciarpe. Al loro posto è arrivata la moda casual: abiti firmati, dalla Lacoste alla Stone Island e ai cappellini della Burberry, diventati grazie al film Green Street - Hooligans un simbolo dei teppisti inglesi. Questi costosi capi di vestiario vengono acquistati a basso prezzo grazie all'onnipresente e-Bay.
Anche il modo di scontrarsi con l'avversario è cambiato. Non più mega risse a ridosso dello stadio, ma appuntamenti fissati via telefonino, come è avvenuto poco tempo fa, durante Roma-Bruges, quando gli ultras capitolini hanno avvicinato i tifosi belgi consegnando a uno dei loro capi un numero pulito di cellulare. Della serie: «Noi abbiamo gli uomini per scontrarci. Se volete, fateci uno squillo».
Il fenomeno funziona anche al contrario. Ormai è consuetudine ospitare anche nelle curve italiane tifosi stranieri, come spiega Simone Toso, creatore del marchio d'abbigliamento «Mentalità Ultras Streetwear», che da oltre 15 anni gira gli stadi di tutto il mondo: «È un metodo per aprire nuovi orizzonti, vedere sul campo per esempio le gesta dei famosi Icf (gruppo hooligan, ndr) del West Ham o quello dei gruppi minori che sono molto più facinorosi e meno controllati. C'è un vero è proprio amore per quella cultura, ricambiata dagli altri. Così polacchi, croati, greci e inglesi, vengono da noi. La scorsa settimana per Sampdoria-Haiduk Spalato, prima di andare a Genova i croati sono passati allo stadio di Torino per la partita di Coppa Italia con il Rimini». La moda è appena iniziata, ma ha già preso piede. E sono sempre di più gli ultras italiani che ogni anno attraversano la Manica per andare a ritirare la loro laurea ad honorem in «hooliganismo».
IL DECALOGO
1 I contatti
Crearsi i contatti giusti a Londra, frequentando i Pub dei più facinorosi.
2 La fiducia
Conquistare la loro fiducia stando in prima fila durante gli scontri.
3 L’abbigliamento
Vestirsi casual: abiti Lacoste, Umbro, Stone Island e Burberry.
4 Disponibilità
Ricambiare l'ospitalità durante la partite calde in Italia.
5 Mimetizzarsi
Non indossare sciarpe della propria squadra per passare inosservati.
6 Fuori dalla massa
Non girare in trasferta con la massa, ma creare piccoli gruppi.
7 L’organizzazione
Fissare gli scontri giorni prima del match, tramite internet e cellulari.
8 Pochi amici
Non avere un vero e proprio gruppo di appartenenza, ma solo poche persone fidate.
9 Lontano dalla polizia
Evitare lo scontro con la polizia.
10 Piccole squadre
Frequentare le curve delle squadre straniere minori, più violente e meno controllate.
FONTE LA STAMPA