Mi sembra di avere sia il tempo sia l'occasione per uno dei miei soliti topic ammeriganeggianti, quindi ne approfitto (finalmente) per aprire qualcosa sulle imminenti elezioni USA di midterm 2010.
Come al solito, cercherò di tenere il primo post il più strutturato possibile, e sarà ovviamente una semplificazione su tutti i fronti, per ovvie ragioni di spazio e di tempo. Farò uno sforzo di essere vagamente obiettivo, ma l'invito migliore è sempre quello: informatevi (non solo da internet) e fatevi una opinione vostra.
Introduzione - Ah, ma votano?
Sì . A novembre 2010, fra meno di un mese, ci sono in USA le consuete elezioni di metà mandato. Ovviamente non coinvolgono il presidente, che ha un mandato di quattro anni, ma la camera bassa, circa un terzo dei seggi del senato, e svariati governatori e amministrazioni dei singoli stati.
Negli USA funziona infatti così (semplificando molto): ogni due anni viene rinnovata buona parte del corpo rappresentativo del paese.
- I senatori hanno un mandato di 6 anni, ma vengono eletti a scaglioni seprati ogni 2 anni.
- Le amministrazioni dei singoli stati hanno il solito mandato quadriennale.
- I membri del congresso invece hanno un mandato secco di 2 anni.
Quadro Globale -
Gli USA sono in crisi. Ancora, e pure tanto. Economica e politica.
In poche parole: La disoccupazione è molto più alta del previsto, al record negativo degli ultimi 27 anni, e non accenna a scendere, il deficit è stato gonfiato in modo ancor più marcato di quanto non avesse fatto Bush da bailout in sequenza, poi da uno stimulus la cui utilità è quantomeno dubbia, e da una riforma sanitaria decisamente onerosa. Una marea di tagli alle tasse promulgati dall'amministrazione precedente non sono stati rinnovati (nel tentativo responsabile di recuperare qualche entrata, anche se meno delle centinaia di milioni di dollari spesi in earmarks, durante i vari stadi del TARP), ed una fiducia dei consumatori molto bassa, che va ad aggiungersi alla continua volatilità del mercato.
Aggiugiamo a tutto questo che La FED è sempre in ostaggio a una coppia di incompetenti (a voler esser gentili e non pensare male) emuli di Totò nella banda degli onesti.
Poi abbiamo i soliti problemi di politica estera (v. sotto), e degli inediti problemi di politica interna, come un rinnovato conflitto giurisdizionale su poteri degli stati, del governo federale e costituzione (ad esempio, per quel che riguarda la legge sull'immigrazione dell'Arizona).
E' pertanto comprensibile che, in tutta questa situazione, la credibilità e la fiducia nelle istituzioni siano a minimi pressochè record: l'approval rating nei confronti del congresso è più spesso ad una cifra che a due. Fra chi pensa che stiano facendo troppo e male, chi pensa che non stiano facendo abbastanza e chi pensa che stiano facendo solo i fatti loro, c'è un forte senso di protesta anti establishment e anti governativa.
"Are you better off now, or 4 years ago...?"
Se l'asino piange....
Se gli USA sono in crisi, i democratici lo sono enormemente di più, ed in particolare l'amministrazione di Mr.Obama. Rispetto ai fuochi d'artificio, all'imbarazzante idolatria vicina al culto della personalità ed alle grandi aspettative della partenza, adesso sembrano rimaste solo rovine, cenere e disaffezione.
La sua squadra di lavoro ha perso pezzi in continuazione lungo la strada, fra "licenziamenti" mascherati come rinunce e promozioni (l'ultimo dei quali riguarda il suo portavoce, Rahm Emanuel, mandato a fare il primo sindaco dell'Obamiana Chicago che in quasi 60anni non sia un Dewey), e defezioni che sanno più di "ratti che abbandonano la nave" (fra cui Larry Summers, di fatto del dream team economico di Obama è rimasto in piedi solo il peggiore, Tim Geithner).
In politica estera, le relazioni con Israele sono ai minimi storici, e freddine sono pure quelle con molti alleati vecchi (GB) e nuovi (blocco est europeo). La situazione in afghanistan rimane bloccata, ed i generali lamentano sia disinteresse che incompetenza di un amministrazione interessata solo ad annunciare scadenze.
