Ferrara al debutto per convincere la Juve
Ciro Ferrara durante un allenamento bianconero
+ Iaquinta, da operaio a punta insostituibile: "Non sarà ceduto"
L'ex difensore: «Ho deciso, farò il tecnico: è la mia chance»
MASSIMILIANO NEROZZI
TORINO
S’è dovuto limitare al mestiere di analista, Ciro Ferrara («Ho lavorato soprattutto sull’autostima e sulle motivazioni»), ma da oggi pomeriggio, a Siena, la professione sarà quella d’allenatore: «Decisamente, credo sarà questo il mio futuro. Non pensavo di percorrere questa strada, ho cominciato come responsabile del settore giovanile ma ora so che voglio fare questo». C’è chi attacca con la Virgor Lamezia (Ranieri), chi con il Pontedera (Lippi), a lui è toccata subito la Juve: può essere il treno della vita, per questo c’è salito al volo. «Già lunedì avevo detto di non averci pensato un attimo. Ho preso l’occasione al volo e ne sono ancora convinto». Altro che traghettatore, l’obiettivo è prendere il timone a tempo indeterminato: «Se bastano due partite? E perché no? A volte può succedere. A due giornate dalla fine, non pensavo di potermi sedere su una delle panchine più importanti al mondo. E io questa chance cerco di giocarmela al meglio, altrimenti non avrei accettato».
Vuol chiarire subito una cosa: allenerà in proprio, senza referenti occulti. «Non sono influenzato da nessuno». Traduzione neppure troppo libera: non sono la longa manus di Lippi, anche «se l’esperienza in Nazionale mi ha aiutato molto». Confessa solo che è un credente «della difesa a quattro», per il resto l’aiuterà la sua storia: «Diciamo che ci sono allenatori che hanno segnato la mia carriera calcistica e insegnato come si gestisce un gruppo». Intanto si tiene il benvenuto della proprietà, cui dovrà far seguire i fatti: «È chiaro che le parole di Elkann mi hanno fatto molto piacere - aggiunge Ferrara - ma è altrettanto vero che la risposta la potrò dare solo con i risultati. So che gli attestati di stima passano attraverso le vittorie, sul campo come nella vita».
Sa pure che due vittorie possono far lievitare le sue possibilità di conferma, tanto che anche la Nazionale, dov’è il braccio destro di Lippi, può attendere: «Rinunciare all’azzurro per la Juve? Ve lo saprò dire a fine giugno». Senza certezze, gli va benissimo anche un’opportunità: «Mi hanno detto che in questo momento non possono darmi certezze: ma dove non ci sono quelle, c’è la speranza». Per alimentarla deve vincere, altro sentiero non c’è: lo stesso, poi, che traccia il destino di ogni allenatore.
Dovrà percorrerlo con la squadra che, al contrario, ha piantato in mezzo alla strada Ranieri e che, ora, cercherà di rigenerare: «Avevo detto che era difficile poter stravolgere le cose, allora è chiaro che l’intervento è stato soprattutto sull’autostima. Sul cercare di far capire ai giocatori che basta poco per cambiare questo momento negativo. Da parte loro c’è stata una reazione che ho apprezzato». Tutta colpa della testa: «In questi due mesi si sono bloccati da un punto di vista mentale e questo può ricadere anche sul piano fisico. Ma penso parta tutto dalla testa. Io ho trovato questa situazione e ho cercato di lavorare su questo».
Anche se la patologia che ha quasi stroncato la Juve, alla fine, non la conosce: «È difficile trovare ciò che con precisione ha fatto scaturire questa situazione - risponde il nuovo tecnico bianconero - ma, ripeto, abbiamo lavorato sulla testa, senza tralasciare l’aspetto tattico». Cementando la difesa, per necessità e indole: «Abbiamo cercato di trovare alcuni equilibri, lavorando su alcune difficoltà, soprattutto dietro. Però è chiaro che non sempre hai la medicina a portata di mano». Non beccare più gol, ultimamente una media di due a partita, già sarebbe un prezioso antibiotico.
L’impressione è che Ferrara conti di trovare le contromisure, perché a guardarlo e ascoltarlo, sembra più felice che preoccupato. Eppure, sempre debutto è. «Sono emozioni intense e forti - spiega - diverse rispetto a quello che ho vissuto negli ultimi anni, però molto stimolanti». Con la squadra ha subito piantato il recinto: «Credo di essere stato molto coerente e di aver parlato in maniera chiara. Come dissi anche alla presentazione, bisogna distinguere tra l’amicizia con alcuni giocatori e la mia professione. Il rapporto non dico che debba cambiare, ma dev’esserci il giusto rispetto». Che ha avuto: «Sono molto contento perché dall’altra parte ho trovato dei veri professionisti che si sono messi a disposizione: negli allenamenti non abbiamo scherzato tanto, ci siamo messi subito al lavoro».
Sulla prima formazione della carriera non è divorato dai ballottaggi ma la dirà comunque solo stamattina ai giocatori: «Ci penserò tutta la notte, però non credo ci saranno grandi cambiamenti». L’unica svolta potrebbe essere davanti, tra Amauri e Trezeguet, l’esiliato di Ranieri. Con il quale, si sibila da un anno, Ferrara non era molto in sintonia: «Ranieri è stato un mio allenatore e mi dispiace se qualcuno ha tirato fuori queste cattiverie: per un allenatore, l’esonero è sempre un momento difficile, però se hanno messo in giro questa voce si sono completamente sbagliati». Sarà interessante la versione di Ranieri, che per ora s’è imposto il silenzio.