Un paio di giorni addietro mi sono imbattuto in questo articolo, nel quale si torna a parlare del "paperless office", ossia dell'ufficio che funziona senza far uso di carta, e di che fine abbia fatto una simile idea. Ricordo distintamente che durante il servizio civile venne a parlare, nel comune presso il quale svolgevo servizio, un tizio che annunciava, con grande clamore, la sparizione della carta entro i prossimi cinque anni, grazie all'avvento della rete, ed entusiasmava gli astanti parlando dei soldi che avrebbero risparmiato le amministrazioni comunali e gli uffici pubblici, che da sempre ne fanno un uso smodato - e spesso inutile -.
Ricordo anche che risi sguaiatamente, al termine di questo "importante proclama", attirando su di me gli sguardi irati del sindaco e di mezza giunta, guadagnandomi pure una sonora lavata di capo da parte del mio responsabile, subito dopo l'incontro. Ripeto oggi quello che dissi a lei allora: chi afferma una cosa del genere o è un inguaribile ingenuo o spera di lucrare sull'ingenuità di chi si beve una simile panzana. Sarò forse un po' ingenuo anche io, ma dubito che in qualche anno la carta sparirà dalla faccia della Terra, a maggior ragione in luoghi nei quali è così radicata la cultura della "triplice copia". Internet, la posta elettronica, i palmari e gli SMS hanno sicuramente ridotto l'uso che facciamo delle stampanti, ma non per queste esse sono meno necessarie di prima, anzi: sarà feticismo, sarà necessità inconscia di toccare con mano le cose, ma ciò a cui teniamo veramente (dalle email personali più belle ai contratti di lavoro più importanti) le stampiamo sempre. O sbaglio?
E non sono entrato nel merito dei libri, delle riviste e dei quotidiani, che meritano senz'altro un discorso a parte, e che mi riservo di affrontare nei prossimi giorni.