In cambio di questo nuovo corso, l'Iran continua allegramente a trollare l'amministrazione e l'influenza USA nel sudamerica continua a calare, la Cina continua a fare il suo interesse in termini di valuta e i rapporti con la Russia sono alla solita altalena.
La riforma economica in itinere di wall street è considerata inefficace (specie nella sua forma di "autorità di lolcontrollo"), la riforma sanitaria (passata con il mitico "You have to pass the bill to know what is in it" ) resta ampiamente impopolare (talmente imbarazzante che NESSUN candidato democratico pubblicizza il suo eventuale voto a favore, ma sono anzi in molti a pubblicizzare e vantare l'esatto contrario), bailout e sopratutto stimulus non parliamone (impopolari e inefficaci), il cap and trade un vero suicidio politico. Non aiuta nemmeno sapere che la stessa HHS ha fallito nel raggiungere già sette delle deadlines previste per la riforma sanitaria (1/3 di quelle up to date).
L'amministrazione Obama è quindi riuscita in questo notevole triplice "successo":
- Ha deluso i suoi sostenitori più liberal-radicali, facendo (comprensibilmente) meno di quanto messianicamente si attedevano da lui, vuoi con riforme molto meno ambiziose e invasive di quanto veniva caldeggiato e sopratutto confermando quelle politiche tanto invise a certi ambienti, sia in tema di Afghanistan, sia in tema di lotta al terrorismo, o anche solo, per citare banalità, gli ultimi provvedimenti di controllo e sorveglianza della rete.
- Ha alienato i suoi simpatizzanti fra gli indipendenti, quelli con il cui voto ha vinto le elezioni del 2008. Seriamente, pensava davvero di poter mandare in porto tutto quanto citato sopra, e di rimanere in testa al voto degli indipendenti?
L'abbandono della bipartisan politics, le nomine non proprio neutrali di giudici della corte suprema (Sotomayor e Kagan), il passaggio controverso dell'Obamacare e la generale percezione di "big government advocate" gli stanno risultando fatali, e stanno gettando a manciate percentuali gli indipendenti fra GOP e Tea Partiers.
- Ha galvanizzato la variegata galassia dei suoi oppositori. Non c'è molto da dire... come delle iene, sentono l'odore del sangue di un leone ferito. D'altronde, l'amministrazione democratica ha offerto infinite frecce all'arco dei critici:
francamente, hanno solo l'imbarazzo della scelta.
Tutto questo, unito al quadro generale di crisi, non può che generare insoddisfazione e sfiducia, che colpisce in modo
particolare il partito che è al governo (inoltre, è tradizione degli americani votare per ribilanciare i rapporti di forza a
sfavore delle maggioranze, come se avessero un innato meccanismo mentale che li spinge a massimizzare il sistema di checks and balance).
Non male, considerando che gli "analisti politici" () liberal avevano predetto un dominio incontrastato nella nuova era della politica, quando adesso invece i numeri della "party affiliation" democratica sono al minimo storico negli
ultimi 20 anni.
I democratici hanno anche un enorme problema di immagine: appaiono come il partito dell'elite snob-intellettuale dell'Ivy
league, dei ricconi liberal e degli avvocati (e probabilmente lo sono, considerando che il 58% dei registered voters americani con un reddito sopra i 250.000 $ è con loro), in aggiunta alla classica immagine del partito "tax and spend" che questi ultimi anni non hanno assolutamente cambiato.
Senza parlare poi dell'appoggio delle Labor Union, fra i veri e principali grandi elettori di Obama, che stanno forse facendo
più danno che altro al partito, fra le accuse che ricevono su vari fronti (vere e presunte), la sciagurata proposta di legge
per rendere obbligatorio a tutti i lavoratori iscriversi ad un sindacato, e la marcia che doveva fare da contraltare al raduno "Restoring Honor" di Beck e che si è rivelata un floppone (stalinist in ideals, siberian in numbers è stato un commento tranchant al riguardo )
Appare abbastanza lapalissiano che i democratici quindi stiano per perdere. Il punto è... quanto perderanno? Tanto o
limiteranno i danni? Siamo all'ennesima riprova che Obama non è altro che un Carter redivivo, o i dem sapranno cambiare leadership, guardare al futuro, e restare in partita come ai tempi del buon vecchio Zio Bill?
