Il frutto proibito - 03-03-09
di Claudio Todeschini
Pare non esserci requie per chi si occupa di classificazioni di videogiochi... Da qualche tempo a questa parte i genitori e alcune associazioni si vanno lamentando che i simboli del PEGI non sono abbastanza chiari: pare non sia ovvio che il numero scritto in grande sulla scatola rappresenti l'età consigliata; parimenti, le varie "icone" sul contenuto di un gioco (pugno, siringa, ecc.) non sarebbero abbastanza esplicative. A questo si aggiunge l'ultima ricerca fatta dall'università di Amsterdam, che ci svela i segreti della psiche umana e del perché i ragazzini tendono a considerare allettanti i giochi per adulti. Assurdo!
I ricercatori hanno condotto un test su trecentodieci ragazzi dai sette ai diciassette anni, che dovevano leggere la descrizione di un gioco, e indicare quanto o quanto poco desiderassero giocarci. In ogni gruppo, più il contenuto era, diciamo, discutibile, maggiore era l'interesse e la voglia di metterci le mani sopra. Le conclusioni? Fantastiche. "Sebbene il sistema PEGI sia stato sviluppato per proteggere i giovani dai contenuti discutibili, questo sistema in realtà trasforma tali giochi in frutti proibiti. I pediatri dovrebbero essere consapevoli di questo effetto, perché i videogame con contenuto discutibile possono avere effetti dannosi su bambini e adolescenti".
Visto che roba? I ricercatori hanno scoperto la natura umana, che ci spinge a desiderare ciò che non possiamo avere. Come i film vietati ai minori visti di straforo a tredici anni, o i dischi con scritto sopra "explicit lyrics", un vero e proprio invito all'ascolto. Qualcosa che è teoricamente fuori dalla nostra portata ci tenta maggiormente.
Sorvolo completamente sull'ultima frase della ricerca, che tra il lusco e il brusco, senza alcuna base scientifica, ammette il legame tra videogiochi violenti ed effetti nocivi sulla sanità mentale dei giovani virgulti...
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