Citazione:
Caro dottor Mingardi,
come promesso e con il desiderio di raccogliere l’invito alla riflessione e al dibattito implicito nell’iniziativa dell’Istituto Bruno Leoni contraria alla legge sul prezzo del libro appena approvata dal Parlamento e della quale io sono stato il promotore e il primo firmatario, le trasmetto le mie riflessioni e, se così vuole intenderla, la mia difesa dello spirito e del contenuto della legge.
Il tutto senza intervenire sul punto, da voi sollevato nella petizione al Presidente della Repubblica, della asserita incostituzionaltà della legge, elemento che lascio, naturalmente, alla valutazione esclusiva del Capo dello Stato.
E vengo ai punto da voi sollevati, cioè la tutela della libertà e degli interessi dei lettori/consumatori e degli operatori del mercato del libro.
Il punto di partenza dal quale esaminare i probabili effetti della legge (quelli effettivi li misureremo con l’indagine a dodici mesi di distanza dalla sua entrata in vigore che la legge stessa dispone) non può che essere la nuova disciplina degli sconti. Ebbene, questi, lungi dall’essere vietati, continueranno ad essere possibili e in misura tutt’altro che irrilevante.
I librai, infatti (dalle piccole alle grandi e grandissime librerie, dai reparti libri dei super e degli ipermercati sino alle librerie on-line nazionali e multinazionali) avranno tutta la libertà di premiare i loro clienti più affezionati o di cercare di attirarne di nuovi vendendo i libri con sconti fino al 15 per cento sui prezzi di copertina, con sconti, cioè, persino superiori a quel 10 per cento che costituisce oggi la riduzione abituale sul prezzo offerta dalle librerie ai loro clienti migliori.
Gli editori, dal canto loro, potranno continuare a sostenere le vendite delle loro pubblicazioni offrendoli in campagne promozionali con sconti fino al 25 per cento (una cifra, dunque, che, se non ragiunge le punte estreme raggiunte su alcuni siti on-line, non si discosta dal valore delle promozioni oggi abitualmente a disposizione dei lettori), a condizione che le medesime promozioni siano proposte alle medesime condizioni a tutti i canali di vendita, cioè senza privilegiare, come oggi può avvenire, le librerie di loro proprietà oppure la sola grande distribuzione.
Fatta questa lunga ma doverosa premessa dalla quale risulta che i lettori potranno comunque continuare a godere della possibilità di accedere a degli sconti non molto dissimili da quelli oggi praticati, e sempre guardando alla legge dal punto di vista del lettore/consumatore, voglio attirare la sua attenzione su un elemento centrale della nuova disciplina.
Fissando un tetto agli sconti, la legge pone fine alla permanente guerra sui prezzi il cui risultato, ancorché di non facile misurazione, non può che essere quello di una spinta al rialzo degli stessi prezzi, dato che, com’è evidente, al calare dei loro ricavi netti per effetto degli sconti sempre più alti, gli editori sono indotti a reagire con un aumento dei prezzi di partenza, cioè di copertina.
Agli stessi editori, peraltro, non verrà affatto preclusa, se lo riterranno opportuno, la piena libertà di farsi una vera ed aperta concorrenza sui prezzi, operando non attraverso lo strumento indiretto e per tanti versi ambiguo degli sconti, ma agendo direttamente e trasparentemnete sui prezzi di copertina, cioè riducendoli a proprio piacimento e senza alcun limite.
Insomma, non siamo di fronte all’abolizione per legge della libertà economica, se così vogliamo chiamarla, né per ciò che concerne i lettori/consumatori nelle loro scelte d’acquisto, né per ciò che riguarda gli operatori del settore (editori, librai o distributori) nelle loro scelte aziendali.
C’è, questo sì, voluta e ben meditata, una disciplina che punta ad assicurare che quello del libro resti un mercato libero e aperto alla concorrenza, evitando che, nelle concrete pratiche commerciali, gli operatori finanziariamente più forti possano impropriamente utilizzare l’arma dello sconto per espellere dal mercato gli operatori più deboli, portando così ad un impoverimento del tessuto produttivo e della ricchezza e diversità dell’offerta editoriale e culturale.
Quando si parla di libri, cioè di informazione e di cultura, ai parametri abitualmente utilizzati per giudicare l’apertura e il grado di concorrenza di uno specifico mercato, bisogna aggiungere la valutazione della pluralità e diversità dell’offerta, presidio e garanzia di quel pluralismo dell’informazione riconosciuto come valore e bene comune meritevole di tutela dalla nostra Costituzione, dalle regole fondamentali dell’Unione Europea e da qualunque manuale e autorità della Concorrenza.
A questo proposito, e con questo concludo, voglio citare le parole pronunciate il 3 novembre 2010 dal presidente dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, Antonio Catricalà, nel corso di un’audizione di fronte alla Commissione Cultura del Senato.
“In linea generale, l’Autorità non ritiene coerente con il buon funzionamento dei mercati leggi che limitino la libertà di prezzo delle imprese sul mercato. A maggior ragione appaiono contrastanti con la logica della concorrenza normative che limitino la possibilità di fare sconti.
Al tempo stesso l’Autorità non ignora che il libro non è una merce come le altre. È essenzialmente un veicolo di diffusione della cultura e, per tale ragione, la sua funzione non può essere apprezzata sulla base di meri fattori quantitativi oggettivamente misurabili. La soddisfazione generale dei consumatori, che è il fine ultimo della disciplina della concorrenza in queso settore, non può identificarsi nei termini eccessivamente semplificatori della maggiore produzione.
La pluralità e la diversificazione dell’offerta assumono un ruolo determinante, che deve essere tenuto nella debita considerazione nel momento in cui si disciplinano questi mercati, allo scopo di evitare l’eccessiva concentrazione e l’inaridimento delle fonti. Il pluralismo delle idee, in altri termini, potrebbe rischiare di essere impoverito se il sostegno materiale delle diverse fonti, che a volte è costituito da imprese di piccole dimensioni, dovesse venire meno a causa dell’impossibilità di competere con i soggetti forti della distribuzione commerciale...
Queste considerazioni trovano una conferma empirica se si guarda allo scenario europeo... Nei contesti dove si registra una disciplina degli sconti si osserva che si è potuto mantenere un sistema di distribuzione e di editoria diversificato e plurale, caratterizzato dalla presenza di operatori di differenti dimensioni, anche piccoli.
La disciplina del settore, se vuole rispondere agli obiettivi esplicitamente dichiarati (art. 1 del ddl) di fornire un sostegno per la creatività letteraria, di tutelare il pluralismo, di promuovere il libro e la cultura in genere dovrebbe, quindi, essere improntata ad un atteggiamento di prudente equilibrio: il mercato va disciplinato, ma non dovrebbe essere soppresso del tutto...
Alla luce di queste considerazioni, si può, dunque, ritenere che il ddl in esame mira nel complesso ad instaurare un regime equilibrato”.
Con questo, caro dottor Mingardi, la ringrazio dell’attenzione e le invio i miei migliori saluti.
Ricardo Franco Levi
tl;dr :