... L'elefante non ride
Il GOP al momento è in una posizione per sfruttare al massimo la crisi dei democratici. Probabilmente non lo farà appieno.
Perchè, con tanta, tanta onestà, è ridotto in un cotale stato di disorganizzazione che messo peggio c'è forse solo il PD italiano Però, c'è una consolazione, come guerre interne e partito dell'ammore superano sia PD che PDL messo insieme.
Steele (l'RNC chairman) è un incompetente, inetto e ignorante, non sa comunicare e non ha mai un idea stabile di che strategie seguire. La Palin è una maverick fuori dal partito, (v. Tea Parties sotto), McCain è l'esponente di punta di quella corrente pseudo-moderata pro establishment dei "repubblicani di Washington" che appare bloccata in una situazione di mexican standoff per il controllo del partito con la destra religiosa, con gli esponenti del social and fiscal conservatorism, e con i residui dei cosiddetti "neocon". Senza contare i furbi come Bobby Jindal o i pazzoidi come Ron Paul.
Alla fine il partito in sè si aggrappa ai suoi governatori ed ai suoi senatori storici, e sopratutto ai suoi think-tank e
fondazioni. In particolare, è sempre Karl Rowe che di fatto sta tirando le fila della campagna repubblicana, con due semplici basi: "Stay on the Message", dove il messaggio è "less spending, responsible budget, deficit reduction, re-introduction of tax-cuts", e "Pick candidates who actually have a chance to get elected". Quest'ultimo ragionamento, per quanto più che sensato, lo sta mettendo proprio in attrito con i vari Tea Party. Là dove l'idea di KR è quella sensata conventional wisdom per cui in stati blu o difficili le sfide elettorali si vincono con candidati moderati, quella dei Tea Party è sostanzialmente quella di spingere avanti chiunque sia più radicale, dicendo che "tanto con candidati moderati si perde lo stesso (sostanzialmente accurata anche questa affermazione), tanto vale provare con chi ci offre quello che vogliamo sentire".
Finora hanno avuto ragione entrambi, il TP nelle elezioni speciali in Virginia e in Massachucoso (non mi ricordo mai come si scrive), e KR la avrà quasi sicuramente con la O'Donnell a queste elezioni.
In generale, fra il GOP ed i TP ci sono sempre più forti contrasti, principalmente perchè la base elettorale del GOP è sempre più diffidente nei confronti del GOP stesso e sta iniziando a premere pesantemente per avere un rinnovamento totale anche del proprio partito, sopratutto per quel che riguarda l'appoggio alle politiche che hanno segnato il secondo mandato di Bush in termini di spesa pubblica incontrollata (e già all'epoca, quelli che ora sono le fondazioni nucleo della protesta dei TP avevano criticato pesante i repubblicani).
Il punto è che sostanzialmente la gente non sta votando il GOP perchè sia contento della loro piattaforma, ma perchè "They might suck slightly less than the dems". Un altro punto è che molti dei delusi da Bush, risultano ancora più delusi da Obama, e sopratutto la maggior parte degli elettori vede in un voto per i Dem una conferma delle policy di Obama, mentre allo stesso modo pensa (non necessariamente a ragione, eh) che un voto al GOP porterebbe a policy sostanzialmente diverse da quelle di Bush (purtroppo la fonte è finita nell'archivio premium di RReports quindi non ho più accesso ai numeri precisi, ma credo che fossero 56 e 38.)
Non esattamente la base per un successo, tantomeno duraturo, per quanto, se si andasse a vedere una mappa degli stati uniti, la si colorasse in accordo ai sondaggi sulle ultime intenzioni di voto (per il senato e per la camera), si vedrebbe che il GOP sta riducendo il partito democratico sul mero controllo del proprio nucleo elettorale, vale a dire le due coste, con pochissimi avamposti come Nevada e Illinois ancora in bilico.
E c'è anche da dire che nella maggioranza dei "key topics" (come Sicurezza, Economia, etc..), la fiducia dell'elettorato è sempre molto più alta nel GOP che nei DEMs, e che allo stesso tempo, per questo giro di elezioni, appare chiaro che la maggioranza degli elettori registrati come indipendenti non voterà per i democratici.
(CONTINUA...)